Perché gli ebrei ci hanno insegnato l’umorismo (da Michael Ende)
da Michael Ende, Storie Infinite, a cura di Saverio Simonelli, Rubbettino Editore, 2010 (stralcio da una conferenza tenuta nel 1985 in Giappone sul tema: “Perché si scrive per i bambini”)
“Dovevo darvi delle spiegazioni del perché scrivo per bambini o del perché scrivo e basta. Il gioco della fantasia, libero e privo di finalità, è stata la mia prima risposta, da cui scaturisce il criterio della bellezza, che, a sua volta ci ha portato fino al meraviglioso e al mistero. Se mi è concesso di definire questi tre concetti come i tre punti cardinali del mio mondo poetico ecco che manca il quarto che è, per l’appunto, l’umorismo.
Vedete, signore e signori, tutto quanto ho detto finora, potrebbe condurci ad una variante del dogmatismo. Potrebbe fare dello scrittore qualcosa di simile a un guru del proprio pubblico, un maestro esoterico dei suoi lettori, ma significherebbe che la sua azione si serve di mezzi diversi da quelli puramente artistici. Lo scrittore diverrebbe a sua volta soltanto un propagandista del suo messaggio, servendosi della poesia semplicemente per confezionarlo al meglio. Ed è una cosa che dovrebbe essere assolutamente evitata.
Da questo rischio ci salva solo e unicamente l’umorismo. Va da sé che anche dell’umorismo non è possibile trovare una definizione esauriente. Non lo si può misurare né quantificare, né tantomeno sottoporre a un test. L’umorismo si sottrae a qualsiasi premeditazione, non può essere mai fanatico né dogmatico, ma è sempre umano e amichevole. È quell’atteggiamento interiore che ci permette di ammettere senza rancorosità la nostra inadeuguatezza, rendendoci leggeri, e di prendere coscienza dell’inadeguatezza degli altri con un sorriso.
L’umorismo non è lo stesso della saggezza, ma le è parente stretto. L’umorismo, secondo me, l’hanno scoperto gli Ebrei, ed ho delle buone ragioni per dirlo. Nella maggior parte delle altre civiltà le persone sono idealiste o realiste. L’idealista rivolge lo sguardo solo all’essenziale, al sublime, al divino, trascurando le fastidiose banalità della vita. Chi invece è realista considera solo le miserie del mondo e ritiene illusoria ogni cosa più elevata.
Nella loro lunga e dolorosa storia gli Ebrei hanno imparato a lasciar andare per la loro strada i due opposti estremismi, vivendo in questa tensione tra l’Alto e il Basso e sostenendola con la loro proverbiale ostinazione. Sanno come si debba camminare mangiando dolorosamente la polvere e sanno del Dio eterno. E a furia di mangiar polvere e nella modestia riescono ad arrivare fino al trono di Dio. Questo è il vero umorismo.
Dal momento che qui essenzialmente l’argomento è la letteratura per bambini o per il bambino che c’è in ognuno di noi non vi dico nulla di nuovo se aggiungo ancora che i bambini sono particolarmente ricettivi per il vero umorismo più di ogni altra cosa, perché esso gli insegna che gli errori ci sono e si fanno ma che altresì siamo amati proprio per i nostri errori”.