Vincere la tentazione della sfiducia (dal cardinal Camillo Ruini)

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 17 /07 /2008 - 22:10 pm | Permalink | Homepage
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(dall’omelia di S.Em. il cardinal Camillo Ruini nella messa per il XXV del suo episcopato in S.Giovanni in Laterano, sabato 21 giugno 2008)

La seconda lettura di questa S. Messa, dalla Lettera dell’Apostolo Paolo ai cristiani di Roma, è il testo “classico” riguardo al peccato originale presente in ciascuno di noi. Questo brano ci porta al cuore della storia della salvezza, ricordandoci che “come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato”, ma aggiungendo subito che “se… per la caduta di uno solo morirono tutti, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia di un solo uomo, Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti gli uomini”. Vorrei insistere su questo “molto di più” e su questo “in abbondanza”: essi, nel mistero dell’economia di salvezza, valgono sempre e valgono anche oggi.

Il sacerdote, il Vescovo, il cristiano avverte giustamente il “regno del peccato” (Rom 6), avverte oggi la radicalità della sfida che è posta alla fede cristiana nei comportamenti e nel pensiero. Ne scaturisce facilmente la tentazione della sfiducia: questo nel nostro tempo è forse il pericolo più grande per la missione del Vescovo e della Chiesa. La Diocesi di Roma, e in essa il clero romano, per grazia di Dio mediamente giovane e ben preparato, le tante presenze vive religiose e laicali, devono sconfiggere questa tentazione, che è contraria alla speranza teologale, alla speranza cioè fondata sulla forza dell’amore che Dio ha per la famiglia umana.

La continuità più profonda tra i due Pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI sta forse proprio nella fiducia che questa tentazione e questa sfida radicale possono, anche storicamente, essere superate, anzitutto per la potenza salvifica di Dio, che è reale e storicamente incarnata: è questo il senso del messaggio dell’Enciclica Spe salvi. Quando sono ritornato a Roma dopo i lunghi anni del mio ministero a Reggio Emilia, portavo già dentro di me una simile convinzione, ma certamente il contatto con i due Papi mi ha molto fortificato e aiutato a capirla di più e a vederla come “storia in atto”, storia che si realizza nelle vicende quotidiane.

Il piccolo testamento che vorrei lasciare alla Diocesi di Roma è dunque questo: guardiamo alla grande sfida che oggi dobbiamo affrontare, rendiamocene conto, non nascondiamoci davanti a lei, cerchiamo di coglierla nella sua forza, spessore, pervasività, capacità di penetrazione, quella capacità e quell’attrattiva che essa esercita specialmente verso le nuove generazioni. Ma guardiamola con occhio disincantato e a sua volta penetrante, con l’occhio della fede, che è necessariamente diverso e anche più penetrante rispetto a uno sguardo soltanto umano. Con la luce della fede possiamo intuire infatti la realtà profonda dell’uomo, in cui Dio è presente per attirare a sé ed orientare a Cristo le persone e la storia. Oso dire che Dio continua ad attirare a sé in modo speciale questa nostra Chiesa e Città di Roma, come tante volte in questi anni ho potuto toccare con mano.