La verità più affascinante di ogni realtà creata è di essere segno di qualcosa d'altro (da Luigi Giussani)
Da Luigi Giussani, Si può (veramente?!) vivere così?, Bur, Milano 2002, pp. 337-338
La verità più affascinante di una donna o di una musica o di una cosa bella è di essere segno di qualcosa d’altro. Quando l’uomo presente questo – come l’ha presentito Leopardi al culmine della sua traiettoria umana nell’inno alla sua donna – immediatamente piega l’animo ad attendere l’altra cosa: anche davanti a ciò che può afferrare, attende un’altra cosa; afferra ciò che può afferrare, ma attende un’altra cosa. La speranza non è in quello che puoi afferrare, ma in qualcosa d’altro.
Qualcosa d’altro… Così, parlando, una sera, una sera cupa, prodromo della passione, disse: “Io sono via, la verità, la vita” (Gv 14,6): io sono la bellezza, io sono la verità, io sono ciò che cerchi, io sono ciò che il tuo cuore cerca.
La speranza, perciò, che Cristo desta e alimenta, è la speranza umana, cui è sottratta, per grazia, l’illusione che da tutte le cose proviene; non perché siano negative in sé, ma perché la loro positività è rimandare ad altro, altrimenti diventano idolo.
La speranza cristiana è la speranza del desiderio umano, ma nel suo contenuto porta un mondo diverso.
Non un altro mondo: questo mondo, dove la faccia della donna diventa più significativa, dove la musica diventa più affascinante, dove la bellezza della natura diventa più vera. Tutto diventa più e nello stesso tempo è altro.
Gesù, tu sei altro e sei più grande di quello in cui io fisso umanamente, o fisserei umanamente, la mia speranza; ma tu non sei fuori di quello in cui io fisso la mia speranza, tu sei dentro questa faccia, tu sei dentro questa natura, tu sei dentro questa musica, tu sei dentro - fatto carne -, tu sei dentro.
La parola cristiana è la parola umana cui è stato rivelato, svelato, il suo vero oggetto, che non annulla niente, che non manda via nulla, ma di tutto svela la verità: tutto rivela come segno di sé.
Il segno è per sua natura provvisorio, eccetto quello che ti porta a Cristo; quando il segno è segno di Cristo, rimane, come Cristo, per l’eternità.
L’eternità s’affaccia sul volto della donna amata, l’eternità s’affaccia sul panorama della natura che contempli con venerazione, l’eternità s’affaccia nelle note della musica che ti piace.
La speranza cristiana è quella che tutto si trasformi così.
La verità più affascinante di una donna o di una musica o di una cosa bella è di essere segno di qualcosa d’altro. Quando l’uomo presente questo – come l’ha presentito Leopardi al culmine della sua traiettoria umana nell’inno alla sua donna – immediatamente piega l’animo ad attendere l’altra cosa: anche davanti a ciò che può afferrare, attende un’altra cosa; afferra ciò che può afferrare, ma attende un’altra cosa. La speranza non è in quello che puoi afferrare, ma in qualcosa d’altro.
Qualcosa d’altro… Così, parlando, una sera, una sera cupa, prodromo della passione, disse: “Io sono via, la verità, la vita” (Gv 14,6): io sono la bellezza, io sono la verità, io sono ciò che cerchi, io sono ciò che il tuo cuore cerca.
La speranza, perciò, che Cristo desta e alimenta, è la speranza umana, cui è sottratta, per grazia, l’illusione che da tutte le cose proviene; non perché siano negative in sé, ma perché la loro positività è rimandare ad altro, altrimenti diventano idolo.
La speranza cristiana è la speranza del desiderio umano, ma nel suo contenuto porta un mondo diverso.
Non un altro mondo: questo mondo, dove la faccia della donna diventa più significativa, dove la musica diventa più affascinante, dove la bellezza della natura diventa più vera. Tutto diventa più e nello stesso tempo è altro.
Gesù, tu sei altro e sei più grande di quello in cui io fisso umanamente, o fisserei umanamente, la mia speranza; ma tu non sei fuori di quello in cui io fisso la mia speranza, tu sei dentro questa faccia, tu sei dentro questa natura, tu sei dentro questa musica, tu sei dentro - fatto carne -, tu sei dentro.
La parola cristiana è la parola umana cui è stato rivelato, svelato, il suo vero oggetto, che non annulla niente, che non manda via nulla, ma di tutto svela la verità: tutto rivela come segno di sé.
Il segno è per sua natura provvisorio, eccetto quello che ti porta a Cristo; quando il segno è segno di Cristo, rimane, come Cristo, per l’eternità.
L’eternità s’affaccia sul volto della donna amata, l’eternità s’affaccia sul panorama della natura che contempli con venerazione, l’eternità s’affaccia nelle note della musica che ti piace.
La speranza cristiana è quella che tutto si trasformi così.