Sarò breve (da Piero Ottone)
da “Sarò breve...” e altre (false) promesse, di Piero Ottone
Ve ne sarete accorti anche voi: quelli che cominciano un discorso dicendo “sarò breve” parlano più a lungo degli altri. Non la finiscono mai. Consiglio dunque a chi parla di evitare quella frase di esordio, rigorosamente. Un discorso non deve essere né lungo né breve: devo solo avere la lunghezza necessaria per dire le cose che si ritiene opportuno dire. Chi promette di essere breve rivela di avere, in partenza, un complesso di colpa: ritiene che il suo discorso sarà noioso, che l’unico a divertirsi sarà lui che parla.
Sarò breve... L’oratore che così esordisce sente il bisogno di scusarsi di fronte alle persone che vede davanti a sé perché le attende mezz’ora, un’ora di noia, forse più. Non è un buon inizio, dunque. La fallacia della promessa aggrava la colpa. Quello stesso oratore, sempre dominato dai suoi complessi, quando ha parlato per un periodo di tempo interminabile è poi solito dire: “Aggiungo ancora un’ultima cosa, poi chiudo”. Anche questa nuova promessa è fallace, proprio come la prima. Dopo le dichiarazioni che dovevano essere le ultime, ne vengono infatti altre, e altre ancora, sempre più ultime, sempre più ultimissime. Noi che ascoltiamo pensiamo, inevitabilmente, che un bel tacer non fu mai scritto. E che il silenzio è d’oro.
Ve ne sarete accorti anche voi: quelli che cominciano un discorso dicendo “sarò breve” parlano più a lungo degli altri. Non la finiscono mai. Consiglio dunque a chi parla di evitare quella frase di esordio, rigorosamente. Un discorso non deve essere né lungo né breve: devo solo avere la lunghezza necessaria per dire le cose che si ritiene opportuno dire. Chi promette di essere breve rivela di avere, in partenza, un complesso di colpa: ritiene che il suo discorso sarà noioso, che l’unico a divertirsi sarà lui che parla.
Sarò breve... L’oratore che così esordisce sente il bisogno di scusarsi di fronte alle persone che vede davanti a sé perché le attende mezz’ora, un’ora di noia, forse più. Non è un buon inizio, dunque. La fallacia della promessa aggrava la colpa. Quello stesso oratore, sempre dominato dai suoi complessi, quando ha parlato per un periodo di tempo interminabile è poi solito dire: “Aggiungo ancora un’ultima cosa, poi chiudo”. Anche questa nuova promessa è fallace, proprio come la prima. Dopo le dichiarazioni che dovevano essere le ultime, ne vengono infatti altre, e altre ancora, sempre più ultime, sempre più ultimissime. Noi che ascoltiamo pensiamo, inevitabilmente, che un bel tacer non fu mai scritto. E che il silenzio è d’oro.