Sovranità di Gesù sulla morte (da Giuseppe Angelini)
(da Giuseppe Angelini, Se vuoi essere perfetto... Omelie dell’anno A, pp.90-94)
La sintesi concisa e sorprendente di tale sovranità di Gesù sulla morte trova espressione nell’ordine perentorio rivolto a Lazzaro, già da quattro giorni nel sepolcro: Lazzaro, vieni fuori! Ma già prima la sovranità di Gesù si annuncia attraverso molte parole e molti gesti di Gesù che sorprendono e lasciano interdetto il lettore. Sorprende che Gesù non si muova subito appena udito il messaggio accorato delle sorelle: Signore, ecco, il tuo amico è malato; esso suona infatti come un ordine perentorio: “Muoviti! Fa presto”. Gesù invece, udito quel messaggio, proclama una certezza: Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato. Certo Gesù non si è espresso con queste precise parole; mettendo sulla bocca di Gesù parole tanto esplicite l’evangelista intende interpretare il fatto strano che egli alla notizia della malattia grave dell’amico non abbia risposto agitandosi, come accade in tali casi a tutti noi. Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro, come subito è precisato; e tuttavia non sospese le occupazioni del momento. La pacatezza della sua reazione già annunciava la sua sovranità nei confronti della morte. La diagnosi di una malattia grave ha il potere di cambiare subito la nostra vita, e anche in maniera profonda; quella diagnosi ha un potere di convertire che appare decisamente maggiore di quello che ha l’annuncio del vangelo. Eppure proprio questa è la pretesa del vangelo di Gesù, convertire la nostra vita, come è detto fin dal principio: Convertitevi e credete al vangelo. Le parole del vangelo ci colpiscono, certo; non hanno però di solito il potere di cambiare istantaneamente la qualità dei pensieri e delle abitudini. La parola di Gesù può dunque meno della parola del medico, la cui diagnosi mette a rischio la nostra vita. Anche così si manifesta la sovranità che la morte esercita sulla nostra vita. Gesù non obbedisce al potere dispotico della morte. La notizia che Lazzaro è malato non interrompe le sue opere buone. Fare diversamente sarebbe come arrendersi a una presunta inconsistenza di ogni opera buona di fronte alla minaccia della morte incombente. Proseguendo la sua opera, Gesù afferma che la sua vita è più forte della morte. Appunto questo modo di fare e di sentire di Gesù il vangelo intende interpretare, mettendo sulla sua bocca quelle parole sorprendenti: Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio. Egli dunque si trattenne ancora due giorni nel luogo in cui si trovava: tale indugio mostra la qualità del tempo della vita di Gesù; esso è un tempo pieno e non provvisorio; non perde il suo senso e il suo valore a fronte della morte incombente; è destinato a rimanere fermo per sempre. Questo stesso messaggio Gesù proclama poi espressamente a Marta, quando le dice: Chi vive e crede in me, non morrà in eterno. La risurrezione che Gesù annuncia non è soltanto la prospettiva di un futuro lontano (chi crede in me, anche se muore, vivrà), ma è la verità già di oggi: chi vive e crede non morirà affatto...
Alla fine Gesù decide di andare da Lazzaro, e dice ai discepoli: Andiamo di nuovo in Giudea! Intendeva dire: “Andiamo da Lazzaro”. I discepoli però, ancora schiavi del potere della morte, vedono subito il prezzo di quella decisione e obiettano: Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?
La sintesi concisa e sorprendente di tale sovranità di Gesù sulla morte trova espressione nell’ordine perentorio rivolto a Lazzaro, già da quattro giorni nel sepolcro: Lazzaro, vieni fuori! Ma già prima la sovranità di Gesù si annuncia attraverso molte parole e molti gesti di Gesù che sorprendono e lasciano interdetto il lettore. Sorprende che Gesù non si muova subito appena udito il messaggio accorato delle sorelle: Signore, ecco, il tuo amico è malato; esso suona infatti come un ordine perentorio: “Muoviti! Fa presto”. Gesù invece, udito quel messaggio, proclama una certezza: Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato. Certo Gesù non si è espresso con queste precise parole; mettendo sulla bocca di Gesù parole tanto esplicite l’evangelista intende interpretare il fatto strano che egli alla notizia della malattia grave dell’amico non abbia risposto agitandosi, come accade in tali casi a tutti noi. Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro, come subito è precisato; e tuttavia non sospese le occupazioni del momento. La pacatezza della sua reazione già annunciava la sua sovranità nei confronti della morte. La diagnosi di una malattia grave ha il potere di cambiare subito la nostra vita, e anche in maniera profonda; quella diagnosi ha un potere di convertire che appare decisamente maggiore di quello che ha l’annuncio del vangelo. Eppure proprio questa è la pretesa del vangelo di Gesù, convertire la nostra vita, come è detto fin dal principio: Convertitevi e credete al vangelo. Le parole del vangelo ci colpiscono, certo; non hanno però di solito il potere di cambiare istantaneamente la qualità dei pensieri e delle abitudini. La parola di Gesù può dunque meno della parola del medico, la cui diagnosi mette a rischio la nostra vita. Anche così si manifesta la sovranità che la morte esercita sulla nostra vita. Gesù non obbedisce al potere dispotico della morte. La notizia che Lazzaro è malato non interrompe le sue opere buone. Fare diversamente sarebbe come arrendersi a una presunta inconsistenza di ogni opera buona di fronte alla minaccia della morte incombente. Proseguendo la sua opera, Gesù afferma che la sua vita è più forte della morte. Appunto questo modo di fare e di sentire di Gesù il vangelo intende interpretare, mettendo sulla sua bocca quelle parole sorprendenti: Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio. Egli dunque si trattenne ancora due giorni nel luogo in cui si trovava: tale indugio mostra la qualità del tempo della vita di Gesù; esso è un tempo pieno e non provvisorio; non perde il suo senso e il suo valore a fronte della morte incombente; è destinato a rimanere fermo per sempre. Questo stesso messaggio Gesù proclama poi espressamente a Marta, quando le dice: Chi vive e crede in me, non morrà in eterno. La risurrezione che Gesù annuncia non è soltanto la prospettiva di un futuro lontano (chi crede in me, anche se muore, vivrà), ma è la verità già di oggi: chi vive e crede non morirà affatto...
Alla fine Gesù decide di andare da Lazzaro, e dice ai discepoli: Andiamo di nuovo in Giudea! Intendeva dire: “Andiamo da Lazzaro”. I discepoli però, ancora schiavi del potere della morte, vedono subito il prezzo di quella decisione e obiettano: Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?