Deuteronomio: una obbedienza nuova e antica (da Bruna Costacurta)
(dalla relazione tenuta dalla prof.ssa Bruna Costacurta all'incontro presbiterale del settore Sud della diocesi di Roma dell'11 maggio 2006, dal titolo "Beati quelli che ascoltano la Parola di Dio". IL testo non è stato rivisto dall'autrice)
Mosè lo ha condotto nella vita del deserto e adesso, nel momento in cui abbandona il popolo, gli lascia questo testamento spirituale che è il Deuteronomio e che accompagnerà il popolo nella vita della terra. Mosè non lo potrà più accompagnare fisicamente, ma accompagna il popolo attraverso questo suo lungo discorso, donando al popolo delle parole. Dona al popolo queste parole che accompagneranno il popolo in questa situazione completamente nuova, perché il deserto voleva dire vagabondare nelle terre e adesso invece la terra di Canaan vuol dire conoscere una stabilità che è quella non solo di possedere una terra e non più di andare vagando in una terra non propria, ma vuol dire anche abbandonare le tende per costruire una casa e quindi anche per fare quella costruzione della casa che non è solo quella di mettere un mattone sull’altro per fare dei muri, ma è quella costruzione della casa che è il mettere su famiglia. Non si tratta più di vivere giorno per giorno di ciò che Dio manda dal cielo, prima la manna e poi le quaglie; non più il cibo, la vita da attendere ogni giorno da Dio, ma invece i campi da coltivare, il bestiame da allevare, così che adesso è il popolo che si procura il cibo che fa vivere, invece di attenderlo ogni giorno come dono che scende dal cielo. Perché ci sono i campi con i loro frutti, perché c’è il bestiame, perché non c’è poi più quell’obbedienza piccola, minuta, materiale, giorno dopo giorno, ora dopo ora, che era quella del cammino nel deserto dove Israele si muoveva quando la colonna di fuoco si muoveva e poi si fermava, quando la colonna di fuoco o la nube si fermava; non più quell’obbedienza del passo dopo passo dietro a Dio, non più quell’obbedienza della manna che va raccolta ogni giorno senza metterla da parte per il giorno dopo e quindi ogni giorno, il giorno dopo si raccoglie la manna, però il venerdì bisogna raccoglierne il doppio e poi bisogna raccoglierne quella determinata quantità e non altra… lo vedete l’obbedienza assolutamente minuziosa, che praticamente ti determina tutta la vita, tutta la tua giornata, ora dopo ora… Tu fai questo, poi devi fare quest’altro e poi in questa misura e poi in quest’altra… Un’obbedienza bambina, piccola, dei bambini che devono fare tutto… adesso no! Nella terra c’è un’obbedienza completamente diversa che viene chiesta al popolo, perché nella terra non c’è più la manna da prendere in quelle determinate quantità; non c’è più Mosè a indicare minuziosamente le cose da fare… la tenda costruita in questo modo, alta così, di questo colore… adesso il popolo entra in una terra che è sua e deve in qualche modo prendere in mano la propria vita e gestirla, ormai fatto adulto. Non più l’obbedienza bambina, ma adulta, libera, cioè l’obbedienza del cuore e non più solo delle cose. Mosè prepara il popolo a questo passaggio, che è radicale, di una diversità totale e prepara il popolo a questo passaggio aiutandolo a capire che ora è tutto diverso, ma che il rapporto con Dio, invece, deve rimanere uguale. Questo è significativo, perché rappresenta anche diverse tappe della nostra vita di credenti, spirituale, dove c’è un momento in cui siamo chiamati all’obbedienza minuziosa, piccola, a lasciarci guidare in tutto per poi, invece, assumerci le nostre responsabilità e quindi gestire una terra che ormai è nostra. E allora: non vivere più semplicemente aspettando la manna, ma vivere coltivando i campi, raccogliendo il grano e decidendo noi in seguito che cosa ci facciamo con questo grano. Lo mettiamo nei granai, lo distribuiamo ai poveri… che ci facciamo? E’ la vita nella terra, la vita del credente che è in rapporto con il mondo; e quindi ci sono i campi, c’è il bestiame… tradotto oggi: c’è il conto in banca, c’è da gestire il patrimonio della parrocchia; c’è da prendere delle decisioni su cosa fare, come gestirla… parroci a tempo pieno oppure anche lavorando… è la vostra vita di preti adulti ed è la nostra vita di laici adulti, che dobbiamo lavorare sul posto di lavoro, prendere le nostre responsabilità, mettere su casa… questo è ciò che aspetta Israele nella terra e davanti a questo la cosa importante (Deut 8) è Mosè che dice: Bene! Tutto questo sta per avvenire, ma attenti! La manna finirà, ma bisognerà che voi accogliate i campi di grano proprio come accoglievate la manna e allora: non c’è più la manna, i campi di grano li coltivate voi, mentre la manna veniva dal cielo, però, nonostante i campi siate voi a coltivarli, a gestirli, dovete poi ricevere questi campi di grano allo stesso modo con cui ricevevate la manna, pur essendo voi a coltivarli, a raccogliere il grano e a gestirli. E ci saranno le case e ci saranno le vigne e ci sarà il bestiame e questo dovrà continuare ad essere accolto come dono; saranno vostre proprietà, ma guai a farle diventare vostre; devono essere vostre solo nella misura in cui sono vostre, perché le accogliete come dono, proprio come accoglievate la manna, proprio come quando vivevate sotto le tende. E allora guai a voi se vi lascerete andare alla tentazione. Questa è anche la tentazione costante della nostra vita di credenti adulti. Adulti, vuol dire che assumiamo responsabilmente la nostra vita nella fede, però prendendoci le nostre responsabilità. Ebbene: la tentazione costante della nostra fede di adulti è quella che dice Mosè ed è quella di dire: la mia forza e la potenza della mia mano mi hanno acquistato tutto questo. Invece di accogliere la manna, guardiamo i nostri campi di grano, le nostre case, le nostre chiese, il nostro popolo e diciamo: con la mia forza io ho costruito tutto questo ed è questo che mi fa vivere. Mosè dice: guai a voi! E perché questo non avvenga, perché invece sia possibile vivere di fede, ecco cosa dice Mosè: Ascolta! L’antidoto contro la maledizione della tentazione dell’autosufficienza è ascoltare ed ecco allora: ascolta, Israele!
Mosè lo ha condotto nella vita del deserto e adesso, nel momento in cui abbandona il popolo, gli lascia questo testamento spirituale che è il Deuteronomio e che accompagnerà il popolo nella vita della terra. Mosè non lo potrà più accompagnare fisicamente, ma accompagna il popolo attraverso questo suo lungo discorso, donando al popolo delle parole. Dona al popolo queste parole che accompagneranno il popolo in questa situazione completamente nuova, perché il deserto voleva dire vagabondare nelle terre e adesso invece la terra di Canaan vuol dire conoscere una stabilità che è quella non solo di possedere una terra e non più di andare vagando in una terra non propria, ma vuol dire anche abbandonare le tende per costruire una casa e quindi anche per fare quella costruzione della casa che non è solo quella di mettere un mattone sull’altro per fare dei muri, ma è quella costruzione della casa che è il mettere su famiglia. Non si tratta più di vivere giorno per giorno di ciò che Dio manda dal cielo, prima la manna e poi le quaglie; non più il cibo, la vita da attendere ogni giorno da Dio, ma invece i campi da coltivare, il bestiame da allevare, così che adesso è il popolo che si procura il cibo che fa vivere, invece di attenderlo ogni giorno come dono che scende dal cielo. Perché ci sono i campi con i loro frutti, perché c’è il bestiame, perché non c’è poi più quell’obbedienza piccola, minuta, materiale, giorno dopo giorno, ora dopo ora, che era quella del cammino nel deserto dove Israele si muoveva quando la colonna di fuoco si muoveva e poi si fermava, quando la colonna di fuoco o la nube si fermava; non più quell’obbedienza del passo dopo passo dietro a Dio, non più quell’obbedienza della manna che va raccolta ogni giorno senza metterla da parte per il giorno dopo e quindi ogni giorno, il giorno dopo si raccoglie la manna, però il venerdì bisogna raccoglierne il doppio e poi bisogna raccoglierne quella determinata quantità e non altra… lo vedete l’obbedienza assolutamente minuziosa, che praticamente ti determina tutta la vita, tutta la tua giornata, ora dopo ora… Tu fai questo, poi devi fare quest’altro e poi in questa misura e poi in quest’altra… Un’obbedienza bambina, piccola, dei bambini che devono fare tutto… adesso no! Nella terra c’è un’obbedienza completamente diversa che viene chiesta al popolo, perché nella terra non c’è più la manna da prendere in quelle determinate quantità; non c’è più Mosè a indicare minuziosamente le cose da fare… la tenda costruita in questo modo, alta così, di questo colore… adesso il popolo entra in una terra che è sua e deve in qualche modo prendere in mano la propria vita e gestirla, ormai fatto adulto. Non più l’obbedienza bambina, ma adulta, libera, cioè l’obbedienza del cuore e non più solo delle cose. Mosè prepara il popolo a questo passaggio, che è radicale, di una diversità totale e prepara il popolo a questo passaggio aiutandolo a capire che ora è tutto diverso, ma che il rapporto con Dio, invece, deve rimanere uguale. Questo è significativo, perché rappresenta anche diverse tappe della nostra vita di credenti, spirituale, dove c’è un momento in cui siamo chiamati all’obbedienza minuziosa, piccola, a lasciarci guidare in tutto per poi, invece, assumerci le nostre responsabilità e quindi gestire una terra che ormai è nostra. E allora: non vivere più semplicemente aspettando la manna, ma vivere coltivando i campi, raccogliendo il grano e decidendo noi in seguito che cosa ci facciamo con questo grano. Lo mettiamo nei granai, lo distribuiamo ai poveri… che ci facciamo? E’ la vita nella terra, la vita del credente che è in rapporto con il mondo; e quindi ci sono i campi, c’è il bestiame… tradotto oggi: c’è il conto in banca, c’è da gestire il patrimonio della parrocchia; c’è da prendere delle decisioni su cosa fare, come gestirla… parroci a tempo pieno oppure anche lavorando… è la vostra vita di preti adulti ed è la nostra vita di laici adulti, che dobbiamo lavorare sul posto di lavoro, prendere le nostre responsabilità, mettere su casa… questo è ciò che aspetta Israele nella terra e davanti a questo la cosa importante (Deut 8) è Mosè che dice: Bene! Tutto questo sta per avvenire, ma attenti! La manna finirà, ma bisognerà che voi accogliate i campi di grano proprio come accoglievate la manna e allora: non c’è più la manna, i campi di grano li coltivate voi, mentre la manna veniva dal cielo, però, nonostante i campi siate voi a coltivarli, a gestirli, dovete poi ricevere questi campi di grano allo stesso modo con cui ricevevate la manna, pur essendo voi a coltivarli, a raccogliere il grano e a gestirli. E ci saranno le case e ci saranno le vigne e ci sarà il bestiame e questo dovrà continuare ad essere accolto come dono; saranno vostre proprietà, ma guai a farle diventare vostre; devono essere vostre solo nella misura in cui sono vostre, perché le accogliete come dono, proprio come accoglievate la manna, proprio come quando vivevate sotto le tende. E allora guai a voi se vi lascerete andare alla tentazione. Questa è anche la tentazione costante della nostra vita di credenti adulti. Adulti, vuol dire che assumiamo responsabilmente la nostra vita nella fede, però prendendoci le nostre responsabilità. Ebbene: la tentazione costante della nostra fede di adulti è quella che dice Mosè ed è quella di dire: la mia forza e la potenza della mia mano mi hanno acquistato tutto questo. Invece di accogliere la manna, guardiamo i nostri campi di grano, le nostre case, le nostre chiese, il nostro popolo e diciamo: con la mia forza io ho costruito tutto questo ed è questo che mi fa vivere. Mosè dice: guai a voi! E perché questo non avvenga, perché invece sia possibile vivere di fede, ecco cosa dice Mosè: Ascolta! L’antidoto contro la maledizione della tentazione dell’autosufficienza è ascoltare ed ecco allora: ascolta, Israele!