Uno solo è importante per il buon pastore (da Pia Compagnoni)
da Pia Compagnoni, Il paese dello splendore, IPL, Milano, 1987, pp. 33 e 36
«Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta» (Lc 15,1-7 e Mt 18,12-14).
In Luca questa parabola è la prima del trittico della misericordia che Gesù ha narrato. Il terzo evangelista che ha conservato il contesto migliore e anche le espressioni più vive e originali fin dalla formula introduttiva, insiste sull'importanza che Dio attribuisce all'uno, anche a uno solo, fosse pure il più piccolo. Tutto questo contrasta con l'immagine pagana di Dio che pensa al mondo, ma non perde mai la testa per uno solo.
P. Carlo Maria Martini dice che questo è il «marchio di fabbrica» del Dio del vangelo: uno, uno solo è sufficiente a giustificare tutta la cura, l'attenzione, la gioia di Dio. […]
In Terra Santa è più facile capire queste pagine. […]
Una sola porta, bassa e stretta, permette alle pecore di entrare, a una a una, per essere più facilmente contate dal pastore. Ma i pastori beduini non sanno contare, come faremmo noi, sottolineando il valore del numero. I pastori le conoscono per nome, cioè conoscono di ogni pecora una particolarità, tanto che il nome da comune diventa singolarissimo (Gv 20,16).