Catechesi, liturgia, primo annunzio... Piccole note di teologia pastorale (di P.A.)
Catechesi e liturgia si debbono intrecciare. La liturgia è esperienza del mistero. Non è corretto, secondo la tradizione e la fede cristiana, affermare che prima si riceve la catechesi, prima la si capisce e poi, solo al termine del cammino, si giunge alla liturgia. Il cammino della catechesi ha già bisogno della liturgia per essere tale. Basta prendere ad esempio nella storia i tre scrutini quaresimali pre-battesimali che sono celebrazioni liturgiche e sono parte integrante della catechesi - dovrebbero essere delle tappe anche oggi per i ragazzi che si preparano alla cresima!
Il vangelo viene annunziato a “questo” uomo, a questa persona vivente oggi, che lo accoglie sentendosene interpellato, scorgendo la luce che questo vangelo proietta sulla sua stessa esistenza.
Perché questo avvenga ciò che conta non è direttamente e necessariamente la conoscenza dell’ultimo avvenimento di attualità, appena battuto dall’ANSA. Inculturazione della fede non è il gusto dell’ultima notizia, che pure di per sé non è sbagliato. Ciò che conta è il background dietro le notizie, dietro i fenomeni. I fatti, le mode, i pensieri, sono epifenomeni di una mentalità, di un problema, di un complesso di visioni della vita. E’ questo che il vangelo rischiara. E’ questo che non può essere ignorato da chi ama il vangelo e l’uomo, da chi ama che il vangelo ami l’uomo.
In Deus Caritas Est 25 si dice che la Martyria, la Leiturgia e la Diakonia sono tre compiti (“compito”, in tedesco Aufgabe, cioè dono ricevuto che deve essere riespresso, ridonato) inscindibili. Non sono cioè tre settori, tre ambiti. I settori dell’attività pastorale si determinano diversamente (così come ha fatto il convegno di Verona) ed in questi settori diversamente determinati debbono essere inscindibilmente presenti questi tre compiti. Così la catechesi, ad esempio, non è parte della Martyria, ma è, invece, un ambito che deve far risuonare i 3 compiti inscindibili. E sono ambiti anche quelli ad extra, come il lavoro o la cittadinanza o la scuola o il primo annunzio (mentre, per l’esattezza, non è corretto chiamare “ambito” la tradizione che è, invece, una dimensione che attraversa tutti i settori).
Questo il testo di DCE25: L'intima natura della Chiesa si esprime in un triplice compito: annuncio della Parola di Dio (kerygma-martyria), celebrazione dei Sacramenti (leiturgia), servizio della carità (diakonia). Sono compiti che si presuppongono a vicenda e non possono essere separati l'uno dall'altro. La carità non è per la Chiesa una specie di attività di assistenza sociale che si potrebbe anche lasciare ad altri, ma appartiene alla sua natura, è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza. (Cfr Congregazione per i Vescovi, Direttorio per il ministero pastorale dei Vescovi Apostolorum Successores, 22 febbraio 2004, 194, Città del Vaticano 2004, 2a, 205-206).
Il vangelo viene annunziato a “questo” uomo, a questa persona vivente oggi, che lo accoglie sentendosene interpellato, scorgendo la luce che questo vangelo proietta sulla sua stessa esistenza.
Perché questo avvenga ciò che conta non è direttamente e necessariamente la conoscenza dell’ultimo avvenimento di attualità, appena battuto dall’ANSA. Inculturazione della fede non è il gusto dell’ultima notizia, che pure di per sé non è sbagliato. Ciò che conta è il background dietro le notizie, dietro i fenomeni. I fatti, le mode, i pensieri, sono epifenomeni di una mentalità, di un problema, di un complesso di visioni della vita. E’ questo che il vangelo rischiara. E’ questo che non può essere ignorato da chi ama il vangelo e l’uomo, da chi ama che il vangelo ami l’uomo.
In Deus Caritas Est 25 si dice che la Martyria, la Leiturgia e la Diakonia sono tre compiti (“compito”, in tedesco Aufgabe, cioè dono ricevuto che deve essere riespresso, ridonato) inscindibili. Non sono cioè tre settori, tre ambiti. I settori dell’attività pastorale si determinano diversamente (così come ha fatto il convegno di Verona) ed in questi settori diversamente determinati debbono essere inscindibilmente presenti questi tre compiti. Così la catechesi, ad esempio, non è parte della Martyria, ma è, invece, un ambito che deve far risuonare i 3 compiti inscindibili. E sono ambiti anche quelli ad extra, come il lavoro o la cittadinanza o la scuola o il primo annunzio (mentre, per l’esattezza, non è corretto chiamare “ambito” la tradizione che è, invece, una dimensione che attraversa tutti i settori).
Questo il testo di DCE25: L'intima natura della Chiesa si esprime in un triplice compito: annuncio della Parola di Dio (kerygma-martyria), celebrazione dei Sacramenti (leiturgia), servizio della carità (diakonia). Sono compiti che si presuppongono a vicenda e non possono essere separati l'uno dall'altro. La carità non è per la Chiesa una specie di attività di assistenza sociale che si potrebbe anche lasciare ad altri, ma appartiene alla sua natura, è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza. (Cfr Congregazione per i Vescovi, Direttorio per il ministero pastorale dei Vescovi Apostolorum Successores, 22 febbraio 2004, 194, Città del Vaticano 2004, 2a, 205-206).