Il Colloquio su Le origini dello gnosticismo, tenutosi a Messina dal 13 al 18 aprile del 1966 (i
cui atti furono pubblicati nel volume a cura di U.Bianchi, Le origini dello gnosticismo, E.J.Brill, Leiden,
1967), affrontando la confusione terminologica che allora regnava in merito alla gnosi ed allo gnosticismo propose un
utilizzo più preciso dei termini in questione che riproponiamo in questa breve nota.
Gli studiosi[1] proposero che il termine
gnosticismo fosse da utilizzare in senso più specifico all’interno dell’insieme più
indifferenziato e multiforme della gnosi.
Così recita espressamente il punto A di tale Documento finale[2]:
Per evitare un uso indifferenziato dei termini gnosi e gnosticismo, sembra utile identificare, con
la cooperazione dei metodi storico e tipologico, un fatto determinato, lo “gnosticismo”, partendo
metodologicamente da un certo gruppo di sistemi del II secolo d.C., che vengono comunemente così denominati.
Si propone invece di concepire la “gnosi” come “conoscenza dei misteri divini riservata a una
élite”.
Tale precisazione terminologica si rendeva necessaria a motivo dell’evidente singolarità del fenomeno
dello gnosticismo nel II secolo d.C., tale da differenziarlo da ogni forma di gnosi precedente. Il Documento
finale così si esprime al punto B[3]:
Come ipotesi di lavoro si propongono le formulazioni seguenti:
Il consenso generale del Colloquio è riassunto in queste proposizioni accolte allora sia da
coloro che vedevano nello gnosticismo un fenomeno tipicamente post-cristiano, sia da coloro che difendevano
l’esistenza di singoli elementi pre-gnostici non organizzati in un sistema precedentemente al II secolo
d.C., sia da coloro che teorizzavano anche una forma di proto-gnosticismo di origine indo-iranica o greca che
avrebbe contenuto in forma embrionale ciò che sarebbe stato, a loro dire, sviluppato poi nello gnosticismo del
II secolo.
La chiarificazione terminologica del Colloquio del 1966 si rivela di estrema utilità, a nostro avviso, per la
sua precisione storico-scientifica, anche nelle discussioni odierne.
Per uno studio scientifico sullo gnosticismo ed il suo rapporto con il cristianesimo segnaliamo una bibliografia
ragionata delle fonti e degli studi più significativi curata dal prof.G.Lettieri, dal titolo Lo
gnosticismo: la sua essenza e le sue origini, apparsa in Lateranum, 64 (1998), fascicolo2-3,
pp.629-648.
Su questo stesso sito www.gliscritti.it
è possibile leggere la trascrizione della conferenza del prof.Lettieri
dal titolo: Deus patiens: l’essenza
cristologica dello gnosticismo. Lo gnosticismo, le sue origini cristiane e la
sua importanza nello sviluppo teologico del cristianesimo e gli appunti
tratti da una sua lezione universitaria dal titolo Ancora
sullo gnosticismo come fenomeno post-cristiano negli studi di Gaetano Lettieri.
[1] Il comitato ad hoc per questa necessaria chiarificazione terminologica fu proposto dal prof. C.J.Bleeker e formato dai proff.ri G.Widengren, H.Jonas, J.Daniélou, C.Colpe e U.Bianchi, in collaborazione con i proff.ri M.Simon e H.I.Marrou. La maggior parte dei membri del Colloquio si trovò d’accordo sul testo che fu premesso agli Atti pubblicati nel volume citato.
[2] U.Bianchi (a cura di), Le origini dello gnosticismo, E.J.Brill, Leiden, 1967, p.XX.
[3] U.Bianchi (a cura di), Le origini dello gnosticismo, E.J.Brill, Leiden, 1967, pp.XX-XXI.
[4] (Nota dello stesso Documento
finale) Sembra che si possano distinguere, in ordine crescente di “degradazione” del divino,
queste concezioni fondamentali:
il neoplatonismo, in cui la materia è solo l’ultima (e dunque infima) emanazione della
Divinità-Luce, senza rottura ontologica del cosmo (ottimismo cosmico graduato, ma anche antisomatismo
moderato).
lo gnosticismo, in cui il male è presente già potenzialmente e poi in atto alla periferia del mondo
divino (plērōma), la cui ultima emanazione è spesso un personaggio che causa una rottura
dell’armonia del plērōma e una caduta, da cui derivano questo mondo e, eventualmente, il suo
demiurgo. V’è anche una teoria (p. es. presso alcuni degli Zurvaniya di Shahristāni) secondo la
quale il male sarebbe implicito sin dall’inizio nel cuore stesso della Divinità, che, a quanto pare,
deve esplicitarlo ed espellerlo.