La Consegna (traditio) della preghiera del Signore nel catecumenato antico (da Armando Cuva)

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 24 /01 /2010 - 11:02 am | Permalink | Homepage
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da Armando Cuva, Le consegne dei vangeli, del Simbolo e della preghiera del Signore nel rito romano. Dalla Bibbia alla vita ecclesiale, Queriniana, Brescia, 1999, pp. 40-41 e 108-110

[Il rito della consegna della preghiera del Signore] segue, nel Sacramentario gelasiano antico (GEL, pp. 51-53, nn. 319-328), la consegna del Simbolo.
Il diacono ammonisce i presenti: «State in silenzio, ascoltate con attenzione». Il presbitero fa poi l'«introduzione all'orazione del Signore» (praefatio orationis dominicae), proclamando un testo attribuito a san Cromazio di Aquileia [...]. L’introduzione ha inizio con un breve prologo. Segue il commento alle singole invocazioni dell'orazione. Terminato il commento del presbitero, il diacono rivolge ai presenti una seconda ammonizione: «Siate disciplinati, state in silenzio, ascoltate con attenzione».

Il presbitero, quindi, conclude: «Avete ascoltato, dilettissimi, i santi misteri racchiusi nell'orazione del Signore. Andate adesso a fissarli nei vostri cuori, affinché, per implorare e ricevere la misericordia di Dio, possiate essere perfetti in Cristo. Il Signore nostro Dio ha il potere di condurre al lavacro della rigenerazione voi che siete in cammino verso la fede. A noi, che vi abbiamo consegnato il mistero della fede cattolica, conceda di pervenire assieme a voi nel regno dei cieli. Egli vive e regna con Dio Padre nell'unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen».

Il rito della consegna della preghiera del Signore nel Sacramentario gelasiano antico, pur nella sua brevità, presenta la stessa linearità delle precedenti consegne dei vangeli e del Simbolo. Considerato nel suo rapporto con esse acquista un particolare significato. I candidati al battesimo, dopo una prima conoscenza del messaggio evangelico e delle verità della fede cristiana, sono in grado di ricevere in consegna la preghiera che dovranno spesso recitare, fiduciosa risposta alla chiamata di Dio e concreta espressione di sentimenti e atteggiamenti da essa suscitati.

La breve spiegazione della preghiera del Signore fatta loro dal presbitero segna l'inizio di un suo gioioso approfondimento che dovrà facilitare uno stile di vita ispirato ai grandi ideali del cristianesimo.

Si legge con interesse il testo della 'introduzione' attribuito a Cromazio. I brevi commenti delle singole invocazioni della preghiera del Signore, permeati di afflato pastorale, 'introducevano' realmente i catecumeni alla scoperta del grande dono fatto da Gesù Cristo alla sua Chiesa con la consegna del prototipo della preghiera cristiana. Il testo cromaziano, pur nella sua brevità e semplicità, è un ricco esemplare dell'abbondante letteratura sulla preghiera del Signore di cui la Chiesa è grata a molti padri e scrittori ecclesiastici.

«Fra tutti i salutari insegnamenti - dice il santo [Cromazio di Aquileia, Catechesi al popolo. Sermoni, Città nuova, Roma, 1979, pp. 233-235] -, il Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo ha dato ai suoi discepoli, che gli chiedevano come dovessero pregare, questa forma di preghiera, di cui anche voi avete avuto più esatta conoscenza grazie alla presente lettura.
Ascoltate ora, o miei cari, come [egli] insegni ai suoi discepoli a pregare Dio Padre onnipotente: "Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, serratone l'uscio, prega il Padre tuo" [Mt 6,6]. La camera cui accenna non indica una parte nascosta della casa, ma vuol ricordare che i segreti del nostro cuore si rivelano solo a lui.
Il fatto di dover pregare Dio a porta chiusa significa che dobbiamo misticamente chiudere a chiave il nostro cuore per ogni pensiero cattivo e parlare con Dio a bocca chiusa e in spirito di purezza: il nostro Dio ascolta la voce della fede e non il suono delle parole. Chiudiamo dunque con la chiave della fede il nostro cuore alle insidie dell'avversario e spalanchiamolo solo a Dio di cui, come si sa, è il tempio, affinché, mentre abita nei nostri cuori, sia lui ad assisterci nelle nostre preghiere. Cristo nostro Signore, parola di Dio e sapienza di Dio, ci ha dunque insegnato questa orazione, in modo che preghiamo così.

Padre nostro che sei nei cieli. Sono parole, queste, di uomini liberi e piene di confidenza. Voi dovete, dunque, comportarvi in modo da poter essere figli di Dio e fratelli di Cristo. Chi traligna dalla sua volontà con quale temeraria presunzione può chiamare Dio suo Padre? Perciò voi, o carissimi, mostratevi degni dell'adozione divina, poiché è scritto: "A quanti credettero in lui diede il potere di diventare figli di Dio" [Gv 1,12].

Sia santificato il tuo nome. Ciò non significa che le nostre preghiere santificano il Signore, che è sempre santo, ma chiediamo che il suo nome sia santificato in noi, affinché, santificati nel suo battesimo, perseveriamo in ciò che abbiamo cominciato a essere.

Venga il tuo regno. E quando non regna sovranamente il nostro Dio, il cui regno è immortale? Ma quando diciamo: Venga il tuo regno chiediamo che venga il nostro regno, quello che ci è stato promesso da Dio e che la passione e il sangue di Cristo ci ha ottenuto.

Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra, cioè la tua volontà si compia in modo che noi facciamo irreprensibilmente sulla terra ciò che tu comandi in cielo.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Qui dobbiamo capire che si tratta di un cibo spirituale, perché il nostro pane è Cristo che ha detto: "lo sono il pane vivo disceso dal cielo" [Gv 6,51]; e questo pane lo diciamo 'quotidiano', perché dobbiamo sempre chiedere di evitare il peccato in modo da essere degni dell'alimento del cielo.

E rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Questo precetto significa che noi non possiamo ottenere altrimenti il perdono dei nostri peccati se prima non perdoniamo a quanti hanno peccato contro di noi, secondo la parola del vangelo: "Se non perdonate agli uomini le loro colpe, neanche il Padre vostro perdonerà i vostri peccati" [Mt 6,15].

E non c'indurre in tentazione, cioè: non lasciarci in potere del tentatore, artefice del male. Infatti, dice la Scrittura: "Dio non è tentatore di male" [Gc 1,13]. Il diavolo è tentatore e per vincerlo il Signore suggerisce: "Vegliate e pregate per non cadere in tentazione" [Mt 26,41; Mc 14,38].

Ma liberaci dal male. Egli si esprime così perché l'apostolo ha detto: "Non sapete ciò che vi conviene chiedere" [Rm 8,26]. Dobbiamo dunque chiedere a Dio onnipotente che quanto la fragilità umana non è capace di preavvertire e di evitare, si degni di farcene capaci, nella sua bontà, Gesù Cristo nostro Signore che vive e regna, Dio, nell'unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen».