È come se – per la sua irriducibile estraneità – Israele sollevasse la domanda: chi sono gli abitanti originari, gli autoctoni, di questa terra, e di ogni terra? (da Donatella Di Cesare)
da Donatella Di Cesare, Israele. Terra, ritorno, anarchia, Bollati Boringhieri editore, 2014 (non è stato possibile controllare la fonte della citazione)
L’esistenza dello Stato di Israele costituirebbe l’esito di un ritorno imprevisto e indesiderato, l’intrusione dell’estraneo, l’irruzione dell’illegittimo. Il “peccato originale” che ne avrebbe segnato la nascita, sarebbe quello di aver scalzato, come popolo straniero e occupante, un popolo “autoctono”, cioè indigeno, nativo, locale. Ma in realtà si possono sfidare tutti i popoli a provare il loro diritto: nessuno è autoctono. Israele irrita la sovrana autocoscienza delle nazioni che vantano le loro radici nella terra, la loro presunta identità territoriale. È come se – per la sua irriducibile estraneità – Israele sollevasse la domanda: chi sono gli abitanti originari, gli autoctoni, di questa terra, e di ogni terra? Il popolo ebraico ricorda a sé e agli altri che sulla terra nessuno è autoctono, ma tutti sono ospiti temporanei, «stranieri residenti».