Il presente testo è tratto da una meditazione tenuta dal card. C.M.Martini ai preti del settore Sud di Roma, su invito di S.E.mons. Paolo Schiavon, nella Quaresima 2005, il 24 febbraio. Il titolo della meditazione era: Regno di Dio ed eucarestia. Il testo è stato trascritto da mons.Luciano Pascucci, che ringraziamo, e non è stato rivisto dall’autore.
L’Areopago
In ogni Eucaristia noi citiamo il Regno, per esempio recitando il Padre
nostro: Padre nostro, venga il tuo Regno! E al termine della preghiera eucaristica
proclamiamo: “Tuo è il Regno, tua la potenza e la gloria nei
secoli!”. E questo Regno è il tema fondamentale della predicazione di
Gesù fin dall’inizio. Da quando, cioè, Gesù, dopo che Giovanni fu
arrestato, fu trasferito da Nazaret a Cafarnao. Dicono i vangeli che Gesù
cominciò allora a predicare e a dire: “Convertitevi, perché il Regno dei
cieli è vicino!” (Mt 4,17). Questa è il tema fondamentale della
predicazione di Gesù. In Mt 4,23 troviamo questa frase sintetica: “Gesù
percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando la buona novella del
Regno e curando ogni sorta di malattia e di infermità nel popolo”. Notiamo
anche la differenza tra i verbi: insegnando (didàschein); predicando, proclamando il
Regno (Kerissèin) e curando i malati. Le tre cose fanno come una unità.
Gesù, dunque, parla molto spesso del Regno di Dio, soprattutto nei sinottici;
l’espressione non ricorre quasi mai in Giovanni; mentre nei sinottici è
l’espressione corrente. Tuttavia sappiamo anche che non è facile definire il
Regno, perché Gesù non conchiude mai in una definizione teorica che cosa è
il Regno. Si contenta di alludervi con paragoni e con parabole. Il Regno è come un seme,
è simile ad una rete, è simile ad una perla preziosa, è simile a un tesoro
nascosto in un campo… Sono paragoni che descrivono alcuni aspetti del Regno, senza che
mai se ne dia una definizione precisa e completa.
E qui c’è qualcosa di misterioso, tanto è vero che lo stesso Gesù
in Mc 4,11, parla di “mistero del Regno”. Non dice ai discepoli: “A voi
è stato dato il Regno!”, ma “A voi è stato dato il mistero del
Regno!”. C’è quindi un mistero in questa parola “Regno”,
almeno come è pronunciata agli inizi del ministero di Gesù, che lo rende
necessariamente, da una parte affascinante e dall’altra un po’ enigmatico. E non
poteva che essere enigmatico fino allo svelamento che avverrà appunto con la morte e la
risurrezione di Gesù.
Ma noi possiamo cercare di domandarci: che cosa potevano intendere i primi uditori di
Gesù in Galilea, quando sentivano che parlava del Regno di Dio? Una tale espressione era
ben nota ai lettori della Bibbia ebraica. Essi sapevano perfettamente che Dio è Re da
sempre; per esempio il salmo 29, dice: Il Signore siede re per sempre! Quindi era un
termine acquisito. Salmo 96: Dite tra i popoli: il Signore regna! Ancora Salmo 97: Il
Signore regna; esulti la terra!… Non era di per sé neanche necessaria la
proclamazione di Gesù per far imparare alla gente che il Signore regna. Per esempio un
inno molto antico, come il cantico di Mosè, diceva, alla fine, concludendo: Il
Signore regna in eterno e per sempre! Da secoli, da millenni si tramandava l’idea
della regalità di Dio. E un altro inno successivo, che si trova nel primo libro delle
Cronache (cap. 29), cantava: Tuo è il Regno, Signore, tu ti innalzi sovrano su ogni
cosa! (1 Cr 29,11). Quindi Gesù apparentemente non parla per dire una cosa nuova,
dicendo che Dio è Re e suo è il Regno!
Però i lettori della Bibbia ebraica sapevano pure che il peccato oppone resistenza al
Regno, sia il peccato individuale, sia il peccato sociale; per cui Dio regna di diritto, ma di
fatto si ha spesso l’impressione che a condurre il gioco siano i malvagi, quelli che non
si sottomettono a Dio. La Bibbia è piena di tali amare constatazioni e in particolare la
disobbedienza a Dio che pure è re eterno sfocia in particolare nell’oppressione
del popolo e, ad un certo punto, nella dipendenza del popolo dallo straniero, adoratore degli
idoli e nemico del Dio di Israele. In tale contesto, dunque, il Regno c’è, ma non
si vede.
E allora il venire del Regno significa che Dio viene a mettere le cose a posto, viene a
mettere ordine, a sconfiggere i nemici, a punire i peccatori, a instaurare di fatto quel potere
sulla storia che era da sempre suo di diritto. Ed era questa anche l’attesa degli ebrei
devoti, che credevano e speravano in Dio, attesa che si trova in molti salmi e in molte altre
pagine della Bibbia, per esempio il salmo 9, 18: Tornino gli empi negli inferi, tutti i
popoli che dimenticano Dio. Cioè, la regalità di Dio spazzi via i nemici!
Ancora salmo 9: Hai minacciato le nazioni, hai sterminato l’empio! Quindi ti
dimostri veramente re! Il loro nome hai cancellato in eterno, per sempre! Hanno sfidato la tua
regalità e sono stati schiacciati. E termina dicendo, presentando la regalità di
Dio: Il Signore sta assiso in giudizio; erige per il giudizio il suo trono e da questo trono
come re giudica il mondo. Ancora un altro salmo, il salmo 102, dice così: Il Signore
si è affacciato dall’alto del suo santuario, dal cielo ha guardato la terra e che
cosa ha ascoltato? Il gemito del prigioniero, del suo popolo prigioniero. Quindi ha guardato la
terra per ascoltare il gemito del prigioniero, per liberare i condannati a morti, perché
sia annunziato in Sion il nome del Signore, la sua lode in Gerusalemme.
Segno di questa liberazione è appunto la libera proclamazione della gloria di Dio in
Sion e in Gerusalemme. Si attendeva, perciò, che Dio regnasse, condannando tutti i
nemici, distruggendo tutti i peccatori, eliminando tutti i malvagi, così che il popolo
potesse vivere tranquillo nella sua casa, nella sua terra, nella sua città di
Gerusalemme. Ma noi sappiamo che le cose non sono così semplici. Gesù nella sua
rivelazione progressiva del Regno, non rivela come un semplice giudizio di condanna e di
distruzione dei malvagi; anzi, a poco a poco, fa capire, in maniera anche un po’
enigmatica, che il regnare di Dio non significa che Dio voglia schiacciare i peccatori, ma che
Dio intende piuttosto perdonarli e salvarli. Questo è certamente un fatto nuovo e
perciò Gesù comincia con il prendere su di sé il male del mondo: questa
è la novità assoluta della rivelazione di Gesù. Già lo faceva
intuire Matteo, al capitolo ottavo, citando Isaia 53, là dove dice: Egli ha preso su
di sé le nostre infermità, s’è addossato le nostre malattie. Di
per sé immediatamente il brano si riferisce alle guarigioni di Gesù, però
con questa frase misteriosa – “se le è prese su di sé, se le è
addossate” - Gesù si rivela sempre più chiaramente come colui che assume su
di sé il peccato del mondo. E questo diventa sempre più chiaro nel percorso di
Gesù verso Gerusalemme, soprattutto come previsione della passione o con espressioni
come quelle che troviamo in Marco 10,45: Il Figlio dell’uomo non è venuto per
essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti. Così
egli chiarisce a poco a poco il senso di come egli intende l’esercizio della
regalità di Dio: non schiacciare i nemici, ma dare la sua vita per il perdono dei
nemici, per il riscatto di molti. E anche poi nella passione, con parole come quelle del
Getsemani: “Padre, non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu! E
anche con l’affermazione dopo la cattura nell’orto degli ulivi: Tutto questo
è avvenuto, perché si adempissero le Scritture dei profeti.
Gesù fa capire che questo - il suo prendere su di sé il male del mondo -
è il disegno nel quale si rivela la regalità di Dio. Gesù attua dunque il
Regno, anzitutto nella prima parte della sua vita, sconfiggendo le malattie, le
infermità, ma facendo intuire misteriosamente che egli vuole a un certo punto
assumersele. Le infermità e le malattie sono conseguenze e immagine del peccato;
Gesù perdona i peccati, ma soprattutto offre in debolezza, in povertà, in
infermità la sua vita per noi, nella morte in croce e risorge per darci la certezza del
perdono di Dio. Ecco dunque come il Regno si svela a poco a poco. Per cui il Regno non è
come una macchina già fatta che viene dall’alto e si instaura sulla terra; il
Regno è qualcosa che si manifesta progressivamente nella vita di Gesù. Possiamo
dire: è Gesù il Regno che viene, è lui! E in noi il Regno si attua qui
attraverso un processo, un processo di rigenerazione che parte dal cuore dell’uomo,
dall’interno dell’uomo, che ha inizio con la nascita - il Battesimo - che va verso
la crescita, verso la pienezza della manifestazione definitiva di Gesù nella nostra
umanità salvata. Dunque, il Regno lo incontriamo anzitutto in Gesù che è
il Regno per eccellenza. Il regno si attua nella sua vita, morte e risurrezione. Il Regno si
attua in tutta la sua vita, dall’annunciazione all’ascensione, si attua nella sua
morte, si attua nella sua risurrezione. E poi il Regno si attua gradualmente in tutti noi, in
tutti coloro che entrano negli atteggiamenti e nelle relazioni di Gesù, vivendo come lui
ha vissuto, offrendo la propria vita come lui l’ha offerta.
Perciò il Regno viene, non in astratto, ma nella misura in cui ciascuno di noi entra
nel progetto di Gesù e si fa in qualche modo uno con Gesù e instaura nella sua
vita le relazioni con i fratelli e le cose del mondo, secondo il mandato e l’esempio di
Gesù. E questo avviene non solo individualmente, ma collettivamente, anzitutto nella
chiesa visibile e poi in tutte quelle situazioni nelle quali si rivive e si mette in pratica
l’insegnamento e il modo di vivere di Gesù. L’insieme di coloro che vivono
così e che attuano il Regno diviene, secondo la parola di Gesù, sale della terra,
luce del mondo. E porta gli uomini a lodare il Padre che è nei cieli.
A questo punto possiamo anche comprendere perché il Regno nel Nuovo Testamento, al di
là dei sinottici, non viene più espresso con la sola formula, un po’
enigmatica “il Regno di Dio”, ma con molte altre formule, anche se queste formule
non citano espressamente il vocabolo “Regno”. Così formule come
“Cristo è risorto!”, “il Crocifisso è risorto”,
“Gesù è stato crocifisso per i nostri peccati ed è risorto per la
nostra giustificazione”, o formule come: “Io sono la via, la verità e la
vita”, oppure formule come quelle paoline: “Vivo io, ma non più io, Cristo
vive in me!”, sono formule brevi che esprimono la realtà del Regno. E di queste
formule è pieno il Nuovo Testamento! Sappiamo poi che vi sono formule anche più
lunghe, come – per esempio – l’inizio della lettera agli Efesini, ai
Colossesi, il capitolo 2 della lettera ai Filippesi, che descrivono i vari momenti della venuta
del Regno, esprimendo appunto la “carriera” di Gesù, il suo venire dal
Padre, nell’umiltà della passione, della morte, del suo risorgere, della gloria,
del riversare il suo Spirito nella chiesa. Tutto questo è il Regno di Dio che sta
venendo in pienezza.
Iniziazione cristiana e teologia fondamentale
In principio era il Verbo
Dante a settecento anni dal viaggio della
“Commedia
Per altri articoli e studi del card.Carlo Maria Martini o sulla Bibbia presenti su questo sito, vedi la pagina Sacra Scrittura (Antico e Nuovo Testamento) nella sezione Percorsi tematici