La croce viene sempre più estromessa dalla teologia e falsamente interpretata come una brutta avventura o come un affare puramente politico. La croce come espiazione, come “forma” del perdono e della salvezza, non si adatta ad un certo schema del pensiero moderno (da J. Ratzinger)
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da Joseph Ratzinger, Guardare a Cristo, Jaca, Milano, 1986, p. 76
Un Gesù che sia d’accordo con tutto e con tutti, un Gesù senza la sua santa ira, senza la durezza della verità e del vero amore, non è il vero Gesù come lo mostrala Scrittura, ma una sua miserabile caricatura. Una concezione del “vangelo” dove non esista più la serietà dell’ira di Dio, non ha niente a che fare con la vangelo biblico. Un vero perdono è qualcosa del tutto diverso da un debole “lasciar correre”.
Il perdono è esigente e chiede ad entrambi – a chi lo riceve ed a chi lo dona – una presa di posizione che concerne l’intero loro essere. Un Gesù che approva tutto è un Gesù senza la croce, perché allora non c’è bisogno del dolore della croce per guarire l’uomo.
Ed effettivamente la croce viene sempre più estromessa dalla teologia e falsamente interpretata come una brutta avventura o come un affare puramente politico. La croce come espiazione, come “forma” del perdono e della salvezza, non si adatta ad un certo schema del pensiero moderno.
Solo quando si vede bene il nesso fra verità ed amore, la croce diviene comprensibile nella sua vera profondità teologica. Il perdono ha a che fare con la verità e perciò esige la croce del Figlio ed esige la nostra conversione.
Perdono è appunto restaurazione della verità, rinnovamento dell’essere e superamento della menzogna nascosta in ogni peccato. Il peccato è sempre, per sua essenza, un abbandono della verità del proprio essere e quindi della verità voluta dal Creatore, da Dio.