[Amicizia.] Non sono venuto a fare discorsi... (di Gabriel Garcia Marquez a 17 anni)
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Discorso che Gabriel Garcia Marquez tenne a 17 anni, per accomiatarsi dal corso di un anno precedente al suo, pubblicato in G.G. Marquez, Non sono venuto a fare discorsi, Mondadori, Milano
Zipaquirà, Colombia 17 novembre 1944
In genere, in tutti gli eventi sociali come questo, si designa una persona a tenere un discorso. Questa persona cerca sempre il tema più appropriato e lo sviluppa di fronte ai presenti. Io non sono venuto a far discorsi. Ho potuto scegliere per oggi il nobile tema dell’amicizia. Ma che cosa potrei dirvi sull’amicizia? Avrei riempito svariati fogli di aneddoti e citazioni che, alla resa dei conti, non mi avrebbero condotto verso il finale desiderato. Analizzate ciascuno dei vostri sentimenti, considerate a uno a uno i motivi per i quali provate una preferenza incomparabile per la persona depositaria di tutte le vostre intimità e allora conoscerete la ragione di questo evento.
Tutta la serie di avvenimenti quotidiani che ci ha unito per mezzo di vincoli infrangibili a questo gruppo di ragazzi in procinto di farsi strada nella vita: è questa l’amicizia. Ed è questo ciò che vi avrei detto oggi. Però, lo ripeto, non sono venuto a far discorsi. Voglio soltanto nominarvi giudici morali in questo processo per poi invitarvi a condividere con gli studenti di questo vivaio il doloroso istante di un commiato.
Ed eccoli qui, pronti a partire, Henry Sánchez, il simpatico d’Artagnan dello sport, con i suoi tre moschettieri Jorge Fajardo, Augusto Londoño e Hernando Rodriguez. Ecco Rafael Cuenca e Nicolàs Reyes, uno ombra dell’altro. Ecco Ricardo González, gran cavaliere della provetta, e Alfredo Garcia Romero, dichiarato individuo pericoloso in tutte le discussioni; insieme, vite esemplari della vera amicizia. Ecco Julio Villafañe e Rodrigo Restrepo, membri del nostro Parlamento e del nostro giornalismo. Ci sono Miguel Ángel Lozano e Guillermo Rubio, apostoli dell’esattezza. Ci sono Humberto Jaimes e Manuel Arenas e Samuel Huertas ed Ernesto Martinez, consoli della dedizione e della buona volontà. C’è Álvaro Nivia con il suo buonumore e la sua intelligenza. Ci sono Jaime Fonseca e Héctyor Cuéllar e Alfredo Aguirre, tre persone diverse e un solo vero ideale: riuscire nella vita. Ci sono Carlos Aguirre e Carlos Alvarado, uniti da uno stesso nome e dallo stesso desiderio di essere l’orgoglio della patria. Ci sono Álvaro Baquero e Ramiro Cárdenas e Jaime Montoya, inseparabili compagni dei libri E ci sono, infine, Julio César Morales e Guillermo Sánchez, come due colonne viventi che sostengono sulle spalle la responsabilità delle mie parole, quando dico che questo gruppo di ragazzi è destinato a perdurare nei migliori dagherrotipi della Colombia. Vanno tutti alla ricerca della luce spinti da uno stesso ideale. E adesso che avete ascoltato le qualità di ciascuno, emetterò la sentenza che voi, come giudici morali, dovrete prendere in considerazione: a nome del Liceo Nacional e della società, dichiaro questo gruppo di giovani, con le parole di Cicerone, membri effettivi dell’accademia del dovere e cittadini dell’intelligenza.
Spettabile pubblico, il processo è finito.