Ho imparato che un animo forte senza un cuore tenero non porta alcun frutto; lo stesso vale per un cuore tenero senza l'animo forte(da Sophie Scholl)
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Da Sophie Scholl, Appunti, gennaio 1942?
Ho imparato che un animo forte senza un cuore tenero non porta alcun frutto; lo stesso vale per un cuore tenero senza l'animo forte. Credo sia vera la frase di Maritain: Il faut avoir l’esprit dur et le coeur tendre [bisogna avere un cuore tenero e uno spirito duro]».
Una parola, di cui l'anima non fa esperienza, è una parola morta. E un sentimento, che non sia grembo di un pensiero, è inutile. La musica, però, rende il cuore tenero: ne mette in ordine la confusione, ne scioglie l'irrigidimento e crea così un presupposto affinché lo spirito agisca nell'anima, dopo aver bussato invano alle sue porte ben serrate.
Sì, zitta zitta e senza violenza, la musica apre le porte all'anima. Ora sono aperte! Ora ella è pronta ad accogliere. Questo è l'effetto ultimo che la musica ha su di me, che me la rende necessaria in questa vita. E come non mi lavo per amore dell'acqua, così non ascolto la musica per amore della musica.
Qui ci sarebbe anche da dire che non mi riferisco alle creazioni musicali. Non intendo scrivere su questo. Ho ascoltato ancora troppo poco e devo ancora imparare molto. Ascoltare in modo giusto la musica richiede un totale abbandono di sé ad essa, uno sciogliersi da tutto ciò che finora mi teneva prigioniera, un cuore da bambino che non conosce sofisticherie e non va in cerca di secondi fini. E la ricompensa è un cuore liberato dalle proprie catene, un cuore senza pregiudizi, un cuore che è diventato sensibile all'armonia e a ciò che è armonico, un cuore che ha aperto le proprie porte all'azione dello spirito.
Che gusto c'è allora in un concerto? Perché andare? Mentre scrivo, mi rendo conto che è difficile dare una risposta. I motivi che emergono sono tanti, anche se ho le idee chiare. Penso prima di tutto a quelle persone che vanno per ascoltare. Ma non vogliono veramente ascoltare. Infatti il loro cuore è attaccato a tante piccole cose, che non vogliono lasciarli andare. Avari e ostinati, essi chiudono le orecchie ancora prima che parta la prima nota. Ma allora perché vanno ad un concerto? Sì, perché? Bisogna chiederselo davvero, perché è del tutto assurdo cercare la musica per non volerla ascoltare.
Ma questo fa parte dell'educazione di queste persone. La loro educazione comprende un frammento di ogni campo del sapere. Vanno ad un concerto con lo stesso spirito con cui indossano un nuovo cappello per mostrarlo agli altri. Approvano con benevolenza cose che migliaia di loro hanno già approvato; cose oggetto di approvazione senza rischio alcuno. Condannano con freddezza le cose che appaiono loro insolite, fino a quando non verranno riconosciute da tutti. Così rientrano a casa, impenetrabili, come sono venuti. Né più né meno.
Allo stesso modo, anche quando provano un godimento estetico, questo non potrà essere grande. Si spegnerà in modo sterile, perché non sarà riuscito ad afferrare interamente il loro cuore, perché non avranno saputo sottomettersi alla sua forza liberante.
Il gusto di andare ad una serata di concerto è il gusto insipido, tiepido del borghesismo. E tuttavia — non potrebbe forse accadere che la musica tocchi almeno una di quelle persone, così che la serata acquisti il suo vero valore?
Sai, in queste riflessioni sulla sete che c'è nell'uomo - per lui la musica è come l'aria per la fiamma, l'aria che la ravviva - in queste riflessioni ho preso coscienza di come dovremmo morire di sete se non ci fosse Dio a darci da bere; e del fatto che non esiste solo quell'unico filo con cui siamo legati a Dio attraverso il creato, come credevo prima, quando ancora non sapevo cos'è una vita, soprattutto una vita umana.