Israele o Palestina? Una terra com-promessa (da Shafique Keshavjee)
da Shafique Keshavjee, Il Re, il Saggio e il Buffone, Torino 1998, pp. 134-135
Lo sceicco, sentendo il rabbino parlare della terra di Israele, si irrigidì sulla sua poltrona.
- Ebrei e musulmani - intervenne allora nel dibattito, con tono emozionato - potrebbero capirsi meglio se i diversi "sionismi" politici e religiosi cessassero di avvelenare i nostri rapporti. Gerusalemme é una città santa anche per noi musulmani, e il martirio del popolo palestinese é durato già troppo a lungo. È un'usanza diffusa oggi denunciare i criminali che rubano e uccidono in nome dell'islam. Ma perché non si condannano con pari energia quegli ebrei che fanno altrettanto e che, in nome della Bibbia, continuano a tenere in schiavitù un intero popolo?
Per una frazione di secondo un odio violento brillò negli occhi del rabbino, ma scomparve subito, grazie a uno sforzo di autocontrollo. Come se una ferita ancora aperta fosse stata toccata e poi rapidamente nascosta.
- La questione palestinese e il problema dei "sionismi" sono argomenti spinosi. Fin dalle promesse fatte da Abramo, da Isacco e da Giacobbe, gli ebrei si sono sempre sentiti legati, con il cuore e con l'animo, a questa terra. Rashi ha anche detto: "Un ebreo fuori dalla Terra Santa é come se non avesse Dio". Provi a immaginare che l'Arabia Saudita venga un giorno conquistata dai nemici dell'islam. Lei pensa sinceramente che dopo, diciamo, duemila anni di occupazione, i musulmani potrebbero dimenticarla e non cercherebbero, con tutto il loro cuore, di tornarvi? E questo anche se certi sufi li invitassero continuamente a "spiritualizzare" la Mecca e la Ka'ba.
Lo sceicco rimase pensieroso.
- Per i palestinesi, - proseguì il rabbino, - gli ebrei sono una "spina". La nostra venuta in gran numero, da un secolo a questa parte, li ha destabilizzati. La terra che considerano come loro gli é stata strappata dalle mani, spesso con una violenza ingiustificata. Ma, allo stesso modo, i palestinesi sono una "spina" per gli ebrei. Nel Libro dei Giudici é scritto: ‹‹L'ira del Signore si accese contro Israele e il Signore disse: "Poiché questa nazione ha violato l'alleanza che avevo stabilito con i loro padri e non ha obbedito alla mia voce, nemmeno io caccerò più dinanzi a loro nessuno dei popoli che Giosuè lasciò quando morì. Così, per mezzo loro, metterò alla prova Israele, per vedere se cammineranno o no sulla via del Signore, come fecero i loro padri"›› (2, 20-22). Dio avrebbe potuto "far sloggiare" e "sistemare altrove" quei primi occupanti. Non l'ha fatto. Sono divenuti "spine" (Giosuè 23, 13) volute da Dio stesso affinché il popolo di Israele non divenisse idolatra adorando il proprio paese, il proprio potere militare, i propri diritti... La Terra non appartiene né agli ebrei né ai palestinesi, ma soltanto a Dio, che la presta a chi vuole. "La terra é mia e voi siete presso di me come forestieri e inquilini" (Levitico 25, 23). In uno dei nostri salmi si afferma: "Gli umili possiederanno la terra e godranno di una grande pace" (37, 11). Nel vostro Corano questo viene ripreso, là dove si dice: "E già abbiamo scritto nei salmi, dopo che venne il Monito, che i miei servi giusti erediteranno la terra" (21, 105). E nel Vangelo dei cristiani Gesù ha insegnato: "Beati i miti perché erediteranno la terra" (Mt 5,5). Dio presta la terra a chi vuole. Questo significa: agli umili, ai giusti e ai miti. E se questi inquilini cesseranno di essere tali, che Dio vegli affinché "il paese vomiti i suoi abitanti" (Levitico 18, 25); tanto gli ebrei quanto i palestinesi. Siamo dunque tutti condannati alla giustizia.