La sorpresa del vangelo nelle parabole del tesoro e della perla: cercare e non cercare (da E. Biemmi)
da E. Biemmi, Il secondo annuncio. La grazia di ricominciare, EDB, Bologna, 2011, pp. 88-90
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo;
un uomo lo trova e lo nasconde,
poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante
che va in cerca di perle preziose;
trovata una perla di grande valore,
va, vende tutti i suoi averi e la compra». (Mt 13,44-46)
Queste due brevi parabole sono un regalo speciale di Matteo. Gli altri evangelisti non ne parlano. Sono due racconti pieni di sorpresa, pervasi da stupore, sconvolgenti, nel senso che scombinano due vite e le portano a riformularsi totalmente. Sono due parabole gemelle, costruite in parallelo. Nel loro accostamento balzano all'occhio due aspetti evidenti:
A leggerle d'un fiato, l'accento cade per entrambe sull'ultima espressione: «Va, vende tutti i suoi averi e compra...». Il «vendere tutto» sembra dunque essere l'obiettivo della parabola, la sua «morale». La catechesi e le omelie hanno buon gioco a far leva su questa constatazione. Per il Signore, si dice, bisogna lasciare tutto; la fede cristiana esige la radicalità della risposta; Dio deve essere sempre al primo posto ecc. L'interpretazione morale delle parabole è legittima e non c'è da dubitare che fosse anche nelle intenzioni dell’evangelista. Ma la seconda parte (la reazione dei personaggi) poggia tutta sulla prima (la scoperta di un bene prezioso e inaspettato). Il perno delle parabole è l'immagine del tesoro e della perla. È questa scoperta che porta i protagonisti a una totale disappropriazione per una nuova riappropriazione.
La seconda cosa da notare è che la sola differenza fra le due è su questo punto: uno non cerca, e si imbatte nel tesoro; l'altro cerca, e si imbatte in una perla superiore a ogni sua attesa. Matteo sembra mettere in scena le due possibilità rispetto alla fede: quella di chi cerca e quella di chi non cerca affatto. Il regno di Dio raggiunge entrambe le situazioni. Non è la ricerca, quindi, la condizione della scoperta. Questa è sempre dovuta «a un colpo di fortuna» o di grazia.
Queste due osservazioni ci permettono di pensare il secondo annuncio evitando due rischi e prendendo una direzione molto concreta.
Il primo rischio è la riduzione del vangelo a una morale. È il peggior servizio che possiamo fare alla fede cristiana. La «buona notizia» diventa così l’invito a un «buon comportamento». Il secondo annuncio ha a che fare con questo problema: molti cristiani infatti vivono la fede come una limitazione, riducendola a un peso da portare. La fede diventa allora prevalentemente una rinuncia alla propria pienezza di vita. Dietro si installa un'immagine di un Dio esigente, geloso della nostra felicità, un Dio che ci tarpa le ali e che ci vuole un po' meno felici degli altri. Questa sensazione è molto diffusa e toglie ogni gioia alla fede. Il motivo? Semplice: delle due parabolette è rimasta solo la seconda parte, quella dell'impegno. Si è persa la sorpresa della scoperta, la percezione della grande fortuna avuta. Il tesoro ha perso il suo valore e la perla la sua brillantezza. Il secondo annuncio recupera la sorpresa del dono per rimotivare la radicalità della risposta. Mette in contatto con la gratuità e con l'eccedenza della grazia per rendere gioioso il proprio impegno.
Il secondo rischio riguarda uno dei ritornelli dei nostri ambienti ecclesiali: se questi ragazzi (o giovani, o adulti) non cercano niente, se non sono interessati, se sono superficiali... non c'è niente da fare. Invece Matteo ci fa capire una cosa fondamentale: che la grazia di Dio precede ogni ricerca. Propriamente parlando, la fede cristiana non è né dell'ordine della risposta a domande che spesso la gente non si pone, né dell'ordine della ricerca basata sulle domande che le persone avrebbero dentro di sé o che si tratterebbe di suscitare, ma di quello della sorpresa. Ha un carattere di eccedenza, un «di più» gratis che coglie di sorpresa sia chi cerca, sia chi non cerca. Il regno di Dio è per tutti, che si cerchi o che non si cerchi, e per tutti è sempre un dono.
Evitati i due rischi, va presa la direzione concreta giusta. La scoperta del tesoro e della perla, il dono sproporzionato e non condizionato di Dio, avviene dentro la vita quotidiana, in questo caso il lavoro: uno è un contadino, l'altro è un mercante. È come dire che il vangelo viene incontro all'uomo nella concretezza della sua vita e della sua storia, nelle nostre vicende umane e nelle pieghe della nostra esistenza. Il secondo annuncio mostra la sua pertinenza se diventa annuncio buono per la vita.