I Figli ci guardano: chiedono della speranza (da Franco Nembrini)
Un pomeriggio me ne stavo tranquillamente in casa con il mio primo figlio Stefano, che poteva avere 4 o 5 anni, correggendo i temi come ogni insegnante di italiano ed ero talmente assorto nel mio lavoro che non avevo notato che Stefano si era avvicinato al mio tavolo e in silenzio mi stava guardando. Non chiedeva nulla di particolare, non aveva bisogno di nulla, solo osservava suo padre al lavoro. Ricordo che quel giorno, nell’incrociare lo sguardo di mio figlio, mi folgorò questa impressione: che lo sguardo di mio figlio contenesse una domanda assolutamente radicale, inevitabile, cui non potevo non rispondere. Era come se guardandomi chiedesse: papà assicurami che valeva la pena venire al mondo.
Questa, mi sono detto, è la domanda dell’educazione e da quel momento non ho più potuto neanche entrare in classe e incrociare lo sguardo dei miei alunni e non sentirmi rivolta questa domanda: quale speranza ti sostiene? Perché di questo io ho bisogno per dare credito ai tuoi suggerimenti, al tuo insegnamento, persino alle cose che mi dici di studiare. Ti posso dare credito solo per una grande speranza presente.
[b] (dalla relazione di Franco Nembrini al convegno della diocesi di Roma, 11 giugno 2007) [/b]
Questa, mi sono detto, è la domanda dell’educazione e da quel momento non ho più potuto neanche entrare in classe e incrociare lo sguardo dei miei alunni e non sentirmi rivolta questa domanda: quale speranza ti sostiene? Perché di questo io ho bisogno per dare credito ai tuoi suggerimenti, al tuo insegnamento, persino alle cose che mi dici di studiare. Ti posso dare credito solo per una grande speranza presente.
[b] (dalla relazione di Franco Nembrini al convegno della diocesi di Roma, 11 giugno 2007) [/b]