Beviamo la carità (da S. Agostino)
dal "Trattato sulla prima lettera di san Giovanni" di sant'Agostino, vescovo (VII, 1. 7. 9; PL 35, 2029. 2032. 2033. 2034)
Se non vogliamo morire assetati in questo deserto, beviamo la carità. È la sorgente che il Signore volle far sgorgare quaggiù [nel simbolo dell’acqua dalla roccia nel cammino dell’Esodo], perché non venissimo meno lungo la strada: ad essa attingeremo con maggiore abbondanza, quando saremo giunti alla patria. "In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi" (1 Gv 4, 9). Siamo esortati ad amare Dio. Lo potremmo amare, se egli non ci avesse amati per primo? Se fummo pigri nell'intraprendere l'amore, non siamo pigri nel ricambiare l'amore! Egli ci ha amato per primo e in un modo tale come neppure noi sappiamo amare noi stessi. Amò dei peccatori, ma tolse il loro peccato: sì, amò dei peccatori, ma non li radunò in una comunità di peccato. Amò degli ammalati, ma li visitò per guarirli. [...] Però, fratelli miei, quando parliamo di carità vicendevole dobbiamo guardarci dall'identificarla con la pusillanimità o con un'inerte passività. Avere la carità non significa certo essere imbelli e corrivi. Non pensate che la carità possa esistere senza una certa bontà o addirittura senza alcuna bontà. La carità autentica non è certo questo. Non credere di amare il tuo domestico unicamente per il fatto che gli risparmi la meritata punizione, o che vuoi bene a tuo figlio solo perché lo lasci in balia di se stesso, o che porti amore al prossimo solo perché non gli fai nessuna correzione. Questa non è carità, ma mollezza. La carità è una forza che sollecita a correggere ed elevare gli altri. La carità si diletta della buona condotta e si sforza di emendare quella cattiva. Non amare l'errore, ma l'uomo. L'uomo è da Dio, l'errore dall'uomo. Ama ciò che ha fatto Dio, non ciò che ha fatto l'uomo. Se ami veramente l'uomo lo correggi.