Spirito Santo: quattro dimensioni su cui meditare (da Benedetto XVI)

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 30 /12 /2008 - 15:33 pm | Permalink | Homepage
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dal discorso di papa Benedetto XVI alla Curia Romana in occasione della presentazione degli auguri natalizi, il 22/12/2008

Tenendo presente la testimonianza della Scrittura e della Tradizione, si riconoscono facilmente quattro dimensioni del tema "Spirito Santo".
1. C’è innanzitutto l’affermazione che ci viene incontro dall’inizio del racconto della creazione: vi si parla dello Spirito creatore che aleggia sulle acque, crea il mondo e continuamente lo rinnova. La fede nello Spirito creatore è un contenuto essenziale del Credo cristiano. Il dato che la materia porta in sé una struttura matematica, è piena di spirito, è il fondamento sul quale poggiano le moderne scienze della natura. Solo perché la materia è strutturata in modo intelligente, il nostro spirito è in grado di interpretarla e di attivamente rimodellarla. Il fatto che questa struttura intelligente proviene dallo stesso Spirito creatore che ha donato lo spirito anche a noi, comporta insieme un compito e una responsabilità. Nella fede circa la creazione sta il fondamento ultimo della nostra responsabilità verso la terra. Essa non è semplicemente nostra proprietà che possiamo sfruttare secondo i nostri interessi e desideri. È piuttosto dono del Creatore che ne ha disegnato gli ordinamenti intrinseci e con ciò ci ha dato i segnali orientativi a cui attenerci come amministratori della sua creazione. Il fatto che la terra, il cosmo, rispecchino lo Spirito creatore, significa pure che le loro strutture razionali che, al di là dell’ordine matematico, nell’esperimento diventano quasi palpabili, portano in sé anche un orientamento etico. Lo Spirito che li ha plasmati, è più che matematica – è il Bene in persona che, mediante il linguaggio della creazione, ci indica la strada della vita retta.
Poiché la fede nel Creatore è una parte essenziale del Credo cristiano, la Chiesa non può e non deve limitarsi a trasmettere ai suoi fedeli soltanto il messaggio della salvezza. Essa ha una responsabilità per il creato e deve far valere questa responsabilità anche in pubblico. E facendolo deve difendere non solo la terra, l’acqua e l’aria come doni della creazione appartenenti a tutti. Deve proteggere anche l’uomo contro la distruzione di se stesso. È necessario che ci sia qualcosa come una ecologia dell’uomo, intesa nel senso giusto. Non è una metafisica superata, se la Chiesa parla della natura dell’essere umano come uomo e donna e chiede che quest’ordine della creazione venga rispettato. Qui si tratta di fatto della fede nel Creatore e dell’ascolto del linguaggio della creazione, il cui disprezzo sarebbe un’autodistruzione dell’uomo e quindi una distruzione dell’opera stessa di Dio. Ciò che spesso viene espresso ed inteso con il termine "gender", si risolve in definitiva nella autoemancipazione dell’uomo dal creato e dal Creatore. L’uomo vuole farsi da solo e disporre sempre ed esclusivamente da solo ciò che lo riguarda. Ma in questo modo vive contro la verità, vive contro lo Spirito creatore.

Le foreste tropicali meritano, sì, la nostra protezione, ma non la merita meno l’uomo come creatura, nella quale è iscritto un messaggio che non significa contraddizione della nostra libertà, ma la sua condizione. Grandi teologi della Scolastica hanno qualificato il matrimonio, cioè il legame per tutta la vita tra uomo e donna, come sacramento della creazione, che lo stesso Creatore ha istituito e che Cristo – senza modificare il messaggio della creazione – ha poi accolto nella storia della salvezza come sacramento della nuova alleanza. Fa parte dell’annuncio che la Chiesa deve recare la testimonianza in favore dello Spirito creatore presente nella natura nel suo insieme e in special modo nella natura dell’uomo, creato ad immagine di Dio. Partendo da questa prospettiva occorrerebbe rileggere l’Enciclica Humanae vitae: l’intenzione di Papa Paolo VI era di difendere l’amore contro la sessualità come consumo, il futuro contro la pretesa esclusiva del presente e la natura dell’uomo contro la sua manipolazione.

2. Solo qualche ulteriore breve accenno circa le altre dimensioni della pneumatologia. Se lo Spirito creatore si manifesta innanzitutto nella grandezza silenziosa dell’universo, nella sua struttura intelligente, la fede, oltre a ciò, ci dice la cosa inaspettata, che cioè questo Spirito parla, per così dire, anche con parole umane, è entrato nella storia e, come forza che plasma la storia, è anche uno Spirito parlante, anzi, è Parola che negli Scritti dell’Antico e del Nuovo Testamento ci viene incontro. Che cosa questo significhi per noi, l’ha espresso meravigliosamente sant’Ambrogio in una sua lettera: "Anche ora, mentre leggo le divine Scritture, Dio passeggia nel Paradiso" (Ep. 49, 3). Leggendo la Scrittura, noi possiamo anche oggi quasi vagare nel giardino del Paradiso ed incontrare Dio che lì passeggia: tra il tema della Giornata Mondiale della Gioventù in Australia e il tema del Sinodo dei Vescovi esiste una profonda connessione interiore. I due temi "Spirito Santo" e " Parola di Dio" vanno insieme. Leggendo la Scrittura apprendiamo però anche che Cristo e lo Spirito Santo sono inseparabili tra loro. Se Paolo con sconcertante sintesi afferma: "Il Signore è lo Spirito" (2 Cor 3, 17), appare non solo, nello sfondo, l’unità trinitaria tra il Figlio e lo Spirito Santo, ma soprattutto la loro unità riguardo alla storia della salvezza: nella passione e risurrezione di Cristo vengono strappati i veli del senso meramente letterale e si rende visibile la presenza del Dio che sta parlando. Leggendo la Scrittura insieme con Cristo, impariamo a sentire nelle parole umane la voce dello Spirito Santo e scopriamo l’unità della Bibbia.

3. Con ciò siamo ormai giunti alla terza dimensione della pneumatologia che consiste, appunto, nella inseparabilità di Cristo e dello Spirito Santo. Nella maniera forse più bella essa si manifesta nel racconto di san Giovanni circa la prima apparizione del Risorto davanti ai discepoli: il Signore alita sui discepoli e dona loro in questo modo lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo è il soffio di Cristo. E come il soffio di Dio nel mattino della creazione aveva trasformato la polvere del suolo nell’uomo vivente, così il soffio di Cristo ci accoglie nella comunione ontologica con il Figlio, ci rende nuova creazione. Per questo è lo Spirito Santo che ci fa dire insieme col Figlio: "Abba, Padre!" (cfr Gv 20, 22; Rm 8, 15).

4. Così, come quarta dimensione, emerge spontaneamente la connessione tra Spirito e Chiesa. Paolo, in Prima Corinzi 12 e in Romani 12, ha illustrato la Chiesa come Corpo di Cristo e proprio così come organismo dello Spirito Santo, in cui i doni dello Spirito Santo fondono i singoli in un tutt’uno vivente. Lo Spirito Santo è lo Spirito del Corpo di Cristo. Nell’insieme di questo Corpo troviamo il nostro compito, viviamo gli uni per gli altri e gli uni in dipendenza dagli altri, vivendo in profondità di Colui che ha vissuto e sofferto per tutti noi e che mediante il suo Spirito ci attrae a sé nell’unità di tutti i figli di Dio. "Vuoi anche tu vivere dello Spirito di Cristo? Allora sii nel Corpo di Cristo", dice Agostino a questo proposito (Tr. in Jo. 26, 13).