Rifiuto dell’idea di un “catechismo” scritto e suoi presupposti (da Joseph Ratzinger)
da Transmission de la Foi et sources de la Foi, conferenza tenuta dall’allora cardinal Joseph Ratzinger sulla situazione della catechesi il 15 gennaio 1983 nella basilica di Notre-Dame di Fourvière a Lione ed il 16 gennaio 1983 nella cattedrale di Notre-Dame a Parigi (testo integrale su questo sito al link Trasmissione della fede e fonti della fede. Conferenze sulla situazione della catechesi, tenute a Lione e Parigi dall'allora cardinal Joseph Ratzinger )
Un primo grave errore fu quello di sopprimere il catechismo e di dichiarare "sorpassato" il genere stesso del catechismo. Certo, il catechismo come libro è divenuto comune soltanto al tempo della Riforma; ma la trasmissione della fede, come struttura fondamentale nata dalla logica della fede, è vecchia quanto il catecumenato, cioè quanto la Chiesa stessa. Essa scaturisce dalla natura stessa della sua missione e, dunque, non si può rinunciarvi. La rottura con una trasmissione della fede attinta nella sua strutturazione fondamentale alle fonti di una tradizione presa nella sua globalità, ha avuto come conseguenza la frammentazione della proclamazione della fede. Essa fu non solo arbitrariamente accolta nella sua esposizione, ma anche messa in discussione in alcune sue parti, che appartengono a un tutto e che, staccate da esso, appaiono sconnesse.
Cosa vi era dietro questa decisione errata, affrettata e universale? Le ragioni sono molteplici e fino a ora poco esaminate. Sicuramente questa decisione è da mettere in rapporto con la evoluzione generale dell'insegnamento e della pedagogia, caratterizzata da una ipertrofia del metodo rispetto al contenuto delle diverse discipline. I metodi diventano i criteri del contenuto e non più i veicoli di esso. L'offerta si regola sulla domanda: è così che sono state tracciate le vie della nuova catechesi nella disputa sul catechismo olandese.
Ne conseguì che ci si limitò alle questioni per principianti, invece di cercare le vie che avrebbero permesso di superarle e di arrivare a ciò che inizialmente non si comprendeva, unico metodo che modifica positivamente l'uomo e il mondo. Così, il potenziale di cambiamento proprio della fede fu paralizzato. Infatti la teologia pratica non era più intesa come uno sviluppo concreto della teologia dogmatica o sistematica, ma come un valore in sé. Ciò corrispondeva, di nuovo, alla tendenza attuale a subordinare la verità alla prassi, che, nel contesto delle filosofie neo-marxistiche e positivistiche, ha fatto breccia anche in teologia.
Tutti questi fatti contribuirono a impoverire considerevolmente l’antropologia: precedenza del metodo sul contenuto significa predominanza dell'antropologia sulla teologia, di modo che questa dovette trovarsi un posto nel contesto di un antropocentrismo radicale. Il declino dell'antropologia fece apparire, a sua volta, nuovi centri di gravità: supremazia della sociologia, o, ancora, primato della esperienza, come nuovi criteri di comprensione della fede tradizionale.
Dietro a queste cause e ad altre ancora, che si possono trovare nel rifiuto del catechismo e nel crollo della catechesi classica, vi è tuttavia un processo più profondo. Il fatto di non avere più il coraggio di presentare la fede come un tutto organico in se stesso, ma solamente come una serie di riflessi scelti di esperienze antropologiche parziali, si fondava, in ultima analisi, su di una certa diffidenza nei riguardi della totalità.
Esso si spiega con una crisi della fede, meglio: della fede comune alla Chiesa di tutti tempi. Ne risultava che la catechesi ometteva generalmente il dogma e tentava di ricostruire la fede direttamente a partire dalla Bibbia. Ora, il dogma non è niente altro, per definizione, che interpretazione della Scrittura, ma questa interpretazione, nata dalla fede dei secoli, non sembrava più potersi accordare con la comprensione dei testi, a cui il metodo storico aveva nel frattempo condotto. In questo modo, coesistevano due forme di interpretazione apparentemente irriducibili: la interpretazione storica e quella dogmatica.
Ma quest'ultima, secondo le concezioni contemporanee, poteva essere considerata solo come una tappa pre-scientifica della nuova interpretazione. Così, sembrava difficile riconoscere a essa un posto proprio. Laddove la certezza scientifica è considerata la sola forma valida, perfino la sola possibile, della certezza, quella del dogma doveva sembrare o come una tappa sorpassata di un pensiero arcaico, oppure come la espressione della volontà di potenza di istituzioni passate che ancora sopravvivevano.
Un primo grave errore fu quello di sopprimere il catechismo e di dichiarare "sorpassato" il genere stesso del catechismo. Certo, il catechismo come libro è divenuto comune soltanto al tempo della Riforma; ma la trasmissione della fede, come struttura fondamentale nata dalla logica della fede, è vecchia quanto il catecumenato, cioè quanto la Chiesa stessa. Essa scaturisce dalla natura stessa della sua missione e, dunque, non si può rinunciarvi. La rottura con una trasmissione della fede attinta nella sua strutturazione fondamentale alle fonti di una tradizione presa nella sua globalità, ha avuto come conseguenza la frammentazione della proclamazione della fede. Essa fu non solo arbitrariamente accolta nella sua esposizione, ma anche messa in discussione in alcune sue parti, che appartengono a un tutto e che, staccate da esso, appaiono sconnesse.
Cosa vi era dietro questa decisione errata, affrettata e universale? Le ragioni sono molteplici e fino a ora poco esaminate. Sicuramente questa decisione è da mettere in rapporto con la evoluzione generale dell'insegnamento e della pedagogia, caratterizzata da una ipertrofia del metodo rispetto al contenuto delle diverse discipline. I metodi diventano i criteri del contenuto e non più i veicoli di esso. L'offerta si regola sulla domanda: è così che sono state tracciate le vie della nuova catechesi nella disputa sul catechismo olandese.
Ne conseguì che ci si limitò alle questioni per principianti, invece di cercare le vie che avrebbero permesso di superarle e di arrivare a ciò che inizialmente non si comprendeva, unico metodo che modifica positivamente l'uomo e il mondo. Così, il potenziale di cambiamento proprio della fede fu paralizzato. Infatti la teologia pratica non era più intesa come uno sviluppo concreto della teologia dogmatica o sistematica, ma come un valore in sé. Ciò corrispondeva, di nuovo, alla tendenza attuale a subordinare la verità alla prassi, che, nel contesto delle filosofie neo-marxistiche e positivistiche, ha fatto breccia anche in teologia.
Tutti questi fatti contribuirono a impoverire considerevolmente l’antropologia: precedenza del metodo sul contenuto significa predominanza dell'antropologia sulla teologia, di modo che questa dovette trovarsi un posto nel contesto di un antropocentrismo radicale. Il declino dell'antropologia fece apparire, a sua volta, nuovi centri di gravità: supremazia della sociologia, o, ancora, primato della esperienza, come nuovi criteri di comprensione della fede tradizionale.
Dietro a queste cause e ad altre ancora, che si possono trovare nel rifiuto del catechismo e nel crollo della catechesi classica, vi è tuttavia un processo più profondo. Il fatto di non avere più il coraggio di presentare la fede come un tutto organico in se stesso, ma solamente come una serie di riflessi scelti di esperienze antropologiche parziali, si fondava, in ultima analisi, su di una certa diffidenza nei riguardi della totalità.
Esso si spiega con una crisi della fede, meglio: della fede comune alla Chiesa di tutti tempi. Ne risultava che la catechesi ometteva generalmente il dogma e tentava di ricostruire la fede direttamente a partire dalla Bibbia. Ora, il dogma non è niente altro, per definizione, che interpretazione della Scrittura, ma questa interpretazione, nata dalla fede dei secoli, non sembrava più potersi accordare con la comprensione dei testi, a cui il metodo storico aveva nel frattempo condotto. In questo modo, coesistevano due forme di interpretazione apparentemente irriducibili: la interpretazione storica e quella dogmatica.
Ma quest'ultima, secondo le concezioni contemporanee, poteva essere considerata solo come una tappa pre-scientifica della nuova interpretazione. Così, sembrava difficile riconoscere a essa un posto proprio. Laddove la certezza scientifica è considerata la sola forma valida, perfino la sola possibile, della certezza, quella del dogma doveva sembrare o come una tappa sorpassata di un pensiero arcaico, oppure come la espressione della volontà di potenza di istituzioni passate che ancora sopravvivevano.