La risata di cuore e gli intellettuali (da G.K. Chesterton)
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Da G.K. Chesterton, La risata, nella raccolta "L'uomo comune", Edizioni Paoline, traduzione di Frida Ballini, 1955
Vi sono innumerevoli prove a sostegno dell’affermazione che esisteva molto più sentimento sociale, o se volete sentimentalismo, negli accampamenti dove i bricconi di Bret Harte brandivano coltellacci e pistole, o nella cantina dell’osteria dove il signor Bardell venne colpito sulla testa con un boccale da un quarto, di quanto ve ne sia in tanti circoli intellettuali moderni dove l’anima rimane isolata, come le teste dei dannati che nell’inferno sono trattenute entro le loro buche di ghiaccio. E perciò, nel conflitto odierno fra il Sorriso e la Risata, il mio favore va tutto alla risata. La risata ha qualche cosa di comune con gli antichi venti della fede e della ispirazione; essa disgela l’orgoglio e stura la segretezza; induce gli uomini a dimenticare se stessi di fronte a qualche cosa che li trascende; qualche cosa a cui non possono resistere.