Umore e buon umore del parroco (da C. M. Martini)
(da una meditazione del cardinal C. M. Martini)
C'e un [...] atteggiamento rischioso: portare nella parrocchia - non essendo ancora maturati nella propria integrazione psicologica - una certa disuguaglianza di umore.
E' un atteggiamento nocivo perché la gente guarda moltissimo all'umore del parroco e si accorge subito quando è di cattivo umore. Mentre il buon umore rallegra la gente, quello cattivo mette a disagio, incattivisce, distanzia. Penso che si potrebbe dire che il primo dovere del parroco è di conservare il buon umore, almeno l'umore uguale, nascondendo le inevitabili deviazioni che sono dentro di noi. Siamo persone pubbliche e il nostro umore si riversa sugli altri.
Cito qui due testi classici. Anzitutto Lc 12,22-31:
«Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete; né per il vostro corpo, come lo vestirete. La vita vale più del cibo e il corpo più del vestito… Chi di voi, per quanto si affanni, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? Se dunque non avete potere neanche per la più piccola cosa, perchè vi affannate del resto?».
Il secondo passo è Mt 6,25-34:
«Non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete... Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini».
Mi sono sempre chiesto: come posso osservare queste parole, dal momento che un po' di affanno è connesso con la vita e con le responsabilità? Tuttavia cerco almeno di non affannarmi troppo, in maniera che la gente non se ne accorga. Credo che spesso noi ci affanniamo eccessivamente ed è un atteggiamento antievangelico perché mostra che non viviamo da figli, che non ci abbandoniamo con fiducia al Padre.
Ricordo l’esperienza del Gruppo Samuele. Avevo dato, all'inizio del cammino, una serie di regole da osservare durante l'anno, e tra esse ce n'erano due: astenersi per un anno dalla televisione e non affannarsi pensando al proprio futuro. Unanimemente i giovani e le ragazze che partecipavano al Samuele, mi hanno comunicato che la regola dell'astensione dalla televisione non creava problema, mentre non riuscivano a osservare la regola del non angustiarsi.
Da parte nostra dobbiamo confrontarci ogni giorno con la Parola di Gesù: «A ogni giorno basta il suo affanno». E inevitabile che il parroco pensi al domani, al dopodomani, al mese prossimo, perchè deve programmare. Però Gesù ci chiede di ricordarci ogni giorno il suo insegnamento per tenere almeno un certo equilibrio, cosi che l’affanno non ci tolga il fiato.
C'e un [...] atteggiamento rischioso: portare nella parrocchia - non essendo ancora maturati nella propria integrazione psicologica - una certa disuguaglianza di umore.
E' un atteggiamento nocivo perché la gente guarda moltissimo all'umore del parroco e si accorge subito quando è di cattivo umore. Mentre il buon umore rallegra la gente, quello cattivo mette a disagio, incattivisce, distanzia. Penso che si potrebbe dire che il primo dovere del parroco è di conservare il buon umore, almeno l'umore uguale, nascondendo le inevitabili deviazioni che sono dentro di noi. Siamo persone pubbliche e il nostro umore si riversa sugli altri.
Cito qui due testi classici. Anzitutto Lc 12,22-31:
«Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete; né per il vostro corpo, come lo vestirete. La vita vale più del cibo e il corpo più del vestito… Chi di voi, per quanto si affanni, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? Se dunque non avete potere neanche per la più piccola cosa, perchè vi affannate del resto?».
Il secondo passo è Mt 6,25-34:
«Non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete... Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini».
Mi sono sempre chiesto: come posso osservare queste parole, dal momento che un po' di affanno è connesso con la vita e con le responsabilità? Tuttavia cerco almeno di non affannarmi troppo, in maniera che la gente non se ne accorga. Credo che spesso noi ci affanniamo eccessivamente ed è un atteggiamento antievangelico perché mostra che non viviamo da figli, che non ci abbandoniamo con fiducia al Padre.
Ricordo l’esperienza del Gruppo Samuele. Avevo dato, all'inizio del cammino, una serie di regole da osservare durante l'anno, e tra esse ce n'erano due: astenersi per un anno dalla televisione e non affannarsi pensando al proprio futuro. Unanimemente i giovani e le ragazze che partecipavano al Samuele, mi hanno comunicato che la regola dell'astensione dalla televisione non creava problema, mentre non riuscivano a osservare la regola del non angustiarsi.
Da parte nostra dobbiamo confrontarci ogni giorno con la Parola di Gesù: «A ogni giorno basta il suo affanno». E inevitabile che il parroco pensi al domani, al dopodomani, al mese prossimo, perchè deve programmare. Però Gesù ci chiede di ricordarci ogni giorno il suo insegnamento per tenere almeno un certo equilibrio, cosi che l’affanno non ci tolga il fiato.