Epifania (da una meditazione di d. Fernando Maria Cornet)
(da una meditazione di d. Fernando Maria Cornet)
Gli antichi greci avevano un verbo, επιφαινω (epifaino), il cui significato era: far vedere, mostrare, rendere evidente, rivelare, mostrarsi, spuntare, apparire, comparire, apparire alla superficie. Come risulta chiaro da tutti questi significati, l’idea che si vuol trasmettere con questo verbo è quella di qualcosa che da occulta o nascosta viene ora alla luce, e perciò diventa conosciuta da tutti o almeno dai più. Fra i greci aveva una duplice applicazione speciale: era usato in ambito medico, applicato particolarmente alle malattie i cui sintomi manifestavano l’occulto malessere che colpiva la persona (cfr. Erodoto 2, 152, 3; Tucidide 8, 42, 3; ecc.); ed era usata anche in ambito religioso, applicandolo ai vari segni di cui si servivano gli dèi per farsi (ri)conoscere o per far conoscere la loro volontà, ossia alle rivelazioni ed apparizioni, ai sogni, ecc. (cfr. Erodoto 2, 91, 5).
Gli ebrei, assumendo la lingua greca, assunsero anche questo verbo e l’applicarono non tanto alle questioni mediche quanto a quelle religiose: infatti l’επιφαινω venne riservato a Dio, all’unico vero e santo, che ha voluto rivelarsi al suo popolo e che gli ha dato la sua legge come segno della sua santa volontà (cfr. Dt 1, 6; 10, 12ss; Sal 118). Queste ed altre epifanie divine (cfr. Gn 19, 1ss; Es 3, 1ss; I Re 19, 1ss; Is 6, 1ss; ecc.) saranno chiamate teofanie (θεοφανια), che vuol dire “manifestazioni o apparizioni divine”.
I cristiani continuarono su questa linea, ma segnalarono che dette teofanie o epifanie dell’Antico Testamento erano del Verbo di Dio, del Figlio di Dio, perché a Lui appartiene rivelare, e rivelare la verità tutta intera (cfr. Gv 8, 31ss; I Tm 2, 4; II Gv 1, 1-4); in effetti, Gesù Cristo, il Verbo incarnato (Gv 1, 14), è venuto perché noi possiamo conoscere in pienezza Dio, e possiamo sapere ch’è Padre e Figlio e Spirito Santo. Dice San Paolo: Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo (Ebr 1, 1-2). Giovanni Battista testimonia: Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla della terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito… Infatti colui che Dio ha mandato proferisce le parole di Dio e dà lo Spirito senza misura (Gv 3, 31-32a.34). E Cristo infine lo afferma chiaramente: Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a Te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare (Mt 11, 25-27).
Orbene, sulla linea dell’Apostolo che desidera che i discepoli del Signore acquistino in tutta la sua ricchezza la piena intelligenza, e giungano a penetrare nella perfetta conoscenza del mistero di Dio, cioè Cristo, nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza (Col 2, 2-3), i primi cristiani cercarono di vedere, approfondire e capire tutte queste teofanie veterotestamentarie e soprattutto quelle neotestamentarie. E segnalarono che la prima e più grande del Nuovo Testamento era proprio l’incarnazione del Verbo: Egli è la più vera e più grande epifania o teofania divina.
Videro, ancora, che, nei Vangeli, almeno per tre volte si parlava in modo esplicito di epifania o teofania del Verbo incarnato: la prima avviene alla sua nascita, quando si manifestò ai pastori che erano nelle vicinanze ed ai Magi venuti dall’Oriente lontano (Lc 2, 8-20; Mt 2, 1-12); la seconda, quando si manifestò a tutto il popolo durante il suo battesimo nel fiume Giordano (Mt 3, 13-17; Mc 1, 9-11; Lc 3, 21-22); e la terza, ai suoi discepoli durante le nozze di Cana (Gv 2, 1-11). Ci sono state altre teofanie del Verbo Incarnato – come la trasfigurazione, per esempio (cfr. Mt 17, 1ss) –, ma queste tre sono le prime, e perciò hanno ricevuto dalla Chiesa il nome di Epifanie, perché essendo appunto le prime sono anche quelle che danno inizio all’opera rivelatrice e redentrice.
Se badate bene, nell’antifona del Vespro del giorno dell’Epifania tutte e tre vengono ricordate, e tuttora la tradizione liturgica bizantina le celebra insieme in quel santo giorno. Anzi, nei primissimi secoli, c’era una sola festa liturgica che le radunava e commemorava insieme: la nascita, la rivelazione ai magi ed il battesimo, l’insieme dei tre eventi veniva chiamato Festa dell’Epifania, e solo tardivamente – verso l’ultima parte del IV secolo – cominciarono ad essere celebrate separatamente, prima in Occidente e poi in Oriente.
Così appunto lo testimonia San Gregorio Nazianzeno, vescovo di Costantinopoli, in un sermone predicato il giorno della Nascita del Signore dell’anno 380:
“Quella di ora è la festa della Teofania, o della Natività: infatti, si dice in un modo o nell’altro, poiché due nomi fanno riferimento a un unico avvenimento. Dio, infatti, si è mostrato agli uomini con la sua Natività: da una parte è ed è sempre e proviene da Colui che è sempre, al di sopra di ogni causa e di ogni ragione (non esisteva, infatti, ragione superiore al Logos); dall’altra parte, Egli nacque poi per causa nostra, affinché Colui che ci dato l’esistenza ci accordasse anche di esistere virtuosamente; o piuttosto, per ricondurci nuovamente a sé mediante l’incarnazione, dal momento che a causa del male eravamo caduti dallo stato di bontà. Quindi, il nome di Teofania si usa perché Egli si è mostrato, quello di Natività perché Egli è nato” (Discorso XXXVIII, 3).
Gli antichi greci avevano un verbo, επιφαινω (epifaino), il cui significato era: far vedere, mostrare, rendere evidente, rivelare, mostrarsi, spuntare, apparire, comparire, apparire alla superficie. Come risulta chiaro da tutti questi significati, l’idea che si vuol trasmettere con questo verbo è quella di qualcosa che da occulta o nascosta viene ora alla luce, e perciò diventa conosciuta da tutti o almeno dai più. Fra i greci aveva una duplice applicazione speciale: era usato in ambito medico, applicato particolarmente alle malattie i cui sintomi manifestavano l’occulto malessere che colpiva la persona (cfr. Erodoto 2, 152, 3; Tucidide 8, 42, 3; ecc.); ed era usata anche in ambito religioso, applicandolo ai vari segni di cui si servivano gli dèi per farsi (ri)conoscere o per far conoscere la loro volontà, ossia alle rivelazioni ed apparizioni, ai sogni, ecc. (cfr. Erodoto 2, 91, 5).
Gli ebrei, assumendo la lingua greca, assunsero anche questo verbo e l’applicarono non tanto alle questioni mediche quanto a quelle religiose: infatti l’επιφαινω venne riservato a Dio, all’unico vero e santo, che ha voluto rivelarsi al suo popolo e che gli ha dato la sua legge come segno della sua santa volontà (cfr. Dt 1, 6; 10, 12ss; Sal 118). Queste ed altre epifanie divine (cfr. Gn 19, 1ss; Es 3, 1ss; I Re 19, 1ss; Is 6, 1ss; ecc.) saranno chiamate teofanie (θεοφανια), che vuol dire “manifestazioni o apparizioni divine”.
I cristiani continuarono su questa linea, ma segnalarono che dette teofanie o epifanie dell’Antico Testamento erano del Verbo di Dio, del Figlio di Dio, perché a Lui appartiene rivelare, e rivelare la verità tutta intera (cfr. Gv 8, 31ss; I Tm 2, 4; II Gv 1, 1-4); in effetti, Gesù Cristo, il Verbo incarnato (Gv 1, 14), è venuto perché noi possiamo conoscere in pienezza Dio, e possiamo sapere ch’è Padre e Figlio e Spirito Santo. Dice San Paolo: Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo (Ebr 1, 1-2). Giovanni Battista testimonia: Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla della terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito… Infatti colui che Dio ha mandato proferisce le parole di Dio e dà lo Spirito senza misura (Gv 3, 31-32a.34). E Cristo infine lo afferma chiaramente: Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a Te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare (Mt 11, 25-27).
Orbene, sulla linea dell’Apostolo che desidera che i discepoli del Signore acquistino in tutta la sua ricchezza la piena intelligenza, e giungano a penetrare nella perfetta conoscenza del mistero di Dio, cioè Cristo, nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza (Col 2, 2-3), i primi cristiani cercarono di vedere, approfondire e capire tutte queste teofanie veterotestamentarie e soprattutto quelle neotestamentarie. E segnalarono che la prima e più grande del Nuovo Testamento era proprio l’incarnazione del Verbo: Egli è la più vera e più grande epifania o teofania divina.
Videro, ancora, che, nei Vangeli, almeno per tre volte si parlava in modo esplicito di epifania o teofania del Verbo incarnato: la prima avviene alla sua nascita, quando si manifestò ai pastori che erano nelle vicinanze ed ai Magi venuti dall’Oriente lontano (Lc 2, 8-20; Mt 2, 1-12); la seconda, quando si manifestò a tutto il popolo durante il suo battesimo nel fiume Giordano (Mt 3, 13-17; Mc 1, 9-11; Lc 3, 21-22); e la terza, ai suoi discepoli durante le nozze di Cana (Gv 2, 1-11). Ci sono state altre teofanie del Verbo Incarnato – come la trasfigurazione, per esempio (cfr. Mt 17, 1ss) –, ma queste tre sono le prime, e perciò hanno ricevuto dalla Chiesa il nome di Epifanie, perché essendo appunto le prime sono anche quelle che danno inizio all’opera rivelatrice e redentrice.
Se badate bene, nell’antifona del Vespro del giorno dell’Epifania tutte e tre vengono ricordate, e tuttora la tradizione liturgica bizantina le celebra insieme in quel santo giorno. Anzi, nei primissimi secoli, c’era una sola festa liturgica che le radunava e commemorava insieme: la nascita, la rivelazione ai magi ed il battesimo, l’insieme dei tre eventi veniva chiamato Festa dell’Epifania, e solo tardivamente – verso l’ultima parte del IV secolo – cominciarono ad essere celebrate separatamente, prima in Occidente e poi in Oriente.
Così appunto lo testimonia San Gregorio Nazianzeno, vescovo di Costantinopoli, in un sermone predicato il giorno della Nascita del Signore dell’anno 380:
“Quella di ora è la festa della Teofania, o della Natività: infatti, si dice in un modo o nell’altro, poiché due nomi fanno riferimento a un unico avvenimento. Dio, infatti, si è mostrato agli uomini con la sua Natività: da una parte è ed è sempre e proviene da Colui che è sempre, al di sopra di ogni causa e di ogni ragione (non esisteva, infatti, ragione superiore al Logos); dall’altra parte, Egli nacque poi per causa nostra, affinché Colui che ci dato l’esistenza ci accordasse anche di esistere virtuosamente; o piuttosto, per ricondurci nuovamente a sé mediante l’incarnazione, dal momento che a causa del male eravamo caduti dallo stato di bontà. Quindi, il nome di Teofania si usa perché Egli si è mostrato, quello di Natività perché Egli è nato” (Discorso XXXVIII, 3).