Fede adulta (da Roberto Vignolo)
(Nel vangelo di Gv) nel momento in cui Gesù è sulla croce, trafitto al costato, ormai morto, improvvisamente il narratore parla direttamente al lettore. È un appello inconsueto in un’opera narrativa antica, e prima d’ora mai l’evangelista si era rivolto direttamente al lettore lungo lo svolgimento del racconto. Giovanni vede uscire dal costato di Gesù sangue ed acqua e da ciò scaturisce la testimonianza per indurre alla fede in questa rivelazione/vita divina, quasi a prolungare il flusso misterioso e rivelatore della vita divina diffusa dalla morte di Gesù: «E chi ha visto ha reso testimonianza e la sua testimonianza è vera e sa di dire il vero, perché anche voi crediate» (19,35).
Chi sono questi «voi»? Noi ameremmo conoscere con maggior precisione il volto dei destinatari del quarto vangelo. Certamente è il volto di qualcuno che vive in un contesto culturale-religioso misto, cioè alle prese con la cultura ellenistica e con un’esperienza sofferta in rapporto al giudaismo di origine. Per come si riesce a ricostruirlo dall’ultima fase redazionale, si ritiene che il vangelo di Gv fosse destinato ad una comunità giudeo-ellenistica che sentiva lo strappo dalla sinagoga in modo molto doloroso. C’è una parola creata proprio dal quarto evangelista che testimonia tale probabilissima origine: aposynagogòs (cioè “scacciato/scomunicato dalla sinagoga”). Essa si trova, ad esempio, al cap. 9: «I giudei avevano già stabilito che se uno lo [Gesù] avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga» (9,22), ed infatti il cieco nato confessa Gesù e viene cacciato fuori dalla sinagoga (cfr. 9,34); in 12,42 si ricorda la decisione dei farisei di scacciare chi confessa Gesù come “Cristo”; poi di nuovo Gesù predice: «Vi cacceranno dalle sinagoghe» (16,2).
Il vangelo di Gv scaturisce da una fede sofferta, che necessita una confessione costosa, poiché richiede di dividersi da qualche cosa che appartiene alle proprie origini. È una fede di Israele che viene diversamente interpretata alla luce della verità stessa che si è incarnata in Gesù. Il vangelo di Gv è orientato a sostenere una fede “adulta”, ossia una fede matura, piena. Si tratta, cioè, di una fede che giunge non soltanto ad accogliere la testimonianza, ma a riprodurla. La fede piena non è quella che si pensa nel proprio intimo, che Dio solo vede, ed in ragione della quale Egli sicuramente salverà... La fede piena, come la intende Gv, va dall’accoglienza intima e profonda del Verbo alla testimonianza pubblica, esplicita e consapevole del Verbo stesso. Ecco allora il senso della bella finale del vangelo, il quale parla di sé come di un libro scritto «perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio».
(dalla conferenza di Roberto Vignolo, organizzata dall’Azione Cattolica di Carpi, dal titolo: Cercare Gesù, forma del vangelo, disponibile on-line sul sito dell'AC di Carpi)
Chi sono questi «voi»? Noi ameremmo conoscere con maggior precisione il volto dei destinatari del quarto vangelo. Certamente è il volto di qualcuno che vive in un contesto culturale-religioso misto, cioè alle prese con la cultura ellenistica e con un’esperienza sofferta in rapporto al giudaismo di origine. Per come si riesce a ricostruirlo dall’ultima fase redazionale, si ritiene che il vangelo di Gv fosse destinato ad una comunità giudeo-ellenistica che sentiva lo strappo dalla sinagoga in modo molto doloroso. C’è una parola creata proprio dal quarto evangelista che testimonia tale probabilissima origine: aposynagogòs (cioè “scacciato/scomunicato dalla sinagoga”). Essa si trova, ad esempio, al cap. 9: «I giudei avevano già stabilito che se uno lo [Gesù] avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga» (9,22), ed infatti il cieco nato confessa Gesù e viene cacciato fuori dalla sinagoga (cfr. 9,34); in 12,42 si ricorda la decisione dei farisei di scacciare chi confessa Gesù come “Cristo”; poi di nuovo Gesù predice: «Vi cacceranno dalle sinagoghe» (16,2).
Il vangelo di Gv scaturisce da una fede sofferta, che necessita una confessione costosa, poiché richiede di dividersi da qualche cosa che appartiene alle proprie origini. È una fede di Israele che viene diversamente interpretata alla luce della verità stessa che si è incarnata in Gesù. Il vangelo di Gv è orientato a sostenere una fede “adulta”, ossia una fede matura, piena. Si tratta, cioè, di una fede che giunge non soltanto ad accogliere la testimonianza, ma a riprodurla. La fede piena non è quella che si pensa nel proprio intimo, che Dio solo vede, ed in ragione della quale Egli sicuramente salverà... La fede piena, come la intende Gv, va dall’accoglienza intima e profonda del Verbo alla testimonianza pubblica, esplicita e consapevole del Verbo stesso. Ecco allora il senso della bella finale del vangelo, il quale parla di sé come di un libro scritto «perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio».
(dalla conferenza di Roberto Vignolo, organizzata dall’Azione Cattolica di Carpi, dal titolo: Cercare Gesù, forma del vangelo, disponibile on-line sul sito dell'AC di Carpi)