Fides non cogitata, nulla est (da Clemente Riva)
da Clemente Riva, L’intelligenza nella chiesa, Cittadella, Assisi, 1981, pp. 18-20
Vi è un testo di S. Agostino che mi ha fatto molto riflettere: « … quoniam fides si non cogitetur, nulla est = poiché la fede se non viene pensata (riflettuta), è nulla». Avrebbe potuto dire che la fede non pensata è superficiale, è elementare, è ingenua, e così via; invece afferma, senza esitazione «nulla est = è nulla». È una di quelle espressioni che lasciano col fiato mozzo, tipiche di S. Agostino. È simile a quella frase della S. Scrittura, anch’essa dotata di grande incisività: «La fede senza le opere è morta».
Per comprendere bene il pensiero di S. Agostino occorre inquadrare quell’affermazione nel suo contesto, poiché vi sarebbe il pericolo di fraintenderlo, quasi che egli condizionasse la fede al pensiero umano. La fede è dono di Dio. S. Agostino approfondisce il tema del rapporto uomo-Dio, dichiarando apertamente che l’uomo non è autosufficiente. Come creatura di Dio, tutto ciò che l’uomo compie viene da Dio. La «sufficienza» umana è dono di Dio. «In ogni opera buona, sia nell’incominciarla, sia nel perfezionarla, la nostra sufficientia (la nostra capacità) proviene da Dio; così nessuno è capace da se stesso sia a incominciare, sia a perfezionare la fede, ma la nostra capacità è da Dio: poiché la fede, se non è pensata, non è niente, e noi non siamo capaci di pensare alcunché quasi da noi stessi, ma la nostra capacità viene da Dio».
È evidente, in questo testo agostiniano, l’insistenza sulla sufficientia che non viene da noi stessi, poiché nessun uomo è dotato di autosufficienza, solo Dio, l’Infinito, l’Assoluto è sufficiente a sé, è autosufficiente.
Ma questo tema della fede pensata, che coinvolge l’intelligenza della fede, da S. Agostino viene ulteriormente approfondita, trattando del rapporto tra il pensare e il credere. Non ha nessuna esitazione a scrivere, nel medesimo paragrafo, che la fede presuppone il pensiero: «Chi non vede infatti che il pensare viene prima del credere? Nessuno invero crede qualche cosa, se prima non abbia pensato che è da credersi. Benché infatti immediatamente e assai celermente alcuni pensieri precedono la volontà e questa subito li segua, così da accompagnarli strettissimamente, è necessario tuttavia che tutte le cose che si credono siano credute perché precedute dal pensiero di esse. Benché lo stesso credere non è altro che pensare con assenso (cum assentione cogitare)».
E in un altro testo porta la motivazione di fondo per tutto questo suo discorso sul rapporto tra pensiero e fede: «Non potremmo infatti credere, se non avessimo le anime razionali».
E questo testo agostiniano ci rimanda al testo di S. Paolo dove parla del «rationabile obsequium», dove ossequio include l’accettazione delle verità della fede, non solo il culto liturgico da rendere a Dio, al Signore.
Non possiamo inoltre ignorare il celebre detto: «Intelligo ut credam et credo ut intelligam» dove l’intelligenza, il pensiero, la capacità di conoscere è la condizione e la potenza fondamentale per accogliere la fede, ma a loro volta, le verità di fede illuminano l’intelligenza per un ulteriore potenziamento dell’intelligenza e un arricchimento di conoscenze e di esperienze cristiane.
N.B. Questi i passaggi di Agostino citati da mons. Riva, nell'originale latino:
« … unde in omni opere bono et incipiendo et perficiendo sufficientia nostra ex Deo est; ita nemo sibi sufficit vel ad perficiendam fidem, sed sufficientia nostra ex Deo est: quoniam fides si non cogitetur, nulla est: et non sumus idonei cogitare aliquid quasi ex nobismetipsis, sed sufficientia nostra ex Deo est». (S. Agostino, De praedestinatione Sanctorum, c. II, 5).
«Quis enim non videat prius esse cogitare quam credere? Nullus quippe credit, aliquid, nisi prius cogitaverit esse credendum. Quamvis enim raptim, quamvis celerrime voluntatem quaedam cogitationes antevolent, moxque illa ita sequatur, ut quasi coniunctissima comitetur; necesse est tamen ut omnia quae creduntur praeveniente cogitatione credantur. Quamquam et ipsum credere nihil aliud est, quam cum assentione cogitare» (Ibidem).
« … cum etiam credere non possemus, nisi rationales animas haberemus» (Epistula 120, I, 3).
Vi è un testo di S. Agostino che mi ha fatto molto riflettere: « … quoniam fides si non cogitetur, nulla est = poiché la fede se non viene pensata (riflettuta), è nulla». Avrebbe potuto dire che la fede non pensata è superficiale, è elementare, è ingenua, e così via; invece afferma, senza esitazione «nulla est = è nulla». È una di quelle espressioni che lasciano col fiato mozzo, tipiche di S. Agostino. È simile a quella frase della S. Scrittura, anch’essa dotata di grande incisività: «La fede senza le opere è morta».
Per comprendere bene il pensiero di S. Agostino occorre inquadrare quell’affermazione nel suo contesto, poiché vi sarebbe il pericolo di fraintenderlo, quasi che egli condizionasse la fede al pensiero umano. La fede è dono di Dio. S. Agostino approfondisce il tema del rapporto uomo-Dio, dichiarando apertamente che l’uomo non è autosufficiente. Come creatura di Dio, tutto ciò che l’uomo compie viene da Dio. La «sufficienza» umana è dono di Dio. «In ogni opera buona, sia nell’incominciarla, sia nel perfezionarla, la nostra sufficientia (la nostra capacità) proviene da Dio; così nessuno è capace da se stesso sia a incominciare, sia a perfezionare la fede, ma la nostra capacità è da Dio: poiché la fede, se non è pensata, non è niente, e noi non siamo capaci di pensare alcunché quasi da noi stessi, ma la nostra capacità viene da Dio».
È evidente, in questo testo agostiniano, l’insistenza sulla sufficientia che non viene da noi stessi, poiché nessun uomo è dotato di autosufficienza, solo Dio, l’Infinito, l’Assoluto è sufficiente a sé, è autosufficiente.
Ma questo tema della fede pensata, che coinvolge l’intelligenza della fede, da S. Agostino viene ulteriormente approfondita, trattando del rapporto tra il pensare e il credere. Non ha nessuna esitazione a scrivere, nel medesimo paragrafo, che la fede presuppone il pensiero: «Chi non vede infatti che il pensare viene prima del credere? Nessuno invero crede qualche cosa, se prima non abbia pensato che è da credersi. Benché infatti immediatamente e assai celermente alcuni pensieri precedono la volontà e questa subito li segua, così da accompagnarli strettissimamente, è necessario tuttavia che tutte le cose che si credono siano credute perché precedute dal pensiero di esse. Benché lo stesso credere non è altro che pensare con assenso (cum assentione cogitare)».
E in un altro testo porta la motivazione di fondo per tutto questo suo discorso sul rapporto tra pensiero e fede: «Non potremmo infatti credere, se non avessimo le anime razionali».
E questo testo agostiniano ci rimanda al testo di S. Paolo dove parla del «rationabile obsequium», dove ossequio include l’accettazione delle verità della fede, non solo il culto liturgico da rendere a Dio, al Signore.
Non possiamo inoltre ignorare il celebre detto: «Intelligo ut credam et credo ut intelligam» dove l’intelligenza, il pensiero, la capacità di conoscere è la condizione e la potenza fondamentale per accogliere la fede, ma a loro volta, le verità di fede illuminano l’intelligenza per un ulteriore potenziamento dell’intelligenza e un arricchimento di conoscenze e di esperienze cristiane.
N.B. Questi i passaggi di Agostino citati da mons. Riva, nell'originale latino:
« … unde in omni opere bono et incipiendo et perficiendo sufficientia nostra ex Deo est; ita nemo sibi sufficit vel ad perficiendam fidem, sed sufficientia nostra ex Deo est: quoniam fides si non cogitetur, nulla est: et non sumus idonei cogitare aliquid quasi ex nobismetipsis, sed sufficientia nostra ex Deo est». (S. Agostino, De praedestinatione Sanctorum, c. II, 5).
«Quis enim non videat prius esse cogitare quam credere? Nullus quippe credit, aliquid, nisi prius cogitaverit esse credendum. Quamvis enim raptim, quamvis celerrime voluntatem quaedam cogitationes antevolent, moxque illa ita sequatur, ut quasi coniunctissima comitetur; necesse est tamen ut omnia quae creduntur praeveniente cogitatione credantur. Quamquam et ipsum credere nihil aliud est, quam cum assentione cogitare» (Ibidem).
« … cum etiam credere non possemus, nisi rationales animas haberemus» (Epistula 120, I, 3).