La relazione è stata trascritta dalla viva voce dell’autore e conserva pertanto lo stile di testo parlato. Non è stata rivista dall’autore.
L’Areopago
Il punto fondamentale per andare ad annunciare la famiglia
è capire che la famiglia ha una missione specifica. Un laico più
una laica non fanno una famiglia, fanno due laici insieme. La famiglia trae
la sua identità specifica non solo dal fatto che è composta da
battezzati. Questo è evidente ed è per tutti: vuol dire essere
inseriti nell’unico fondamentale mistero della vita cristiana. La famiglia
trae la sua identità dal ricevere in dono da Dio, mediante un sacramento
specifico, una specifica identità che quindi configura una specifica
missione.
Per capire che questa missione è specifica, dobbiamo innanzitutto renderci
conto del fatto che il matrimonio è un sacramento. Un sacramento non
vuol dire un atto magico che dà il permesso per vivere la sessualità
dal giorno dopo il matrimonio in modo legittimo - mentre prima era illegittimo.
Pensiero inconscio, comune, purtroppo, a tanti. Piuttosto il sacramento dà
una particolare grazia per esprimere qualcosa del mistero di Dio.
Cos’è un sacramento? E’ una piccola, povera, semplice, realtà
materiale, che contiene, riceve in dono, accoglie, conserva ed esprime qualche
cosa del mistero di Dio. Per esempio, l’eucarestia è costituita
da un po’ di pane e un po’ di vino - da un punto di vista materiale
è poca cosa. Il cibo più semplice degli uomini. Il più
semplice non tra i cibi che vengono dalla natura, ma tra i cibi che vengono
dalla natura e che sono manipolati dall’uomo. Dio, mediante la consacrazione
dello Spirito, abita il pane e il vino, in modo sostanziale, e li rende sua
presenza. Per cui mangiando quel pane e quel vino non si nutre più solo
il corpo mediante un effetto materiale, ma si attualizza e si vive, si accoglie,
si conserva, ci si identifica e si esprime un qualcosa di molto importante del
mistero di Dio. Dio è amore, vuole unirsi a noi, identificarsi con noi.
Realizza con noi questo scambio di identità che il sacramento dell’eucarestia
porta con sé.
Ora i coniugi sono come il pane e il vino. Sono una relazione di amore umano
che viene abitata, consacrata dalla grazia dello Spirito Santo, per accogliere,
incarnare, far propria, alimentare ed esprimere un volto particolare del mistero
di Dio: che Dio ama. E nell’amore tra due sposi, sta il metodo dell’amore.
Il sacramento del matrimonio esprime non solo che Dio ama, ma esprime in modo
concreto, umano, sperimentabile da tutti, come Dio ama. Dio ama non in
modo generico. “Dio è la carità, allora tu fa l’elemosina
– penserebbero alcuni - Io ho l’orologio, tu no, tieni”. Ma
Dio ama rispettando la tua diversità, il fatto che tu non sei lui! Come
l’uomo deve accogliere la diversità, la distinzione di una donna.
E la donna deve accogliere la totale, radicale distinzione di un uomo. Proprio
nella percezione che c’è un progetto comune, perché siamo
la stessa cosa divisa in due. Poi spieghiamo meglio questo concetto, perché
l’espressione “divisa in due” è inesatta. Ma siamo
un unico progetto di comunione. Per cui, se accogliamo la nostra distinzione,
possiamo realizzare una profonda comunione. Se accogliamo questa profonda comunione,
noi diventiamo una cosa nuova, insieme. Se diventiamo una cosa nuova insieme,
realizziamo qualcosa di bello capace di chiamare altri all’amore che noi
stessi siamo.
Le leggi dell’amore sono: che da soli non ci si può amare, bisogna
essere più di uno. Infatti abbiamo un Dio che non è solitario,
non è Allah, è un Dio che è comunione di persone. Divine,
ma comunque persone! Da soli non si può amare, bisogna essere in due.
E più è forte la distinzione delle persone chiamate nel gioco
dell’amore, più è forte la diversità, così
come tra il polo positivo e il polo negativo, e più è più
forte la corrente che passa. Allora, accogliere la diversità per un progetto
di comunione. Mi fermo un attimo e vi indico una strada da percorrere: ci rendiamo
conto che proprio ciò che abbiamo appena detto è una via enorme
di evangelizzazione sociale. Perché il problema vero della società
è che non sappiamo più accoglierci nella distinzione in un dialogo
autentico. Ma ci mangiamo e ci divoriamo a vicenda. Riscoprire la verità
della dignità dell’altro come persona da amare in un gioco di amore
è anche tutta la virtù dell’azione sociale. La famiglia
è la custode del metodo dell’azione sociale, non i parlamentari.
Questa sacramentalità del matrimonio dà un contenuto specifico
alla realtà dell’uomo e della donna. Attenzione, una sacramentalità
che non viene solo dal fatto di essere cristiani, ma che ci mette in comunione
con tutti gli uomini, perché viene dal fatto di essere uomini e donne.
Perché affonda le sue radici nella Creazione. Dio ha creato la premessa
del sacramento del matrimonio, in senso specifico cristiano. O, come dice il
Santo Padre, Dio ha creato il sacramento primordiale, il giorno della creazione,
quando ha creato l’uomo e la donna (Gn 1,26-27):
Dio disse “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza”,
a immagine di Dio lo creò,
- l’unico Adamo, l’unico vivente della terra -
maschio e femmina li creò.
Dio ha creato un’unica realtà, la comunione interpersonale dell’uomo
e della donna, distinta nella polarità delle due realtà del maschile
e del femminile. Quindi c’è un progetto che affonda le sue radici
nella Creazione. E questo progetto è l’amore. L’amore che
è contenuto e vissuto in ogni amore. C’è quindi un sacramento
specifico in senso cristiano, ma anche una dimensione originaria del sacramento
che affonda la sua radice nella creazione dell’uomo e della donna.
Questo sacramento di cosa è sacramento? Dell’amore tra Cristo e
la Chiesa (Ef 5,31-32). Cristo ama la Chiesa, la genera nell’eucaristia,
la riunisce, la unisce a sé nell’eucaristia, le partecipa i suoi
doni. In particolare la sua stessa vita, il suo stesso amore, il suo stesso
respiro, la sua stessa identità che è lo Spirito Santo e la coinvolge
con sé in quello che è il suo scopo, lo scopo della sua vita,
radunare a sé ogni cosa del cielo e della terra. Che ogni cosa sia
ricapitolata in Cristo, dice S.Paolo, che sia raccolta, sia riportata, ricondotta
alla comunione con Cristo. “Perché la realtà è Cristo”
(S.Paolo).
Allo stesso modo il sacramento del matrimonio è un amore umano che esprime,
incarna, custodisce, alimenta ed annuncia queste attitudini dell’amore
di Dio. E l’amore non è uno scherzo, è la sorgente della
vita degli uomini. E’ la sorgente della vita degli uomini con Dio. E’
la sorgente, il metodo, il contenuto. E’ il metodo della relazione tra
Dio e gli uomini e degli uomini tra loro. E’ il processo stesso della
vita. Dove noi dobbiamo guardare, se vogliamo capire cosa è l’amore?
Dove l’amore c’è. Soprattutto nella sua condizione fondamentale,
basilare, creata e benedetta da Dio che è quella dell’unione sacramentale,
interpersonale, di un uomo e di una donna. Quindi ogni amore sponsale è
un tabernacolo dentro il quale abita l’amore di Dio.
Potrebbero scomparire dalla terra tutte le Bibbie, tutte le chiese, tutte le
suore e i preti (i vescovi li lasciamo!), ma finché rimane al mondo una
coppia che si ama, rimane l’interezza di ciò che Dio ha voluto
donare al mondo, la comunione del suo amore. Che poi la prima coppia abbia avuto
problemi e ci sia qualcosa da ricostruire, questo è altrettanto vero.
Ma questo è un capitolo del quale non ci occupiamo questa sera. Io vi
annuncio un ideale, poi bisognerebbe fare due altri incontri, uno sul peccato
originale e sulle sue conseguenze e l’altro sulla ricostruzione di tutto
questo. Ma limitiamoci all’annuncio, che non è solo ideale, ma
anche vero. Da dove scaturisce la missione della famiglia? Dalla sua identità.
Ma qual è l’identità della coppia se non essere un luogo
di amore e di comunione? Partendo dall’estrema diversità raggiungere
la massima unità e renderla feconda per la vita e per il mondo. Non è
piccola cosa. Mettere in moto nella profondità dello Spirito con la totalità
della propria vita il proprio dinamismo di amore. Non fare quei contratti coniugali
– “ma sì ormai ti conosco, so che il 60% lo metto io (dice
ognuno), il 40% lo metti tu, cerchiamo di andare avanti nella completezza”-
ma innervare continuamente di un’energia di amore, di perdono, di accoglienza,
di gratuità, di donazione di sé, la fedeltà di un’intera
vita. La famiglia è quindi il luogo che custodisce l’identità
della comunione, il dinamismo della comunione. Non c’è comunione
senza diversità, senza distinzione. Non c’è comunione senza
unità totale dell’essere umano, fino alla compenetrazione fisica
dell’identità: una caro, nel progetto di Dio. “Una
caro”, una sola realtà.
E non c’è comunione senza una fecondità. “Che bella
che sei, che bello che sei”, ma poi bisogna uscire da questa sorta di
partita a tennis e innervare un dinamismo più grande. Se la nostra comunione
è talmente grande noi desideriamo che altri vi partecipino, che altri
godano della fruizione della bellezza dell’amore. Quindi oggi la prima
missione della famiglia è la coltivazione della propria identità
sponsale all’interno delle coppie e delle famiglie. Bisogna prima di tutto
annunciare la famiglia a se stessa. Annunciare alla coppia: sei una coppia cristiana,
sei un sacramento, sei un’identità divina sulla terra, sei un tabernacolo
di Dio. Perché finché questo non diventa veramente forte, tutto
il resto è labile.
Bisogna annunciare l’identità sponsale specifica che vada oltre
il generico e quindi bisogna appropriarsene. Bisogna mettere in atto delle strategie
di formazione dei fidanzati, e ancor prima dei giovani all’amore, dei
figli nelle famiglie, di consapevolezza nei genitori, per la formazione e l’educazione
a questo. Bisogna mettere in atto delle realtà di formazione al sacramento.
Non basta preparare due a sposarsi con quattro incontri. Occorrerebbe un cammino
per cui quegli incontri siano il vertice di un’intera maturazione. Anche
se è un cammino che deve durare anni. Bisogna aiutare la coppia, quando
è giovane, a viversi e man mano che cresce - perché ci sono delle
età della coppia - a vivere la pienezza di sé, anche nella partecipazione
ecclesiale, sociale, ecc. Quindi c’è tutto un arco di ministerialità,
di servizio, di missione della coppia, da riscoprire.
La prima chiesa era di natura familiare, l’eucaristia era celebrata nelle
famiglie. La chiesa si pensava come la famiglia di Cristo e si radunava nella
casa di Pietro. A Cafarnao hanno costruito una bella chiesa con il pavimento
di vetro sopra la casa di Pietro, in modo che camminando nella chiesa vedi sotto
le fondamenta della casa di Pietro. E capisci che l’origine della barca
(perché questa chiesa è fatta a forma di barca) è la roccia
della casa di Pietro che diventava una casa-chiesa. Come le domus ecclesiae
a Roma, che vedete sotto alcune chiese e basiliche.
E’ necessario ri-evangelizzare il contenuto stesso del sacramento se vogliamo
ri-evangelizzare la missione. Non possiamo avere famiglie missionarie se non
abbiamo famiglie consapevoli della loro identità sacramentale. Non si
può escludere questa fondamentale base catechetica. Qui occorre preparare
i catechisti per questo compito. Diciamo che la famiglia contiene il DNA dell’amore
e della comunione. Dove lo attingiamo? Adesso ne dico una grossa ma è
per farmi capire. Se in una parrocchia, la Caritas realizza il proprio compito
senza avere davanti agli occhi, nel cervello e nel cuore, l’identità
familiare, non è la Caritas, è un’azienda di beneficenza.
Qual è la radice dell’amore verso il prossimo che noi attuiamo
e di quella necessaria espressione della carità cristiana nei termini
socio-assistenziali? E’ proprio l’amore familiare. E’ un DNA
di comunione e di amore che sa farsi servizio, che vede l’altro come persona
nel suo bisogno. Non come peso o struttura sociale. Ed è questo che ha
fatto della carità l’animo del cristianesimo occidentale, non l’efficienza
dell’organizzazione. La Caritas migliore sarà quella che metterà
più cuore, che darà maggior primato alla persona sull’organizzazione,
all’identità dell’amore sulla modalità del servizio.
Una parrocchia sarà tanto più attiva nella carità quanto
più sarà consapevole della propria natura e struttura familiare.
Perché diventerà una comunione di famiglie nella quale è
impensabile che un figlio, parente, amico rimanga fuori dalla tavola, dalla
porta o dall’ascolto o dalla risposta del suo bisogno. L’anima della
carità, l’anima dell’amore è un’anima familiare,
un’anima personale, che affonda nel tessuto dell’amore sacramentale
umano che veicola l’amore divino. Pensate che Dio ha voluto proprio narrarsi
nella comunione familiare, nel modo di farla. Nel modo di amare, ha voluto dire
chi lui è, più che in altre cose.
Vorrei sintetizzare adesso questo elemento con quanto dice il Catechismo della
Chiesa Cattolica (CCC) al numero 1534:
Due altri sacramenti, l'Ordine e il Matrimonio, sono ordinati alla salvezza
altrui. Se contribuiscono anche alla salvezza personale, questo avviene attraverso
il servizio degli altri.
Uno non si sposa per se stesso, come non diventa prete per sé. Cosa fa
il giorno dopo l’ordinazione? Si mette davanti allo specchio e dice “Che
bel prete che sei! 92 kg di carne consacrata a spasso per il mondo!” .
Uno non è consacrato per sé e nemmeno la coppia è consacrata
da Dio per sé, ma i suoi componenti sono ordinati per la salvezza altrui.
Se siete sposati è per gli altri, non per voi. Per essere per gli altri
incarnazione dell’amore di Dio.
Essi conferiscono una missione particolare nella Chiesa e servono all'edificazione
del popolo di Dio.
Chiarissima la missione dell’ordine, forse abbiamo riflettuto un po’
meno su quella del matrimonio ed è ora di approfondire l’argomento.
Siamo stimolati da 25 anni di profezia del papa a fare questo, perché
è urgente. Non so se è urgente perché è urgente
o perché verranno altre religioni ed allora non avremo più altri
spazi nei quali annunciare la parola di Dio - si sentono tante versioni! In
fondo è relativo: è urgente perché lo è, è
urgente perché è vero, perché appartiene alla verità
cristiana.
Hanno una missione particolare e servono all’edificazione del popolo
di Dio.
Tanto è vero che il capitolo terzo di questa sezione del catechismo chiama
i sacramenti dell’ordine e del matrimonio con il titolo unico di sacramenti
del servizio della comunione. Qual è il servizio della famiglia?
Servire la comunione. Da sola? No, insieme ai ministri ordinati. Perché,
vedete, lo schema del catechismo per i sacramenti è questo: battesimo,
confermazione ed eucarestia che sono l’iniziazione cristiana. E questo
è la vita in Cristo e nello Spirito. E’ il tutto della vita di
fede e di amore. Siccome però noi siamo mortali e peccatori abbiamo due
sacramenti per la guarigione: la riconciliazione e l’unzione dei malati.
Poi abbiamo due sacramenti al servizio della comunione: l’ordine e il
matrimonio. Sono sacramenti, cioè strutture oggettive della Chiesa senza
le quali la Chiesa è incompleta e impensabile. Certo anche una religiosa
o un religioso sono struttura dell’amore di Dio. Qui è un dato
oggettivo che la Chiesa riconosce tra i sette sacramenti della nuova alleanza.
Non lo puoi tagliare via, come non puoi tagliare l’unzione dei malati
o il battesimo. E quello che il testo sottolinea è che proprio ordine
e matrimonio sono costitutivi del servizio della comunione della Chiesa.
Che non vuol dire che fanno la stessa cosa e non c’è più
bisogno dei preti perché gli sposi possono fare anche i parroci, come
se fosse la stessa cosa che un parroco o uno sposato presiedano il consiglio
pastorale. Ma il parroco non è un presidente: è un consacrato
per consacrare. Lui consacra la comunità perché consacra il pane
e il vino. E a causa di questo presiede la comunità. Non presiede l’eucarestia
perché presiede la comunità, ma il contrario: presiede la comunità
perché presiede l’eucarestia per grazia. Lui è la sorgente,
è lo sposo che genera la Chiesa. Ma il dinamismo dell’amore di
cui la Chiesa deve essere innervata non lo custodisce lui da solo, ma lui nella
comunione con tutti. E di questa metodologia è custode l’amore
familiare. Non è solo il prete. Il prete è figura di Cristo sposo.
La famiglia è forma dell’amore è custodia del dinamismo
intero dell’amore.
Ecco quindi che molte emergenze si aprono davanti a noi. Sono convinto che,
come la parola povertà, è stata al tempo di Francesco d’Assisi
il cuneo, lo stimolo che ha permesso alla Chiesa di togliersi la corazza nella
quale era troppo irreggimentata dopo secoli di feudalesimo, e che non la lasciava
muoversi con sufficiente libertà per essere annuncio fresco del vangelo,
così oggi è dell’amore sponsale, familiare
Ci voleva la parola povertà per svestirsi della corazza. Così
noi oggi rischiamo, dopo tutta la teologia razionalista, dal ‘700 in poi,
di essere troppo irreggimentati. Abbiamo tutta una Chiesa ben strutturata: Diocesi,
parrocchie, consigli, documenti, libri, sussidi ecc. Però rischiamo di
dimenticare che in tutto questo c’è un’anima, una freschezza,
che devono venire fuori. Qual è la ginnastica che la fa venire fuori?
Quella familiare dell’amore sponsale. Sarà proprio la ginnastica
che consentirà alla freschezza della chiesa di uscire da un primato del
suo essere oggettivo e rilanciare anche il primato fresco di un tessuto evangelico
immediato, esistenziale, legato all’esistenza, alla vita.
E credo che il linguaggio dell’amore sia il linguaggio di un’evangelizzazione
che chiunque capisce. Perché è l’uomo, è ciò
che siamo. Ciò che Dio ci chiede non è diverso da ciò che
siamo, ha la bellezza di ciò che siamo. Per cui facendolo diventiamo
sempre più noi stessi e diventiamo sempre più contenti di farlo
e di esserlo. Io sono venuto questa sera anche se ho un po’ di febbre,
perché non sono qui solo per fare un piacere ad altri sacerdoti, ma perché
mi piace. E’ bello se porti un annuncio che tu sai che rende felici. Ecco,
allora qui si aprirebbe tutto un capitolo: cosa significa ripensare la comunità
sui due sacramenti, non più solo sul sacramento dell’ordine. Cosa
significa assumere un’attitudine familiare, divenire una comunità
dove le relazioni hanno il primato, e non la carta. Perché il Verbo si
è fatto carne, non carta. Le relazioni hanno il primato sull’organizzazione.
Cosa vuol dire questo nelle famiglie, nella comunità, nei conventi, nelle
comunità religiose, nelle canoniche, tra preti, nelle relazioni con il
vescovo. Cosa significherebbe questa irradiazione nel sociale, nel politico.
Cosa significherebbe ridare il vero primato alla persona in questo campo, che
cosa significherebbe la tutela della fecondità e della vita, come relazione.
Dai giornali infatti sembra che noi siamo gli ultimi fanatici che vogliono a
tutti i costi che i bambini nascano. Siamo così deficienti! O sembra
che siamo gli unici che non li vogliamo far nascere in modo artificiale. Ma
non è questo! E’ che siamo i custodi del DNA della vita e la vita
è dentro la relazione, dentro l’amore. Se togli l’amore,
puoi anche far nascere un esercito di bambini in provetta, saranno oggetti o
tenderanno sempre di più ad esserlo.
Cosa significa tutto questo allora? Vedete allora come è importante riscoprire
l’identità sacramentale, la specificità della missione coniugale
che sgorga dall’identità, non viene dall’esterno. Riscoprire
la missione ecclesiale di questo e la sua missione sociale. Certo è un
cammino che necessita di tempi lunghi e non può essere esaurito con questo
incontro.
Avete domande? Tenete conto che io non ho una risposta a tutto.
Domande:
Risposte:
Mi correggo: non ho una risposta a niente!
La complessità della vita vale per tutti. Io faccio il mestiere più
felice dell’universo, il teologo. Non devo far nulla, ho i più
bei principi del mondo da pensare. Poi l’impatto della vita è quello
duro, reale. Fatta questa premessa di auto-confessione, possiamo comprendere
che l’amore è comunque la realtà fondamentale, essenziale.
C’è un tema su cui ci ritroviamo tutti ed è l’amore.
Chi può dire a quale punto del cammino di amore, anche familiare, una
persona si trovi? Quando è che noi comprendiamo l’eucarestia? Credetemi,
io da teologo non ho capito l’eucarestia più di quando ero bambino
e ho fatto la prima comunione. La mia intuizione sintetica forse era più
fresca a otto anni che oggi. L’amore è il mistero stesso di Dio
che ci viene incontro. Come noi non arriviamo mai al possesso e alla gestione
del possesso di Dio, ma siamo sempre in cammino, così è in tutte
queste realtà. Perché dobbiamo sempre metterci dal punto di vista
dogmatico di chi possiede la verità come un oggetto che deve dare? La
verità non è un pacco che io do ad un altro. La verità
attraversa la mia esistenza, prima che la tua, interpella la mia prima della
tua. La mia debolezza, il mio peccato prima del tuo. E se non ho capito che
la tua fragilità nel cammino è solo un pallido riflesso del vuoto
che è in me, io devo ancora cominciare ad essere cristiano. Questo non
vuol dire che io non devo avere la chiarezza dogmatica. Vuol dire che devo però
avere anche la chiarezza esistenziale: che siamo tutti nella barca della medesima
umanità che Dio ama. E che Dio non ama di più colui che è
arrivato in fondo al cammino rispetto a chi ha appena iniziato questo cammino.
O chi sta facendo delle grosse fatiche in questo cammino. O per colpa, dovuta
alla fragilità, alla debolezza, al peccato. O perché subìte,
a causa della fragilità, della debolezza e del peccato di altri. Ho molto
apprezzato un intervento del cardinale che, durante un incontro, toccò
questo argomento. Non parlò mai di separati, divorziati, ecc., ma sempre
molto rispettosamente di coppie in cammino. E’ vero, noi abbiamo un’umanità
di coppie in cammino. Però se abbiamo delle verità in più,
una consapevolezza in più, queste devono servire a nutrire una mentalità
separante o unificante, che ci rende missionari?
Chi si ferma a parlare una sera con il separato, il piantato, il divorziato
ecc.? Tutti nel proprio covo d’amore, ma in appartamenti! E’ assurdo
vivere l’amore appartati. E’ giusto che ogni famiglia abbia anche
una sua intimità, ma poi non ci si può ignorare continuamente.
La comunità cristiana non è quindi costituita da coloro che hanno
la tessera di perfezione, perché sono anch’essi in cammino di perfezione.
Ma il nucleo di quelli che hanno una verità di Dio che li attraversa
e che è un’energia che è capace per la sua forza di coinvolgere
anche altri. Perché mi rende capace di vedere nell’altro, in ogni
situazione di amore ferito, una situazione di cui io posso farmi carico, alla
quale posso aprirmi, a cui posso dare. Lo stesso vale per le persone che si
avvicinano ai sacramenti. Non è che non dobbiamo valutare la loro preparazione,
ma più di tutto conta il cammino. Iniziare un cammino e portarlo avanti.
Va bene, inizi oggi il cammino, inizia pure oggi, esiste l’università
della terza età! Non è mai troppo tardi. Io credo che l’amore
non distingua e non separi, ma per sua natura unifichi e renda umili verso l’amore
ferito e parziale. Anche perché: chi ha l’amore pieno?
Quale comunità può testimoniarlo ed annunciarlo? Però insieme
diventiamo tutti più umili e più forti. E diventiamo capaci di
portare un amore che non è solo nostro ma che ci rende figli di Dio.
Forse un po’ folli, perché dobbiamo annunciare qualcosa che ci
trascende infinitamente. Se però veramente scatta questa comprensione
umana, allora può partire l’annuncio. Uno si accorgerà anche
allora di essersi sposato in modo imperfetto, recupererà terreno. Io
ho visto autentici miracoli. Se la consapevolezza comincia ad entrare, con il
tempo e la pazienza, la lievitazione accade. Il coinvolgimento anche. Perché
è un annuncio autentico di parola di Dio.