Ecumenismo: dal battesimo verso l'eucarestia (da Benedetto XVI)
(dal discorso di Benedetto XVI del 18 luglio 2008, durante l’incontro ecumenico nella cripta della St. Mary’s Cathedral di Sidney)
Nel brano della Scrittura che abbiamo appena udito, Paolo ci ricorda l’enorme grazia che abbiamo ricevuto nel divenire membra del Corpo di Cristo mediante il Battesimo. Questo Sacramento, che è la porta d’ingresso nella Chiesa e il "vincolo di unità" per quanti grazie ad esso sono rinati (cfr Unitatis redintegratio, 22), è conseguentemente il punto di partenza dell’intero movimento ecumenico. E tuttavia non è la destinazione finale. Il cammino dell’Ecumenismo mira in definitiva ad una comune celebrazione dell’Eucaristia (cfr Ut unum sint, 23-24; 45), che Cristo ha affidato ai suoi Apostoli come il Sacramento per eccellenza dell’unità della Chiesa. Anche se vi sono ancora ostacoli da superare, noi possiamo essere sicuri che un giorno una comune Eucaristia non farà che sottolineare la nostra decisione di amarci e servirci gli uni gli altri a imitazione del nostro Signore: il comandamento di Gesù di "fare questo in memoria di me" (Lc 22,19) è, infatti, intrinsecamente ordinato al suo monito di "lavarci i piedi gli uni gli altri" (Gv 13,14). Per questa ragione un sincero dialogo concernente il posto dell’Eucaristia – stimolato da un rinnovato ed attento studio della Scrittura, degli scritti patristici e dei documenti dei due millenni della storia cristiana (cfr Ut unum sint, 69-70) – gioverà indubbiamente a far avanzare il movimento ecumenico e ad unificare la nostra testimonianza davanti al mondo.
Cari amici in Cristo, penso sarete d’accordo nel ritenere che il movimento ecumenico sia giunto ad un punto critico. Per andare avanti, dobbiamo continuamente chiedere a Dio di rinnovare le nostre menti con la grazia dello Spirito Santo (cfr Rm 12,2), che ci parla attraverso le Scritture e ci guida alla verità tutta intera (cfr 2 Pt 1,20-21; Gv 16,13). Dobbiamo stare in guardia contro ogni tentazione di considerare la dottrina come fonte di divisione e perciò come impedimento a quello che sembra essere il più urgente ed immediato compito per migliorare il mondo nel quale viviamo. In realtà, la storia della Chiesa dimostra che la praxis non solo è inseparabile dalla didaché, dall’insegnamento, ma anzi ne promana. Quanto più assiduamente ci dedichiamo a raggiungere una comune comprensione dei divini misteri, tanto più eloquentemente le nostre opere di carità parleranno dell’immensa bontà di Dio e del suo amore verso tutti. Sant’Agostino espresse l’interconnessione tra il dono della conoscenza e la virtù della carità quando scrisse che la mente ritorna a Dio attraverso l’amore (cfr De moribus Ecclesiae catholicae, XII, 21), e che dovunque si vede la carità, si vede la Trinità (cfr De Trinitate, 8, 8, 12).
Per questa ragione, il dialogo ecumenico avanza non soltanto mediante uno scambio di idee, ma condividendo doni che ci arricchiscono mutuamente (cfr Ut unum sint, 28; 57). Un’‘idea’ è finalizzata al raggiungimento della verità; un ‘dono’ esprime l’amore. Ambedue sono essenziali al dialogo. L’aprire noi stessi ad accettare doni spirituali da altri cristiani stimola la nostra capacità di percepire la luce della verità che viene dallo Spirito Santo. San Paolo insegna che è nella koinonia della Chiesa che noi abbiamo l’accesso alla verità del Vangelo e i mezzi per difenderla, perché la Chiesa è edificata "sopra il fondamento degli Apostoli e dei Profeti", avendo lo stesso Gesù quale pietra angolare (Ef 2,20).
Nel brano della Scrittura che abbiamo appena udito, Paolo ci ricorda l’enorme grazia che abbiamo ricevuto nel divenire membra del Corpo di Cristo mediante il Battesimo. Questo Sacramento, che è la porta d’ingresso nella Chiesa e il "vincolo di unità" per quanti grazie ad esso sono rinati (cfr Unitatis redintegratio, 22), è conseguentemente il punto di partenza dell’intero movimento ecumenico. E tuttavia non è la destinazione finale. Il cammino dell’Ecumenismo mira in definitiva ad una comune celebrazione dell’Eucaristia (cfr Ut unum sint, 23-24; 45), che Cristo ha affidato ai suoi Apostoli come il Sacramento per eccellenza dell’unità della Chiesa. Anche se vi sono ancora ostacoli da superare, noi possiamo essere sicuri che un giorno una comune Eucaristia non farà che sottolineare la nostra decisione di amarci e servirci gli uni gli altri a imitazione del nostro Signore: il comandamento di Gesù di "fare questo in memoria di me" (Lc 22,19) è, infatti, intrinsecamente ordinato al suo monito di "lavarci i piedi gli uni gli altri" (Gv 13,14). Per questa ragione un sincero dialogo concernente il posto dell’Eucaristia – stimolato da un rinnovato ed attento studio della Scrittura, degli scritti patristici e dei documenti dei due millenni della storia cristiana (cfr Ut unum sint, 69-70) – gioverà indubbiamente a far avanzare il movimento ecumenico e ad unificare la nostra testimonianza davanti al mondo.
Cari amici in Cristo, penso sarete d’accordo nel ritenere che il movimento ecumenico sia giunto ad un punto critico. Per andare avanti, dobbiamo continuamente chiedere a Dio di rinnovare le nostre menti con la grazia dello Spirito Santo (cfr Rm 12,2), che ci parla attraverso le Scritture e ci guida alla verità tutta intera (cfr 2 Pt 1,20-21; Gv 16,13). Dobbiamo stare in guardia contro ogni tentazione di considerare la dottrina come fonte di divisione e perciò come impedimento a quello che sembra essere il più urgente ed immediato compito per migliorare il mondo nel quale viviamo. In realtà, la storia della Chiesa dimostra che la praxis non solo è inseparabile dalla didaché, dall’insegnamento, ma anzi ne promana. Quanto più assiduamente ci dedichiamo a raggiungere una comune comprensione dei divini misteri, tanto più eloquentemente le nostre opere di carità parleranno dell’immensa bontà di Dio e del suo amore verso tutti. Sant’Agostino espresse l’interconnessione tra il dono della conoscenza e la virtù della carità quando scrisse che la mente ritorna a Dio attraverso l’amore (cfr De moribus Ecclesiae catholicae, XII, 21), e che dovunque si vede la carità, si vede la Trinità (cfr De Trinitate, 8, 8, 12).
Per questa ragione, il dialogo ecumenico avanza non soltanto mediante uno scambio di idee, ma condividendo doni che ci arricchiscono mutuamente (cfr Ut unum sint, 28; 57). Un’‘idea’ è finalizzata al raggiungimento della verità; un ‘dono’ esprime l’amore. Ambedue sono essenziali al dialogo. L’aprire noi stessi ad accettare doni spirituali da altri cristiani stimola la nostra capacità di percepire la luce della verità che viene dallo Spirito Santo. San Paolo insegna che è nella koinonia della Chiesa che noi abbiamo l’accesso alla verità del Vangelo e i mezzi per difenderla, perché la Chiesa è edificata "sopra il fondamento degli Apostoli e dei Profeti", avendo lo stesso Gesù quale pietra angolare (Ef 2,20).