Mettiamo a disposizione on-line sul nostro sito l’intervento tenuto da padre Pietro Sorci durante il Convegno Il Catecumenato nella Chiesa in Italia. “Gesù si mise a camminare con loro” (Lc 24,15) i cui atti, che comprendono questa relazione, sono stati pubblicati dal Notiziario dell’Ufficio Catechistico Nazionale. Quaderni della Segreteria Generale CEI, Anno X, n. 10, maggio 2006, pp.125-134. Il convegno si è tenuto nei giorni 6-7 febbraio 2006. Padre Pietro Sorci è membro del Gruppo nazionale del Catecumenato della CEI e docente di Liturgia sacramentaria presso la Facoltà Teologica di Sicilia “S.Giovanni Evangelista” di Palermo. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line del testo.
Il Centro culturale Gli scritti (25/6/2007)
Il vangelo di Marco è stato definito il vangelo del catecumeno, perché sembra
scritto appositamente per chi vuole mettersi alla sequela di Cristo, entrando nella comunità dei
discepoli.
Esso si apre con la predicazione del Battista, il messaggero inviato a preparare la via al Signore, che predica un
battesimo di conversione per il perdono dei peccati e annunzia il battesimo in Spirito Santo. Gesù,
facendosi solidale con i peccatori, come servo del Signore che realizza la misteriosa figura del secondo Isaia, al
fiume Giordano si sottopone al battesimo di Giovanni. Subito dopo comincia a predicare: "Il regno di Dio è
vicino, convertitevi e credete al vangelo" (Mc 1,14s). Una magnifica esemplificazione di che cosa significa
convertirsi e credere al vangelo la troviamo nei versetti successivi: Gesù vede Simone ed Andrea intenti a
gettare le reti per la pesca e dice loro: "Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini". Essi lasciate le
reti, lo seguirono (Mc 1,16-18).
Convertirsi è abbandonare il modo di pensare, di sentire e di agire della precedente vita e seguire
Gesù, o come dice il rito della penitenza, riprendendo la Costituzione apostolica Paenitemini di Paolo
VI, quel cambiamento intimo e radicale per cui l'uomo comincia a giudicare e a ordinare la propria vita alla luce
della misericordia di Dio, quale ci è stata rivelata nella vita, nelle parole, nella morte e risurrezione di
Gesù. Un cammino dunque graduale e progressivo con cui l'uomo risponde al cammino fatto da Dio per venire
incontro a lui in Cristo.
Il vangelo di Marco si chiude poi con l'invio dei discepoli: "Andate in tutto il mondo, annunziate il vangelo ad ogni
creatura: chi crederà e sarà battezzato sarà salvo" (Mc 16,15s).
Anche gli altri sinottici, seppure in maniera meno esplicita, se prescindiamo dai vangeli dell'infanzia, aggiunti in
un secondo tempo, iniziano con la predicazione della conversione da parte di Giovanni Battista inviato a preparare la
strada al Cristo che viene a battezzare in Spirito Santo e a liberare il popolo di Dio dai suoi peccati, e, per un
processo di inclusione, terminano rispettivamente con l'invio ad annunziare la conversione e la remissione dei
peccati in nome di Cristo crocifisso e risorto (Lc 24,47), e a fare discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome
del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo e insegnando loro tutto ciò che Gesù ha insegnato (Mt
28,18-20): la conversione e la sua celebrazione sacramentale sono elemento costitutivo della fede
cristiana.
Gli Atti degli apostoli nel capitolo secondo, subito dopo l'evento della Pentecoste che segna l'inizio della
missione della Chiesa, raccontano dei primi battesimi. Pietro a coloro che pieni di stupore per quanto vedono,
fanno dell'ironia sugli apostoli che annunziano le grandi opere di Dio nelle lingue dei popoli convenuti a
Gerusalemme per la festa, spiega che si compie invece il vaticinio di Gioele 3, 1-5: Dio ha donato a uomini e donne,
schiavi e liberi, giovani e anziani, il suo Spirito profetico, perché quel Gesù che i sommi sacerdoti e
l'autorità romana hanno crocifisso, il Padre lo ha risuscitato e innalzato alla sua destra, ed egli, come
aveva promesso, dall'alto dei cieli effonde lo Spirito Santo. Gli ascoltatori si sentono trafiggere il cuore e
chiedono: Che cosa dobbiamo fare, fratelli?
Pietro risponde: "Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo per la
remissione dei vostri peccati: dopo riceverete anche voi lo Spirito Santo". E con molte altre parole li esortava
a salvarsi da una generazione che percorre vie sbagliate (At 2, 13-40).
Il battesimo, come dice la stessa parola e il gesto battesimale allora praticato, consiste nella
immersione-emersione nell'acqua nel nome di Cristo. San Paolo in Rm 6,3-11; Col 2,12; 3,1-4 spiega questo gesto
come simbolo del morire con Cristo al peccato per risorgere con lui a vita nuova. Gv 3,5, lo interpreta come un
rinascere a vita nuova per virtù dello Spirito Santo. E la lettera a Tito lo chiama bagno di rigenerazione (in
greco palingenesis) e di rinnovamento nello Spirito Santo, che rende giusti ed eredi della vita eterna (Tt
3,5).
Ma già san Paolo nella prima lettera ai Tessalonicesi, che, come è noto, è il più
antico scritto del NT, aveva ricordato come, facendosi battezzare, i cristiani di Salonicco, si erano convertiti
dagli idoli per servire al Dio vivo e vero e attendere dai cieli il suo Figlio che egli ha risuscitato dai morti,
e che ci libera dall'ira futura (1Ts 1,9s).
Il battesimo è il sacramento che manifesta, significa, e porta a compimento la conversione, e per
ciò stesso fonda un'esistenza che sia impegno costante a spogliarsi dell'uomo vecchio che si corrompe dietro
le passioni ingannatrici e a rivestire l'uomo nuovo creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera
(Ef 4,23-24), a mortificare quella parte di sé che appartiene alla terra e a rivestirsi come eletti di Dio,
santi e amati, dei sentimenti di Cristo (cfr. Col 3,5-17).
Per questo, molto presto sarà introdotta nel rito battesimale la rinuncia a Satana e
alle sue opere e l'adesione a Cristo.
La rinuncia e l'adesione, apo-taxis e syn-taxis, sono molto drammaticamente espresse nella liturgia bizantina:
Rinunci a Satana, a tutte le sue opere, a tutti i suoi angeli, ad ogni suo servizio e ad ogni sua vanità?
Rinuncio (tre volte). Hai rinunciato a Satana? Ho rinunciato (tre volte). Rigettalo. Aderisci a Cristo? Aderisco (tre
volte). Hai aderito a Cristo? Ho aderito a lui (tre volte). Credi in lui? Credo in lui come re e Signore. Credo in un
solo Dio... E poi ancora: Hai aderito a Cristo? Ho aderito a lui (tre volte). Adoralo. Adoro il Padre, il Figlio e lo
Spirito Santo, Trinità consustanziale e indivisa.
Questa rinunzia viene preparata nel catecumenato, concepito sin dallo inizio come un progressivo itinerario
penitenziale o di conversione, soprattutto nell'ultima fase.
Di tale preparazione abbiamo testimonianza nella prima Apologia di san Giustino 61, verso la metà del
secolo II: a coloro che accolgono la dottrina che noi insegniamo e promettono di conformarvi la vita, scrive
Giustino, noi insegniamo a pregare e a chiedere al Signore, digiunando, la remissione dei peccati, e insieme con loro
preghiamo e digiuniamo. Non solo cambiamento di vita, dunque, ma anche esercizio ascetico.
Una testimonianza preziosa ci viene dalla Tradizione Apostolica all’inizio del terzo secolo: chi chiede
di entrare nella Chiesa (gli ‘accedenti’) viene interrogato sullo stato di vita e sulla sua professione,
e viene invitato ad abbandonare gli stati di vita e le professioni incompatibili con la vocazione cristiana, quindi
viene ammesso al catecumenato che dura tre anni, nelle riunioni catechistiche viene esorcizzato. Al termine
dei tre anni c'è un nuovo esame sulla sua vita, per vedere se egli è veramente convertito, e quindi
l'elezione. La vigilia del battesimo infine c'è un esorcismo solenne fatto dal vescovo. Il battesimo viene
amministrato per triplice immersione alla triplice rinuncia e professione di fede.
A Gerusalemme, secondo la testimonianza di san Cirillo nella procatechesi, durante l'esorcismo la faccia del
catecumeno veniva coperta con un velo per concentrare la sua attenzione sulle preghiere di liberazione che venivano
pronunziate su di lui. A Roma durante la quaresima, nelle settimane che precedono il battesimo si fanno gli
scrutini: si tratta di solenni riti penitenziali che hanno lo scopo di scrutare le intenzioni del cuore, e di
esorcismi a base di orazioni, imposizione delle mani e insufflazioni per scacciare lo spirito del male dal cuore
di colui che si prepara al battesimo.
Nella liturgia romana sino al 1969, anno della pubblicazione del rito del battesimo dei bambini, l'esorcismo
così suonava:
«Ti esorcizzo (ossia ti scongiuro), spirito immondo, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo:
esci, allontanati da N., creatura di Dio: te lo comanda, maledetto dannato, quello stesso Cristo, che camminò
sulle acque e tese la mano a Pietro che stava annegando. Riconosci, dunque, demonio maledetto, la sentenza che ti
condanna, e umiliati davanti al Dio vivo e vero, davanti a Gesù Cristo suo Figlio e allo Spirito Santo;
allontanati da N., creatura di Dio, perché Gesù Cristo, Dio e Signore nostro, si è degnato di
chiamarlo alla grazia e benedizione del sacro fonte battesimale. E questo segno della santa + croce, che noi
imprimiamo sulla sua fronte, tu, demonio maledetto, non oserai violare. Per Cristo».
Tutto ciò dimostra come l'iniziazione è un vero itinerario penitenziale scandito da celebrazioni
penitenziali, che culminano nel battesimo inteso come morire con Cristo al peccato e risorgere con Cristo alla vita
nuova. Il battesimo è la penitenza cristiana, professata nel simbolo apostolico: Credo la santa Chiesa
cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati.
Quando si svilupperà la penitenza per i battezzati che con il peccato non sono stati
fedeli alla grazia battesimale, sarà chiamata "penitenza seconda" (così Tertulliano alla fine del
secondo secolo), seconda rispetto al battesimo che è la prima, o "battesimo laborioso", come la chiama
san Gregorio di Nazianzo due secoli più tardi (Oratio 39,17), e sarà strutturata in analogia con
l'itinerario battesimale.
Essa comporterà:
Questa penitenza ha il suo tempo forte durante la quaresima, a partire dal mercoledì delle
ceneri.
La quaresima così sin dall'inizio si caratterizza come itinerario penitenziale verso la pasqua, non solo
per i candidati al battesimo, ma anche per coloro che con il peccato grave sono venuti meno alla grazia battesimale e
vogliono ritornare ad essa. Con gli uni e con gli altri tutta la comunità si fa solidale,
accompagnandoli con l'esortazione, con la preghiera e digiunando con essi.
Il diacono chiede al vescovo di riammetterli nella comunione ecclesiale con una commovente
perorazione: «Aumentiamo di numero con quelli che dovranno essere rigenerati, e ci potenziamo con il ritorno
dei convertiti. Lavano le acque, ma lavano anche le lacrime. Da ciò la gioia per l'ammissione degli eletti,
da ciò la letizia per l'assoluzione di coloro che si pentono» (Sacramentario Gelasiano, 353).
Il vescovo prega sul penitente:
«O Dio creatore ottimo, e misericordiosissimo artefice del genere umano, tu che hai riscattato col sangue del
tuo Figlio unigenito gli uomini, che fin dalle origini erano stati vinti dalla gelosia del diavolo, dona la vita a
questo peccatore, tu che non desideri affatto vederlo morire. Tu che non abbandoni il peccatore nei suoi
traviamenti, accoglilo nonostante le sue iniquità. Lasciati commuovere, ti supplichiamo, Signore, dai gemiti e
dalle lacrime del tuo servo qui presente. Guarisci le sue ferite. Porgi una mano soccorritrice al tuo servo
abbattuto. La tua Chiesa non patisca alcun danno in nessuna parte, né il tuo gregge alcun nocumento. Il nemico
non si rallegri per il torto causato alla tua famiglia e una seconda morte non uccida colui che è rinato in un
battesimo salutare» (sacramentario Gelasiano, 358).
Questa penitenza, e quella che nei secoli successivi sino ad oggi, a partire da essa, si è sviluppata,
è per coloro che sono stati battezzati. Ed è un grave abuso, anzi un sopruso, esigere la
confessione dei peccati dai candidati al battesimo.
Per coloro che si preparano al battesimo non esiste altra penitenza che il battesimo preparato
dal catecumenato, concepito come un itinerario progressivo di conoscenza di Cristo, ma anche come itinerario
penitenziale, cioè di graduale ma radicale conversione, ossia cambiamento di modo di pensare, di sentire,
di valutare, di vivere.
Esso oggi, come sappiamo, comporta quattro tappe: il precatecumenato, il catecumenato, il tempo della
purificazione e illuminazione, la mistagogia, tempo di graduale conoscenza del mistero di Dio, di inserimento in
Cristo.
- Il precatecumenato o prima evangelizzazione è il tempo in cui si
annunzia il Dio vivo e vero e il suo Figlio Gesù Cristo crocifisso e
risorto, perché i simpatizzanti credano e si convertano, abbandonino
il peccato e tutte le forme di idolatria di cose e di persone, per entrare nel
mistero dell'amore di Dio.
Quando si constata nel simpatizzante la prima fede e l'inizio della conversione, si fa l'ammissione al catecumenato
con la segnazione della croce e la consegna del vangelo.
- Il catecumenato è tempo di catechesi, di esercizio della vita cristiana e di testimonianza, perché
a contatto con il mistero della morte e risurrezione di Cristo, coloro che si preparano al battesimo passino dallo
uomo vecchio all'uomo nuovo che trova la propria perfezione in Cristo. Questo passaggio, che implica un
progressivo cambiamento di mentalità e di costume (la biblica metanoia), deve manifestarsi nelle sue
conseguenze di carattere sociale e svilupparsi progressivamente (RICA 19,2).
La conversione è sostenuta dalla Chiesa con la celebrazione degli esorcismi e delle benedizioni. Gli
esorcismi, spiega il RICA, sono celebrazioni penitenziali che presentano agli occhi dei catecumeni i veri caratteri
della vita spirituale, la lotta tra la carne e lo spirito, il valore della rinunzia per conseguire le beatitudini del
regno di Dio e il continuo bisogno dell'aiuto divino, e implorano la sua grazia perché allontani da loro lo
spirito del male, ogni opera dell'errore e del peccato, l'incredulità e il dubbio, le superstizioni, la
cupidigia del danaro, le inimicizie e le ostilità, in modo che possano divenire tempio dello Spirito
Santo.
- All'inizio della quaresima si fa l'elezione e l'iscrizione al battesimo e inizia il tempo della purificazione e
illuminazione, preparazione più intensa dello spirito e del cuore insieme alla comunità che, nella
penitenza, si prepara alla celebrazione del mistero pasquale.
Questo tempo, di riflessione spirituale più che di catechesi, è ordinato a purificare il cuore e la
mente degli eletti con una revisione della propria vita e con la penitenza, e a illuminarli con una più
profonda conoscenza di Cristo salvatore.
Il cammino è sostenuto dagli scrutini, solenni riti penitenziali che hanno lo scopo di mettere in luce le
fragilità, le manchevolezze e le storture del cuore degli eletti perché siano sanate, e le buone
qualità perché siano rafforzate; di liberarli dal peccato e dal demonio e infondere nuova forza in
Cristo, che è via verità e vita. Essi si svolgono nelle domeniche III, IV e V di quaresima con le
letture evangeliche dell'anno A: la samaritana al pozzo, il cieco nato alla piscina di Siloe, la risurrezione di
Lazzaro, in cui Cristo si presenta come datore dell'acqua viva e colui che svela i pensieri del cuore e il culto in
spirito e verità, la luce del mondo che illumina e sostiene nella prova, la risurrezione e la vita.
Nel caso dei fanciulli e dei ragazzi, gli scrutini possono essere opportunamente collegati alla celebrazione del
sacramento della penitenza per i loro compagni già battezzati, in modo da mettere in luce il significato
penitenziale del cammino battesimale e il significato battesimale della penitenza. Infine nella veglia pasquale
si celebra il battesimo - se e dove è possibile, per immersione - preceduto dalla rinuncia e dalla professione
della fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. Morti al peccato, gli eletti rinascono come figli di Dio, ricevono
lo Spirito che liconsacra e abilita a compiere la missione profetica, sacerdotale e regale di Cristo nella Chiesa e
nel mondo e partecipano con tutto il popolo di Dio all'eucaristia, memoriale della morte e risurrezione di
Cristo.
- Il tempo della mistagogia - dicono giustamente le note pastorali prima e seconda della CEI sull'iniziazione
cristiana - è quello più adatto per una esplicita catechesi sul sacramento della penitenza e le
prime celebrazioni di esso.
La formazione alla penitenza ha giustamente una grande importanza nell'itinerario degli adulti
battezzati che non hanno ricevuto la necessaria catechesi e non hanno completato l'iniziazione con la
confermazione e l'eucaristia, e nell'accompagnamento di coloro che, sacramentalmente iniziati, sono vissuti a lungo
lontani da Cristo e dalla Chiesa e ora intendono ritornare.
L'itinerario è essenzialmente cammino di conversione post-battesimale. Le tappe costituiscono un
adattamento dell'itinerario dell'iniziazione a persone già battezzate: accoglienza e decisione,
corrispondente al precatecumenato; conversione e sequela, corrispondente al catecumenato; tempo della preghiera e
della riconciliazione, caratterizzato dallo spirito di conversione e da appropriati riti liturgici per chiedere la
conversione e la purificazione del cuore, corrispondente al tempo della purificazione e della illuminazione. Esse
hanno il proprio vertice nella partecipazione consapevole e piena all'eucaristia, centro della vita cristiana.
Ma momento qualificante di esse è la celebrazione comunitaria della penitenza sacramentale, battesimo
laborioso e seconda tavola di salvezza. Essa, opportunamente preparata da celebrazioni penitenziali atte a fare
acquisire i vari aspetti e atteggiamenti della conversione e della riconciliazione - fiducia nella misericordia di
Dio, coscienza del peccato nella vita umana, sua dimensione teologale ed ecclesiale, conversione come ritorno a Dio,
liberazione dal peccato per mezzo di Cristo, riconciliazione con Dio e con i fratelli, parte dello Spirito Santo
nella conversione e della riconciliazione, mediazione della Chiesa, vita nuova - deve formare al ricorso regolare
alla celebrazione del sacramento (47-48).
Un problema particolare è rappresentato dalla celebrazione della penitenza nella
preparazione dei fanciulli battezzati, alla prima eucaristia. La questione si pose in Olanda, dove nel 1964 Mons.
Moors arcivescovo di Roermond, in seguito a una raccomandazione del suo Consiglio presbiterale, considerato che il
fanciullo sino a una certa età non può essere considerato capace di distinguere il bene dal male e di
prendere decisioni personali in ordine al peccato, suggeriva una nuova sequenza nella preparazione dei fanciulli alla
prima comunione: prima comunione a sette anni, nella seconda classe elementare, quindi tre anni di catechesi in
preparazione alla penitenza, con la prima celebrazione comunitaria nella quarta elementare e la celebrazione
individuale nella quinta.
Le disposizioni del vescovo Moors fecero venire alla luce molte altre esperienze che venivano condotte senza clamore
in altre diocesi dell’Europa. L'esperienza ebbe una grande diffusione soprattutto negli Stati Uniti, e in
Canada.Il supporto scientifico a queste sperimentazioni era stato dato nel 1961 in Olanda da H.A.A. Tijsman, secondo
il quale il fanciullo prima della pubertà non sarebbe capace di peccato personale. E negli Stati Uniti dal
teologo Robert O'Neil e dal parroco teologo Michael Donovan. Essi sostenevano che la penitenza è stata
istituita per la remissione dei peccati mortali commessi dopo il battesimo, il fanciullo è incapace di
commettere non solo il peccato mortale ma anche quello veniale, quindi non è capace di ricevere
validamente il sacramento della penitenza, per mancanza di materia.
Il dibattito fu aspro e i sostenitori della posizione tradizionale invocavano l'autorità del can. 21
del Lateranese IV che stabilisce il dovere di confessarsi per ogni battezzato che abbia raggiunta l'età di
discrezione, e il decreto Quam singulari di Pio X del 1910 che autorizzava la prima comunione dei fanciulli
una volta raggiunti i sette anni.
La Sede Apostolica intervenne nel dibattito in data 11 aprile 1971 con un "Addendum" della
Congregazione del Clero in aggiunta al Direttorio catechetico generale. Esso raccomanda di non allontanarsi dalla
prassi tradizionale, se non con l'accordo della Conferenza Episcopale e con il consenso della Sede apostolica
(Enchiridion Vaticanum, 4, pp. 390-399).
Due anni dopo, il 24 maggio 1973, la Congregazione per il Culto e la disciplina dei Sacramenti e la Congregazione
del Clero pubblicarono un testo comune approvato dal sommo pontefice, la Declaratio "Sanctus Pontifex",
che ordinava di porre fine a tutti gli esperimenti a partire dalla fine dell'anno scolastico in corso (ib, p.
398-399, nota).
Il documento tuttavia non fu risolutivo, in quanto le Conferenze Episcopali Canadese e Americana in una fitta
corrispondenza con le Congregazioni e nelle visite ad limina continuarono a difendere l'esperienza che si
protraeva ormai da oltre un decennio, e laSede Apostolica nel dialogo con queste Chiese locali ridimensionò la
portata della Declaratio. Si giunse così a un certo equilibrio, nel senso che alcune Chiese locali
continuarono con flessibilità e cautela l'esperimento, preoccupandosi nello stesso tempo di una seria
educazione dei fanciulli al sacramento della penitenza.
Finalmente però il 20 maggio 1977 una lettera della Congregazione del Clero inviata a tutte le Chiese in
risposta a un quesito dichiara, "in conformità all'intendimento della dichiarazione Sanctus
pontifex" che "qualsiasi esperimento tendente a ricevere la prima comunione prima di aver ricevuto il
sacramento della penitenza deve finire" (Ib.).
Nello stesso senso si muoverà il CJC, can 914: "È dovere innanzitutto dei genitori e di coloro
che ne fanno le veci, come pure al parroco, provvedere affinché i fanciulli che hanno raggiunto l'uso di
ragione siano debitamente preparati e quanto prima, premessa la confessione sacramentale, alimentati di questo cibo
divino".
Cessarono gli esperimenti, ma non il dibattito teologico, catechetico e pastorale. Non sono mancati teologi
che hanno sostenuto che chi, non ha ancora partecipato pienamente alla comunione con Cristo e con la Chiesa, che si
ha nell'eucaristia, non può rompere con il peccato questa comunione, e per conseguenza non può essere
riammesso ad essa con la penitenza sacramentale.
Con una simile argomentazione però non troverebbe giustificazione neanche la penitenza di chi, battezzato e
non comunicato, si converte dopo avere condotto per lunghi anni una vita oggettivamente in dissonanza con il
vangelo.
La penitenza sacramentale, invece, nella fede della Chiesa è il sacramento che manifesta la conversione e
rende possibile la riconciliazione dei battezzati ricaduti nel peccato.
Oggi non sono molti gli studi sull'argomento, ma lo orientamento prevalente - tenuto conto che alla
celebrazione sacramentale, strettamente parlando, è tenuto soltanto chi è cosciente di peccato grave, e
che perché ci sia peccato mortale deve esserci piena avvertenza, deliberato consenso e materia grave -
è che l'impegno maggiore deve essere profuso nel formare i fanciulli ad acquisire l'atteggiamento della
conversione nei suoi vari aspetti, mediante la catechesi e le celebrazioni penitenziali, per giungere, prima della
partecipazione alla eucaristia, alla celebrazione comunitaria del sacramento, in maniera da condurli, gradualmente e
senza rigidità, anche alla celebrazione individuale.
L'accostamento tra battesimo e penitenza illumina il battesimo come sacramento della
conversione e mostra che la vita dei battezzati è continua penitenza, realizzazione progressiva della grazia
battesimale, della rinuncia e della adesione a Cristo, della morte all'uomo vecchio e risurrezione del nuovo,
spogliarsi delle passioni e rivestirsi di Cristo.
E illumina pure la penitenza, ripresa del battesimo, che non è evento puntuale, ma itinerario, che ha nei
riti sacramentali e non, i suoi momenti forti e culmina, come l'iniziazione, nella partecipazione alla
eucaristia.
La Chiesa nata dal battesimo, santa, ma sempre bisognosa di purificazione, dice il rituale della penitenza,
mai tralascia di fare penitenza e di rinnovarsi. In molti e diversi modi essa fa questa continua penitenza e si
esercita in essa: prendendo parte, con la sopportazione delle sue prove, alle sofferenze di Cristo, compiendo opere
di misericordia e di carità, e, intensificando sempre più la sua conversione, diventa segno per il
mondo di come ci si converte a Dio.
Tutto questo poi la Chiesa lo celebra nella liturgia:
La celebrazione del sacramento è un atto della Chiesa con cui essa «proclama
la sua fede, rende grazie a Dio per la libertà con cui Cristo ci ha liberati, offre la sua vita come
sacrificio spirituale a lode della gloria di Dio e intanto affretta il passo incontro a Cristo» (RP 7).
Il sacramento è necessario per coloro che hanno coscienza di peccato grave. Per gli altri battezzati
è molto utile ed è da raccomandare il ricorso ad esso, dice il rituale, come «costante e
rinnovato impegno ad affinare la grazia del battesimo, perché, mentre portiamo nel nostro corpo la
mortificazione di Cristo Gesù, sempre più si manifesti in noi la sua vita» (RP 6/b).
Il rito della penitenza pubblicato nel 1974 è un invito a riscoprire la penitenza come itinerario
permanente di conversione e di riconciliazione; simmetrico all’itinerario dell’iniziazione cristiana dal
quale deriva e al quale si ispira, per ricuperare, approfondire e affinare la grazia battesimale. Una istanza che
sino ad ora non sembra sia stata compresa. Se e quando la comprenderemo, esercitandosi nella penitenza e celebrandola
con tutte le modalità di cui la Chiesa dispone, le nostre comunità saranno in grado di mettersi al
riparo dalla critica che spesso ci sentiamo rivolgere dai catecumeni, che cioè chiediamo loro atteggiamenti e
comportamenti che noi battezzati non coltiviamo.
Le nostre comunità, soprattutto, saranno capaci di accogliere i nuovi membri che convertendosi al vangelo,
per il battesimo diventano partecipi della morte e risurrezione di Cristo. Saremo segno, per essi e per tutti, di
come ci si converte a Dio e ci si riconcilia tra fratelli.