Insegnante che mette del suo (da Elias Canetti)
da Elias Canetti, La lingua salvata, Adelphi, Milano, 2007, p. 202
In quel periodo ho assorbito moltissimo dalla scuola, come in seguito mi sarebbe successo soltanto con i libri. Ogni cosa che ho imparato dalla viva voce degli insegnanti ha conservato la fisionomia di colui che me l'ha spiegata e nel ricordo è rimasta legata alla sua immagine.
Ma anche gli insegnanti dai quali non imparavo nulla - ammesso che ce ne fossero - suscitavano in me una grande impressione per la loro personalità, per la singolarità della loro figura, per il loro modo di muoversi e di parlare, ma soprattutto per la simpatia o l'antipatia che avevano per noi e che in noi suscitavano. In diverse gradazioni e sfumature possedevano tutti il dono della gentilezza e del calore umano, non ricordo uno solo dei miei insegnanti che non si sforzasse almeno di essere giusto. Non tutti però riuscivano a esserlo abbastanza da nascondere perfettamente la benevolenza o l'antipatia che provavano per noi.
A ciò si aggiungeva il fatto che le risorse interiori, la pazienza, la sensibilità, le aspettative riposte nel lavoro che svolgevano variavano moltissimo da persona a persona. Quanto a Eugen Müller [l’insegnante di storia], la sua stessa materia lo obbligava a un grande entusiasmo e talento narrativo, ma egli vi aggiungeva qualcosa di suo, che andava ben oltre tale necessità. Così fin dal primo momento fui conquistato da Müller e in base alle sue lezioni contavo i giorni della settimana.
In quel periodo ho assorbito moltissimo dalla scuola, come in seguito mi sarebbe successo soltanto con i libri. Ogni cosa che ho imparato dalla viva voce degli insegnanti ha conservato la fisionomia di colui che me l'ha spiegata e nel ricordo è rimasta legata alla sua immagine.
Ma anche gli insegnanti dai quali non imparavo nulla - ammesso che ce ne fossero - suscitavano in me una grande impressione per la loro personalità, per la singolarità della loro figura, per il loro modo di muoversi e di parlare, ma soprattutto per la simpatia o l'antipatia che avevano per noi e che in noi suscitavano. In diverse gradazioni e sfumature possedevano tutti il dono della gentilezza e del calore umano, non ricordo uno solo dei miei insegnanti che non si sforzasse almeno di essere giusto. Non tutti però riuscivano a esserlo abbastanza da nascondere perfettamente la benevolenza o l'antipatia che provavano per noi.
A ciò si aggiungeva il fatto che le risorse interiori, la pazienza, la sensibilità, le aspettative riposte nel lavoro che svolgevano variavano moltissimo da persona a persona. Quanto a Eugen Müller [l’insegnante di storia], la sua stessa materia lo obbligava a un grande entusiasmo e talento narrativo, ma egli vi aggiungeva qualcosa di suo, che andava ben oltre tale necessità. Così fin dal primo momento fui conquistato da Müller e in base alle sue lezioni contavo i giorni della settimana.