La roccia e la barca: immutabilità e mutevolezza (da Paolo VI)
da Paolo VI, messaggio di Natale al Sacro Collegio ed alla Prelatura Romana, martedì 24 dicembre 1963
La nostra navigazione, per attenerci ancora alla nostra notissima e bella immagine della nave apostolica, è impegnata nel ricorrente duplice problema: del conservare il prezioso e intangibile carico del suo patrimonio religioso, e dell’incedere nel mare tempestoso di questo mondo: galleggiare e navigare è il compito simultaneo della Chiesa romana, che nel duplice simbolo della pietra e della nave esprime splendidamente la dialettica dei suoi doveri e dei suoi destini.
Ora, chi non sa che il mare della nostra storia presente è gonfio di venti e di tempeste? che il nostro secolo è in piena e pericolosa trasformazione? Pregheremo certamente il Maestro divino, che naviga con noi e sembra dormire misteriosamente, mentre in noi cresce l’affanno dell’incertezza pratica e del pericolo incombente, di non lasciarci perire; e perire non ci lascerà. Ma per non meritare il rimprovero, da Lui fatto ai discepoli nell’episodio evangelico della burrasca sedata, d’essere uomini di poca fede, non dovremo pregarlo di dare a noi appunto maggiore fede, e con essa maggiore capacità, sia, da un lato, a difendere il sacro «depositum» che portiamo con noi, sia, dall’altro, a cimentarci col mare che ci circonda, vogliamo dire a conoscere il momento storico, che noi attraversiamo, ad avvicinare il mondo infido, ma nobile, in cui viviamo?
Vogliamo oggi cioè augurare a Noi stessi ed a quanti Ci sono collaboratori - e di Noi, molti, umanamente parlando, ben più esperti e più virtuosi! - di avere quanto più attenta, più sagace, più amorevole conoscenza possibile del tempo nostro per superarne le insidie, per coglierne le opportunità, per scoprirne le sofferenze, per ricavarne le nascoste virtù. Stabilire questo rapporto fra l’elemento immutabile della nostra fede e l’ambiente mutabilissimo del nostro tempo è arte difficile, è saggezza che richiede il lume divino, è carità, che suppone distacco da tutto ciò che non è reale interesse del regno di Dio. Ed è ciò che forma oggetto del Nostro augurio per la festa imminente e per l’anno che viene, e che rivolgiamo specialmente a voi, che non solo Ci siete vicini nel periglioso governo della Chiesa, ma altresì fidati e volonterosi collaboratori. Perché appunto l’ora presente richiede tale virtù.
La nostra navigazione, per attenerci ancora alla nostra notissima e bella immagine della nave apostolica, è impegnata nel ricorrente duplice problema: del conservare il prezioso e intangibile carico del suo patrimonio religioso, e dell’incedere nel mare tempestoso di questo mondo: galleggiare e navigare è il compito simultaneo della Chiesa romana, che nel duplice simbolo della pietra e della nave esprime splendidamente la dialettica dei suoi doveri e dei suoi destini.
Ora, chi non sa che il mare della nostra storia presente è gonfio di venti e di tempeste? che il nostro secolo è in piena e pericolosa trasformazione? Pregheremo certamente il Maestro divino, che naviga con noi e sembra dormire misteriosamente, mentre in noi cresce l’affanno dell’incertezza pratica e del pericolo incombente, di non lasciarci perire; e perire non ci lascerà. Ma per non meritare il rimprovero, da Lui fatto ai discepoli nell’episodio evangelico della burrasca sedata, d’essere uomini di poca fede, non dovremo pregarlo di dare a noi appunto maggiore fede, e con essa maggiore capacità, sia, da un lato, a difendere il sacro «depositum» che portiamo con noi, sia, dall’altro, a cimentarci col mare che ci circonda, vogliamo dire a conoscere il momento storico, che noi attraversiamo, ad avvicinare il mondo infido, ma nobile, in cui viviamo?
Vogliamo oggi cioè augurare a Noi stessi ed a quanti Ci sono collaboratori - e di Noi, molti, umanamente parlando, ben più esperti e più virtuosi! - di avere quanto più attenta, più sagace, più amorevole conoscenza possibile del tempo nostro per superarne le insidie, per coglierne le opportunità, per scoprirne le sofferenze, per ricavarne le nascoste virtù. Stabilire questo rapporto fra l’elemento immutabile della nostra fede e l’ambiente mutabilissimo del nostro tempo è arte difficile, è saggezza che richiede il lume divino, è carità, che suppone distacco da tutto ciò che non è reale interesse del regno di Dio. Ed è ciò che forma oggetto del Nostro augurio per la festa imminente e per l’anno che viene, e che rivolgiamo specialmente a voi, che non solo Ci siete vicini nel periglioso governo della Chiesa, ma altresì fidati e volonterosi collaboratori. Perché appunto l’ora presente richiede tale virtù.