La Tragicità ed il mistero del male che appare umanamente irredimibile. Contro l’ottimismo moralistico di Tolstoj (da Vladimir Soloviev)
Il principe:
Ho detto soltanto che un uomo ripieno dello spirito evangelico troverebbe in questa circostanza come in ogni altra la possibilità di risvegliare nelle anime ottenebrate quel bene che si nasconde nell’intimo di ogni creatura umana.
Il Signor Z.:
Realmente voi la pensate così?
Il principe:
Senza il minimo dubbio.
Il Signor Z.:
Be’, e voi credete che Cristo fosse sufficientemente penetrato del vero spirito evangelico oppure no?
Il principe:
Che razza di domanda è questa?
Il Signor Z.:
Ecco quello che vorrei sapere: perché mai Cristo non ha usato la forza dello spirito evangelico per risvegliare il bene nascosto nell’anima di Giuda, di Erode, dei sommi sacerdoti ebrei e infine di quel cattivo ladrone del quale di solito ci si dimentica del tutto, quando si parla del suo compagno buono? E qui non c’è nessuna difficoltà insormontabile dal punto di vista positivo cristiano. Il fatto è che di due cose voi dovete assolutamente sacrificarne una: o la vostra abitudine di riferirvi a Cristo e al Vangelo come alla più alta autorità o il vostro ottimismo morale. Perché la terza strada percorsa abbastanza di frequente, cioè la negazione del fatto evangelico stesso come un’invenzione assai tardiva o come spiegazione “dei preti”, nel caso presente vi è completamente preclusa. Per quanto voi cerchiate di svisare e di mutilare ai vostri scopi il testo dei quattro Vangeli, quello che importa in esso per la nostra discussione rimane tuttavia incontestabile, e precisamente che Cristo ha subito una crudele persecuzione e la condanna a morte a motivo dell’odio che gli portavano i suoi nemici. Che Egli sia rimasto al di sopra di tutto ciò, che non abbia voluto resistere e abbia perdonato ai suoi nemici, è ugualmente comprensibile e dal mio e dal vostro punto di vista. Ma perché mai, perdonando ai suoi nemici, non ha (esprimendomi con le vostre parole) liberato le loro anime dalle terribili tenebre in cui giacevano? Perché non ha vinto la loro malvagità con la forza della sua dolcezza? Perché non ha risvegliato il bene che dormiva in loro, perché non ha illuminato e rigenerato il loro spirito? In una parola perché non ha agito su Giuda, su Erode e sui sommi sacerdoti giudei, come ha agito sul solo buon ladrone? Di bel nuovo dunque: o Egli non poteva o non voleva. In entrambi i casi, stando alla vostra opinione, ne scaturisce che Egli non era sufficientemente compenetrato dal vero spirito evangelico e poiché se non erro, stiamo parlando del Vangelo di Cristo e non di un altro qualsiasi, secondo le vostre parole, ne risulta che Cristo non era sufficientemente compenetrato dello spirito cristiano, per la qual cosa vi porgo le mie congratulazioni.
(da Vladimir Soloviev, I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo, Primo dialogo,
Marietti, 2007, pp. 41-42)
Ho detto soltanto che un uomo ripieno dello spirito evangelico troverebbe in questa circostanza come in ogni altra la possibilità di risvegliare nelle anime ottenebrate quel bene che si nasconde nell’intimo di ogni creatura umana.
Il Signor Z.:
Realmente voi la pensate così?
Il principe:
Senza il minimo dubbio.
Il Signor Z.:
Be’, e voi credete che Cristo fosse sufficientemente penetrato del vero spirito evangelico oppure no?
Il principe:
Che razza di domanda è questa?
Il Signor Z.:
Ecco quello che vorrei sapere: perché mai Cristo non ha usato la forza dello spirito evangelico per risvegliare il bene nascosto nell’anima di Giuda, di Erode, dei sommi sacerdoti ebrei e infine di quel cattivo ladrone del quale di solito ci si dimentica del tutto, quando si parla del suo compagno buono? E qui non c’è nessuna difficoltà insormontabile dal punto di vista positivo cristiano. Il fatto è che di due cose voi dovete assolutamente sacrificarne una: o la vostra abitudine di riferirvi a Cristo e al Vangelo come alla più alta autorità o il vostro ottimismo morale. Perché la terza strada percorsa abbastanza di frequente, cioè la negazione del fatto evangelico stesso come un’invenzione assai tardiva o come spiegazione “dei preti”, nel caso presente vi è completamente preclusa. Per quanto voi cerchiate di svisare e di mutilare ai vostri scopi il testo dei quattro Vangeli, quello che importa in esso per la nostra discussione rimane tuttavia incontestabile, e precisamente che Cristo ha subito una crudele persecuzione e la condanna a morte a motivo dell’odio che gli portavano i suoi nemici. Che Egli sia rimasto al di sopra di tutto ciò, che non abbia voluto resistere e abbia perdonato ai suoi nemici, è ugualmente comprensibile e dal mio e dal vostro punto di vista. Ma perché mai, perdonando ai suoi nemici, non ha (esprimendomi con le vostre parole) liberato le loro anime dalle terribili tenebre in cui giacevano? Perché non ha vinto la loro malvagità con la forza della sua dolcezza? Perché non ha risvegliato il bene che dormiva in loro, perché non ha illuminato e rigenerato il loro spirito? In una parola perché non ha agito su Giuda, su Erode e sui sommi sacerdoti giudei, come ha agito sul solo buon ladrone? Di bel nuovo dunque: o Egli non poteva o non voleva. In entrambi i casi, stando alla vostra opinione, ne scaturisce che Egli non era sufficientemente compenetrato dal vero spirito evangelico e poiché se non erro, stiamo parlando del Vangelo di Cristo e non di un altro qualsiasi, secondo le vostre parole, ne risulta che Cristo non era sufficientemente compenetrato dello spirito cristiano, per la qual cosa vi porgo le mie congratulazioni.
(da Vladimir Soloviev, I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo, Primo dialogo,
Marietti, 2007, pp. 41-42)