La confessione ben fatta, sincera, completa, è tra le maggiori fonti di gioia che un uomo possa sperimentare (da Leonardo Mondadori)
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da Leonardo Mondadori, in L. Mondadori - V. Messori, Conversione. Una storia personale, Mondadori, Milano, 2010, pp. 65-66; 67-68; 68-69; 69
L’ho già detto ma mi preme ripeterlo: la confessione ben fatta, sincera, completa, è tra le maggiori fonti di gioia che un uomo possa sperimentare. Hai la certezza di essere riaccolto nella casa del Padre: riconciliato con Lui, con te stesso, con gli altri. Anche, forse soprattutto in questo, mi sento profondamente cattolico: non mi basta fare i conti a tu per tu con Dio, come vogliono i protestanti. Ho bisogno di quello strumento umano, che mi testimonia il perdono e la misericordia divina, che è il sacerdote. Non è stato Gesù stesso a dare ai suoi apostoli il potere di legare e di sciogliere e di farci annunciare da loro, a suo nome, il condono dei peccati? Naturalmente è una gioia che nasce dalla sofferenza che costa il mettersi così a nudo, nella propria miseria. Quella prima volta, poi, mi è costato molto anche perché ho scoperto una quantità di colpe e di miserie che nemmeno immaginavo.
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Esaminarci sulle nostre colpe, assumercene l’onere, ci aiuta a recuperare quel senso di responsabilità che rischiamo di perdere; ci confronta beneficamente con la verità su noi stessi, senza alibi e senza scuse ideologiche e sociologiche. Se guardo a me stesso, constato che sono figlio unico, che non ho praticamente avuto un padre, che sono stato viziato in una famiglia ricca e influente. Se avessi voluto trovare degli alibi ai miei errori, alle mie mancanze, non avevo che da scegliere. È stato il realismo cattolico, il suo richiamo alle responsabilità di ognuno, che mi ha aiutato e mi aiuta a stare lontano da ogni vittimismo, da ogni giustificazionismo da sociologo “alla Rousseau” o da psicologo “progressista”, per il quale ogni colpa è della società, dell’educazione, delle circostanze, magari del governo. In ogni caso, degli altri.
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Non esistono soltanto “problemi” che, per definizione, possono trovare una soluzione, come vorrebbero indurci a credere. Ci sono cose, tante cose - troppe, se guardiamo al nostro desiderio di felicità terrena -, che sono irrimediabili, alle quali non si può sfuggire e che possono essere non solo sopportate ma trasfigurate guardando a quel Dio che si è rivelato in Gesù Cristo. Quel Dio che, facendosi uomo tra gli uomini, non è venuto a distruggere la croce ma a prenderla sulle spalle e, alla fine, a stendervisi sopra.
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Quando si apprezza la vita solo come misura del piacere e del benessere, la sofferenza appare come uno scacco di cui dobbiamo liberarci a ogni costo.