Diaconato (da Benedetto XVI)

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 13 /02 /2008 - 23:56 pm | Permalink | Homepage
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Dalle risposte di Benedetto XVI nell’incontro con i parroci ed il clero della diocesi di Roma del 7/2/2008

Vorrei anch'io esprimere la mia gioia e la mia gratitudine al Concilio, perché ha restaurato questo importante ministero nella Chiesa universale. Devo dire che quando ero arcivescovo di Monaco non ho trovato forse più di tre o quattro diaconi e ho favorito molto questo ministero, perché mi sembra che appartenga alla ricchezza del ministero sacramentale nella Chiesa. Nello stesso tempo, può essere anche un collegamento tra il mondo laico, il mondo professionale, e il mondo del ministero sacerdotale. Perché molti diaconi continuano a svolgere le loro professioni e mantengono le loro posizioni, importanti o anche di vita semplice, mentre il sabato e la domenica lavorano nella Chiesa. Così testimoniano nel mondo di oggi, anche nel mondo del lavoro, la presenza della fede, il ministero sacramentale e la dimensione diaconale del sacramento dell'Ordine. Questo mi sembra molto importante: la visibilità della dimensione diaconale.

Naturalmente anche ogni sacerdote rimane diacono e deve sempre pensare a questa dimensione, perché il Signore stesso si è fatto nostro ministro, nostro diacono. Pensiamo al gesto della lavanda dei piedi, con cui esplicitamente si mostra che il Maestro, il Signore, fa il diacono e vuole che quanti lo seguono siano diaconi, svolgano questo ministero per l'umanità, fino al punto di aiutare anche a lavare i piedi sporchi degli uomini a noi affidati. Questa dimensione mi sembra di grande importanza.

In questa occasione mi viene in mente — anche se forse non è immediatamente inerente al tema — una piccola esperienza che ha annotato Paolo VI. Ogni giorno del Concilio è stato intronizzato il Vangelo. E il Pontefice ha detto ai cerimonieri che una volta avrebbe voluto fare lui stesso questa intronizzazione del Vangelo. Gli hanno detto: no, questo è compito dei diaconi e non del Papa, del Sommo Pontefice, dei Vescovi. Lui ha annotato nel suo diario: ma io sono anche diacono, rimango diacono e vorrei anche esercitare questo ministero del diacono mettendo sul trono la Parola di Dio. Dunque questo concerne noi tutti. I sacerdoti rimangono diaconi e i diaconi esplicitano nella Chiesa e nel mondo questa dimensione diaconale del nostro ministero.

Questa intronizzazione liturgica della Parola di Dio ogni giorno durante il Concilio era sempre per noi un gesto di grande importanza: ci diceva chi era il vero Signore di quell’assemblea, ci diceva che sul trono c'è la Parola di Dio e noi esercitiamo il ministero per ascoltare e per interpretare, per offrire agli altri questa Parola. È ampiamente significativo per tutto quanto facciamo: intronizzare nel mondo la parola di Dio, la Parola vivente, Cristo. Che sia realmente Lui a governare la nostra vita personale e la nostra vita nelle parrocchie.

Poi Lei mi fa una domanda che, devo dire, va un po' oltre le mie forze: quali sarebbero i compiti propri dei diaconi a Roma. So che il Cardinale Vicario conosce molto meglio di me le situazioni reali della città, della comunità diocesana di Roma. Io penso che una caratteristica del ministero dei diaconi è proprio la molteplicità delle applicazioni del diaconato. Nella Commissione Teologica Internazionale, alcuni anni fa, abbiamo studiato a lungo il diaconato nella storia e anche nel presente della Chiesa. E abbiamo scoperto proprio questo: non c'è un profilo unico. Quanto si deve fare, varia a seconda della preparazione delle persone, delle situazioni nelle quali si trovano. Ci possono essere applicazioni e concretizzazioni diversissime, sempre in comunione con il Vescovo e con la parrocchia, naturalmente. Nelle diverse situazioni si mostrano diverse possibilità, anche a seconda della preparazione professionale che eventualmente hanno questi diaconi: potrebbero essere impegnati nel settore culturale, oggi così importante, o potrebbero avere una voce e un posto significativo nel settore educativo. Pensiamo quest'anno proprio al problema dell'educazione come centrale per il nostro futuro, per il futuro dell'umanità.

Certo, il settore della carità era a Roma il settore originario, perché i titoli presbiterali e le diaconie erano centri della carità cristiana. Questo era fin dall'inizio nella città di Roma un settore fondamentale. Nella mia Enciclica Deus caritas est ho mostrato che non solo la predicazione e la liturgia sono essenziali per la Chiesa e per il ministero della Chiesa, ma lo è altrettanto l'essere per i poveri, per i bisognosi, il servizio della caritas nelle sue molteplici dimensioni. Quindi spero che in ogni tempo, in ogni diocesi, pur con situazioni diverse, questa rimarrà una dimensione fondamentale e anche prioritaria per l'impegno dei diaconi, sia pure non l'unica, come ci mostra anche la Chiesa primitiva, dove i sette diaconi erano stati eletti proprio per consentire agli apostoli di dedicarsi alla preghiera, alla liturgia, alla predicazione.

Anche se poi Stefano si trova nella situazione di dover predicare agli ellenisti, agli ebrei di lingua greca, e così si allarga il campo della predicazione. Egli è condizionato, diciamo, dalle situazioni culturali, dove lui ha voce per rendere presente in questo settore la Parola di Dio e così anche rendere maggiormente possibile l'universalità della testimonianza cristiana, aprendo le porte a san Paolo, che fu testimone della sua lapidazione e poi, in un certo senso, suo successore nella universalizzazione della Parola di Dio.