Aver trovato la vera vita (da J. Ratzinger-Benedetto XVI)
da J. Ratzinger-Benedetto XVI, Gesù di Nazaret. Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla resurrezione, LEV, Città del Vaticano, 2011, pp. 98-99
I primi cristiani si sono chiamati semplicemente «i viventi» (hoi zōntes). Essi avevano trovato ciò che tutti cercano: la vita stessa, la vita piena e perciò indistruttibile.
Ma come si può giungere a ciò? La Preghiera sacerdotale dà una risposta forse sorprendente, ma nel contesto del pensiero biblico già preparata: la «vita eterna» l’uomo la trova mediante la «conoscenza» - presupponendo con ciò il concetto veterotestamentario di «conoscere», secondo cui conoscere crea comunione, è un essere tutt’uno con il conosciuto. Ma naturalmente non qualunque conoscenza è la chiave della vita, bensì il fatto «che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo» (17,3). Questa è una specie di formula sintetica della fede, nella quale appare il contenuto essenziale della decisione di essere cristiani – la conoscenza donata a noi dalla fede. Il cristiano non crede una molteplicità di cose. Crede, in fondo, semplicemente in Dio, crede che esiste solo un unico vero Dio.
Questo Dio, però, gli si rende accessibile in Colui che Egli ha mandato, Gesù Cristo: nell’incontro con Lui avviene quella conoscenza di Dio che diventa comunione e con ciò diventa «vita». Nella formula duplicata - «Dio e colui che ha mandato» - si può sentire l’eco di ciò che ricorre molte volte soprattutto negli oracoli del Signore presenti nel Libro dell’Esodo: devono credere in «me» - in Dio – e in Mosè, il suo inviato. Dio mostra il suo volto nell’inviato – in definitiva nel Figlio suo.