La Persona non è una fase della vita umana (da mons.Angelo Bagnasco)
La persona non è una fase della vita umana,
dalla prolusione alla CEI di S.Ecc.mons.Angelo Bagnasco del 21/5/2007
La concezione della persona, com'è noto, è un'acquisizione della teologia cristiana che trova delle anticipazioni nella filosofia greca. Ne viene colta tutta la bellezza e dignità fino a far affermare a San Tommaso che la persona è ciò che vi è di più perfetto in tutta la natura (cfr Summa T. I, q.29 a.3). Nella luce della fede, l'uomo è creato come «immagine e somiglianza di Dio»; amato a tal punto che il Creatore si volge contro se stesso per donarsi a lui e salvarlo (cfr Deus caritas est, nn. 9-10 e 12). Ecco la redenzione.
Se la fede può accedere alla Rivelazione sull'uomo, anche la ragione ha la presa sulla verità umana della persona. È la forza della ragione senza preconcetti, è la luce del buon senso comune: e questo nonostante lentezze ed errori nel corso della storia. La persona non è una fase della vita umana, ma è - possiamo dire - la «forma» in cui l'uomo è uomo. Per questo, anche quando la persona non ha ancora sviluppato e attuato le sue capacità o perde coscienza di sé, resta persona degna di rispetto e di diritto. La sua dignità è dunque intrinseca e incancellabile qualunque siano le circostanze di vita. L'uomo non è riducibile ad un agglomerato di pulsioni e desideri, ma è un soggetto ricco e unitario; non è né una macchina corporea né un pensare disincarnato. È sempre «qualcuno», non è e non diventa mai «qualcosa », un «mezzo» per raggiungere altro. La sua ragione non solo è capace di autocoscienza, di ragionamenti formali, di applicazione alla realtà empirica, ma si apre anche ai significati e alla questione del bene e del male. Essa supera i limiti della sequenza dei fatti, della mera cronaca, e l'interpreta cercandone i perché, le direzioni future. In questo dinamismo si pone l'universale questione del senso del vivere e del morire da cui la storia umana è attraversata, come da un sigillo bruciante, a testimonianza della capacità dell'uomo a trascendersi, della radicale apertura della sua anima sull'infinito, del richiamo ontologico della persona verso la Trascendenza, cioè verso Dio.
Il suo costitutivo essere in relazione con il mondo e con gli altri, inoltre, getta una decisiva luce sul pensarsi dell'individuo, ed è denso di conseguenze e di stimoli per le società, nonché per la costruzione di un mondo più giusto e quindi più umano. La libertà stessa ne beneficia, libertà che è premessa e condizione dell'amore senza il quale vi è solitudine e morte. Essa non è un valore individualistico e assoluto, ma ha sempre a che fare con altro da noi, uomini e cose. Soprattutto è in relazione con dei contenuti veritativi che sono oggetto della scelta personale e la specificano nella sua eticità.
A questo riguardo, la storia umana ci attesta un altro elemento di fondamentale importanza: la natura umana. Senza bisogno di particolari statistiche, infatti, l'umanità conosce ciò di cui l'uomo ha strutturalmente bisogno per essere all'altezza del suo destino. E questo nonostante le più diverse situazioni di epoca e di luogo, nonostante le più disparate condizioni sociali e culturali, politiche ed economiche.
dalla prolusione alla CEI di S.Ecc.mons.Angelo Bagnasco del 21/5/2007
La concezione della persona, com'è noto, è un'acquisizione della teologia cristiana che trova delle anticipazioni nella filosofia greca. Ne viene colta tutta la bellezza e dignità fino a far affermare a San Tommaso che la persona è ciò che vi è di più perfetto in tutta la natura (cfr Summa T. I, q.29 a.3). Nella luce della fede, l'uomo è creato come «immagine e somiglianza di Dio»; amato a tal punto che il Creatore si volge contro se stesso per donarsi a lui e salvarlo (cfr Deus caritas est, nn. 9-10 e 12). Ecco la redenzione.
Se la fede può accedere alla Rivelazione sull'uomo, anche la ragione ha la presa sulla verità umana della persona. È la forza della ragione senza preconcetti, è la luce del buon senso comune: e questo nonostante lentezze ed errori nel corso della storia. La persona non è una fase della vita umana, ma è - possiamo dire - la «forma» in cui l'uomo è uomo. Per questo, anche quando la persona non ha ancora sviluppato e attuato le sue capacità o perde coscienza di sé, resta persona degna di rispetto e di diritto. La sua dignità è dunque intrinseca e incancellabile qualunque siano le circostanze di vita. L'uomo non è riducibile ad un agglomerato di pulsioni e desideri, ma è un soggetto ricco e unitario; non è né una macchina corporea né un pensare disincarnato. È sempre «qualcuno», non è e non diventa mai «qualcosa », un «mezzo» per raggiungere altro. La sua ragione non solo è capace di autocoscienza, di ragionamenti formali, di applicazione alla realtà empirica, ma si apre anche ai significati e alla questione del bene e del male. Essa supera i limiti della sequenza dei fatti, della mera cronaca, e l'interpreta cercandone i perché, le direzioni future. In questo dinamismo si pone l'universale questione del senso del vivere e del morire da cui la storia umana è attraversata, come da un sigillo bruciante, a testimonianza della capacità dell'uomo a trascendersi, della radicale apertura della sua anima sull'infinito, del richiamo ontologico della persona verso la Trascendenza, cioè verso Dio.
Il suo costitutivo essere in relazione con il mondo e con gli altri, inoltre, getta una decisiva luce sul pensarsi dell'individuo, ed è denso di conseguenze e di stimoli per le società, nonché per la costruzione di un mondo più giusto e quindi più umano. La libertà stessa ne beneficia, libertà che è premessa e condizione dell'amore senza il quale vi è solitudine e morte. Essa non è un valore individualistico e assoluto, ma ha sempre a che fare con altro da noi, uomini e cose. Soprattutto è in relazione con dei contenuti veritativi che sono oggetto della scelta personale e la specificano nella sua eticità.
A questo riguardo, la storia umana ci attesta un altro elemento di fondamentale importanza: la natura umana. Senza bisogno di particolari statistiche, infatti, l'umanità conosce ciò di cui l'uomo ha strutturalmente bisogno per essere all'altezza del suo destino. E questo nonostante le più diverse situazioni di epoca e di luogo, nonostante le più disparate condizioni sociali e culturali, politiche ed economiche.