Umanesimo in famiglia (da Tommaso Moro)
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Da Tommaso Moro (Utopia, Roma-Bari, Laterza, 1981, p. 4)
500 anni fa san Thomas More pubblicava “Utopia”, un classico scritto da un padre di famiglia con figli di 11, 10, 9 e 6 anni (e altre due figlie adottive). Ecco come l'autore descrive al suo editore l’ambiente di casa sua:
“Una volta tornato a casa, devo avere un momento di condivisione con mia moglie, intrattenermi con i miei figli, parlare con i miei domestici. Queste sono tutte cose che sono tenuto a fare, le considero un vero lavoro; cose che uno deve fare se non vuole diventare un estraneo in casa propria. In ogni caso, un uomo deve organizzarsi e fare in modo di presentarsi a casa allegro, di buonumore e gradevole con le persone che la natura, la fortuna o le sue scelte personali hanno reso suoi famigliari e compagni di vita”.
Il beato Alvaro del Portillo commenta così questo passo:
“Il ritmo della vita moderna non sembra favorire questo impegno. Di tutto abbiamo sempre più abbondanza, salvo che di tempo. E si corre il rischio che i genitori vengano assorbiti dal lavoro, anche se per il nobile desiderio di assicurare nel miglior modo possibile il futuro dei figli. Ma questo futuro dipenderà più dal tempo che si è dedicato loro personalmente che non dal comfort che si è offerto loro. E così, quando i figli si lamentano non è per le cose che i genitori non hanno dato loro, ma perché padre e madre non hanno saputo donare loro sé stessi. Questo donarsi è già molto; ma non è tutto. Un cristiano cosciente della propria missione di lievito nella massa non può limitarsi all'attenzione nei confronti dei propri cari. Certo, in un mondo competitivo e duro è normale cercare nella propria famiglia l'affetto e la sicurezza che molte volte manca all'esterno. Come è anche comprensibile che, di fronte ai diversi tipi di famiglia che oggi esistono nella società, alcuni genitori cristiani cerchino di proteggere e coltivare il proprio. Ma la famiglia cristiana è una famiglia ‘aperta’”.