Concilio Vaticano II, il contributo decisivo di Paolo VI (da Pier Luigi Ferrari)

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 07 /06 /2007 - 19:21 pm | Permalink | Homepage
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E’ universalmente riconosciuto quanto sia stato decisivo l’apporto del nuovo pontefice per la prosecuzione del concilio e per una chiarificazione delle sue finalità, divenuta imprescindibile dopo la prima sessione, con il grande merito di aver tradotto in preciso linguaggio teologico l’intuizione stupenda, ma alquanto generica, di Giovanni XXIII. Già in una lettera del 18 ottobre 1962, l’allora Arcivescovo di Milano, rivolgendosi al Segretario di Stato, denunciava la mancanza di un “disegno organico” nella condizione del concilio e aggiungeva:

Il materiale preparato sembra non assumere architettura armonica e unitaria e non assurgere al fastigio di faro sul tempo e sul mondo (la lettera è riportata in Giovanni Battista Montini Arcivescovo di Milano e il Concilio Vaticano II, Istituto Paolo VI, Brescia 1985). Nella lettera il card. Montini presentava anche il suo progetto: il concilio doveva essere polarizzato intorno ad un solo tema: la santa chiesa […], con un pensiero a Gesù Cristo […], principio della chiesa, che ne è l’emanazione e la continuazione. Proponeva infine un’articolazione tripartita: il mistero della chiesa, la missione della chiesa, il rapporto della chiesa con il mondo (Ibid.).
Nel discorso di apertura della seconda sessione, il Papa riprese l’istanza già avanzata del suo predecessore – quella di una armonizzazione tra i contenuti di sempre con elementi nuovi e linguaggi più coerenti alla mutata situazione storica della chiesa – aggiungendo la precisa volontà di dare al concilio un orientamento ‘ecclesiologico’ e al tempo stesso ‘cristocentrico’: si trattava di dare fondamento al compito ‘pastorale’ della chiesa, ancorandolo sulla figura e sull’insegnamento di Cristo pastore. Tutto ciò si può leggere meravigliosamente riassunto in un passaggio del discorso di apertura della terza sessione del concilio:

La chiesa vuole finalmente contemplare se stessa, o meglio vuole ricercarsi nella mente di Cristo, suo divino Fondatore […], e rendersi ancor meglio idonea all’opera di salvezza per cui è stata istituita. […] Tra lui e il mondo ella si pone, non paga di sé, non diaframma opaco, non fine a se stessa, ma fervidamente sollecitata d’essere tutta di Cristo, in Cristo e per Cristo e tutta degli uomini, fra gli uomini e per gli uomini.

E’ questo uno dei forti stimoli impressi da Paolo VI ai lavori e all’orientamento del concilio: la chiesa di Cristo non deve mai perdere di vista il suo compito principale, quello di amare il mondo con le viscere stesse di Dio e di parlare al mondo con le parole stesse di Dio. Con questa centratura ecclesiologica e cristocentrica il concilio fu anche squisitamente ‘pastorale’ e in ciò consiste la sua dimensione più innovativa, frutto dell’impronta datagli da Paolo VI.
(da Pier Luigi Ferrari, La Dei Verbum, Queriniana, Brescia, 2005, pp.30-32)