Esegesi storica e spirituale in Origene (da Manlio Simonetti)
da Manlio Simonetti, Il Vangelo e la storia. Il cristianesimo antico (secoli I-IV), Carocci, Roma, 2010, pp. 159-161
La riflessione di Origene si estese a tutti i campi della letteratura cristiana e, per conseguenza, investì tutti gli aspetti della vita cristiana di allora. In primo luogo va rilevata, soprattutto quanto all’esegesi scritturistica, una esigenza di rigore filologico fino allora sconosciuta alle lettere cristiane, anche a Clemente, e che derivava a Origene recta via dalla tradizione grammaticale alessandrina. Essa si esercitò soprattutto sulla critica testuale, richiamando l’attenzione sull’opportunità di fondare l’ermeneutica del testo biblico su un preciso accertamento della sua retta lezione mediante il confronto di diversi esemplari.
Esito insigne ne furono gli Hexapla, un’armonia veterotestamentaria che affrontava tra loro il testo ebraico e varie traduzioni greche, tra cui quella dei LXX, di uso ufficiale nella Chiesa, da lui fornita di segni diacritici che indicavano le discrepanze maggiori rispetto al testo ebraico. Ne fu fatto un solo esemplare integrale, conservato nella biblioteca di Cesarea, ma anche svariate copie parziali. Ce ne sono giunti soltanto frammenti.
Rileviamo ancora la dimensione quantitativa di questa attività esegetica, soprattutto per quanto attiene ai commentari. Fino allora, a nostra conoscenza, c’erano state le essenziali, ancorché raffinate, glosse dello gnostico Eracleone sul Vangelo di Giovanni e i più comprensivi ma, in complesso, brevi commentari di Ippolito [...].
Ora con Origene si passa a commentari di inusitata lunghezza (33 libri per il Vangelo di Giovanni, 12 per i primi quattro capitoli della Genesi, 10 per il Cantico), in cui interi libri biblici o buona parte di essi era fatta oggetto di un’analisi minuziosa, che non temeva la lunghezza a patto di affrontare sotto ogni aspetto l’interpretazione del testo.
La fondamentale distinzione dei due livelli dell’interpretazione letterale e spirituale riposa sulla convinzione, che era già stata di Filone e Clemente, che la Scrittura nasconde il suo più autentico significato sotto il velo della lettera, per distogliere da un approccio superficiale e invitare invece l’esegeta a cercare, al di là del senso storico o comunque superficiale del testo biblico, del quale si accontentava il giudeo tradizionalista e il cristiano poco impegnato, il significato più profondo della parola divina: in quanto tale, essa è inesauribile e offre questa sua ricchezza di significato alle capacità di chi la sa scrutare con dedizione non soltanto intellettuale ma anche ascetica.
Ne consegue che ogni passo della Scrittura, al di là del significato letterale, si presta a diverse interpretazioni spirituali che, senza escludersi una con l’altra, mettono in luce aspetti diversi di quella inesauribile ricchezza.
In sostanza, la distinzione teorica in tre livelli di lettura, letterale, spirituale e morale, ha soltanto la finalità pratica di mettere ordine in una molteplicità di procedimenti interpretativi già tradizionali: al di là del significato letterale, incontriamo la tipologia di lontana ascendenza paolina che ravvisava in fatti e figure dell’AT il typos di fatti e figure del nuovo, le interpretazioni psicologica e cosmologica d’ascendenza filoniana, che riportavano la lettera del testo biblico a significare eventi cosmici e vicende intime dell’uomo in cerca di Dio, e ancora interpretazioni che mettono in rapporto le realtà della terra con quelle del cielo, le realtà del mondo presente con quelle del mondo a venire.
La tecnica dell’allegoria, che Origene è consapevole di partecipare con l’esegesi filosofica dei miti pagani, viene da lui messa a frutto in quanto strumento di per sé neutro, che può essere applicato ai testi più diversi. Praticata con correttezza, cioè rispettando certe esigenze del senso letterale, essa permette di mettere in luce, contro gnostici e marcioniti, il significato cristiano dell’AT, anticipato e prefigurato, sotto forma di profezie e simboli, nel significato letterale riferito alla storia d’Israele e destinato a realizzarsi nel NT; invece, nell’esegesi dei testi neotestamentari Origene, al di là della lettera, ricerca il significato spirituale dei fatti terreni di Cristo e mette in luce con opportuni confronti interni il significato più profondo delle lettere di Paolo.
In sostanza, tutti i procedimenti esegetici messi in opera da Origene erano stati già praticati prima di lui: ora però vengono strutturati in una prassi esegetica organica e unitaria, applicati con sistematicità prima sconosciuta, supportati da un’interpretazione letterale riposante su una critica del testo decisamente innovativa, in definitiva semplificati nella opzione totalizzante di due livelli di lettura, letterale e spirituale, estesi platonicamente a tutto il testo scritturistico.
Ne furono temi essenziali quello cristologico ed ecclesiale, al fine di ricercare Cristo nella lettera dell’AT e di approfondire il significato della vita della chiesa nella lettera del NT, e quello psicologico individuale, che piegava la lettura di ambedue i testamenti a significare il rapporto personale che il Logos, al di là della mediazione della chiesa, intrattiene con ognuno dei suoi fedeli per spronarli e guidarli a progredire nella ricerca della perfezione cristiana, lungo un itinerario complesso e difficile. È in questo ultimo ambito che Origene ha messo in rilievo alcune immagini destinate a fondare la successiva mistica cristiana: le mistiche nozze, la ferita d’amore, i sensi spirituali.