I gruppi di ascolto del vangelo. L’esperienza della diocesi di Rimini, di Guido Benzi
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Riprendiamo, per gentile concessione, il testo della relazione tenuta da don Guido Benzi il 26 settembre 2000 a Rimini e pubblicata nel volume Il vangelo di Giovanni. Atti della Settimana biblica di Rimini 25-28 settembre 2000, nella collana Nuovi quaderni dell’Ufficio catechistico Diocesano di Rimini, Il Ponte, Rimini, 2000, pp. 15-22, con il titolo La scelta pastorale dei gruppi di ascolto. Note di metodologia. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (30/8/2009)
Le seguenti note sono solo un invito a "contestualizzare" il lavoro nei Centri di ascolto. Esse non vogliono indicare un modo "obbligato", ma vogliono aiutare gli Animatori od i partecipanti più coinvolti a viverli come vera esperienza di incontro ecclesiale con la Parola di Dio, nella Comunità cristiana, con la fiducia di proporre un cammino di Chiesa a tutti i battezzati che vivono in un dato territorio. Per questo il Centro di Ascolto (CdA), come diremo più sotto, è esso stesso espressione di una Comunità Parrocchiale che, fedele al suo mandato ed in ascolto dello Spirito, pensa la sua azione pastorale in vista di coloro che sono chiamati all'ascolto del Signore, poiché "Egli è il Signore di tutti" (At 10,36).
Una scelta di Chiesa
Innanzitutto dobbiamo dirci in modo molto chiaro che l'esperienza dei CdA, che da ormai due anni la nostra Chiesa diocesana propone nelle singole Parrocchie, obbedisce ad un cammino di Chiesa più ampio scaturito dal Concilio Vaticano II e dalle seguenti indicazioni della Chiesa. Dobbiamo fare questo per fugare ogni dubbio sul fatto che si tratti di una proposta di carattere solamente "sociologico".
Il CdA infatti nelle sue varie forme, non è primariamente un "modo" per coinvolgere "più persone", e nemmeno una forma autonoma di vivere la realtà della Chiesa. Esso obbedisce al comando del Concilio espresso nella Costituzione Dei Verbum che al n. 25 dopo aver ricordato le parole di San Girolamo: "L'ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo - aggiunge - Tutti i fedeli... si accostino dunque volentieri al Sacro testo, sia per mezzo della Liturgia ricca di parole divine, sia mediante la pia lettura, sia per mezzo delle iniziative adatte a tale scopo e di altri sussidi, che con l'approvazione e a cura dei pastori della chiesa lodevolmente si diffondono ovunque. Si ricordino però che la lettura della Sacra Scrittura dev'essere accompagnata dalla preghiera, affinché possa svolgersi il colloquio tra Dio e l'uomo ...".
Il Concilio richiama alcuni punti che non possiamo qui trascurare:
l. Innanzitutto la Liturgia. Essa che è fonte e culmine della vita della Chiesa deve essere sempre il punto di partenza ed il punto di arrivo della nostra lettura della Bibbia nei CdA. In particolare la Liturgia Domenicale. È in vista di essa che noi aiutiamo le Persone ad aprire le Scritture. E perché le persone possano parteciparvi con un maggiore spirito di preghiera e contemplazione che noi le chiamiamo a confrontarsi con il Vangelo.
Si tratta dunque di una lettura della Bibbia che deve sempre tenere bene sullo sfondo l'Eucarestia della Domenica e con essa tutte le altre forme liturgiche come la recita della liturgia delle Ore e la celebrazione dei Sacramenti.
2. In secondo luogo la vita pastorale intesa come Catechesi e Testimonianza della Carità. Leggere la Scrittura significa imparare dalle parole di Dio il Cuore di Dio (S. Gregorio Magno) e significa svolgere ogni opera di Carità (educativa, verso i poveri, verso gli ammalati,..) non solo come una forma di "solidarietà sociale", ma come un preciso mandato che scaturisce dal Vangelo.
3. In terzo luogo la preghiera come intimo colloquio con il Signore. L'immagine biblica dei discepoli di Emmaus (Lc 24) i quali sentono "bruciare il cuore" quando Gesù spiega loro le scritture, prima di riconoscerlo vivo e Risorto nello "spezzare il pane", deve sempre accompagnarci.
La Conferenza Episcopale Italiana ha elaborato una Nota Pastorale nel 1995 dal titolo "La Bibbia nella vita della Chiesa", nella quale si ribadisce quanto disposto dal Concilio e lo si rende operativo istituendo il Settore di Apostolato Biblico negli Uffici Catechistici. In particolare al n. 32-33 si parla di "gruppi biblici" e di "settimane bibliche" e della presenza della Bibbia "nelle famiglie"; mentre al n° 36 si parla esplicitamente della formazione degli "operatori".
Il metodo del CdA
Il metodo del CdA deve tener conto di due "protagonisti": la Comunità e la Parola di Dio.
l. Partiamo dal Gruppo di persone che vi partecipa, ognuna con le sue caratteristiche e con il proprio cammino di fede. Esse sono accomunate dalla ricerca della Volontà di Dio, che può essere ancora embrionale, oppure matura. È importante sottolineare che tutti siamo però sulla medesima strada nell'incontro con Gesù Cristo Risorto.
Se ci pensiamo bene il CdA deve essere un gruppo dinamicamente aperto alla comunità ecclesiale, sia nel senso che deve essere disponibile ad accogliere quanti desiderano (magari anche con le idee poco chiare, o dubbi, o situazioni personali assai distanti dalla pratica religiosa), ma anche nel senso che esso si sente parte della Chiesa (in concreto della Comunità Diocesana e Parrocchiale): ad essa fa riferimento e da essa riceve il mandato e gli strumenti operativi per la formazione e per la riflessione. In tal modo si deve sempre pensare che "dietro" un CdA c'è sempre una Comunità molto più ampia del numero delle persone presenti. Il dialogo, che è lo strumento principale del CdA, è pertanto apertura a trecento sessanta gradi alla dimensione ecclesiale, costante desiderio di confronto, E non sarebbe male pensare, anche nel momento di preghiera in apertura o in chiusura a questa realtà, ricordando, nella preghiera i Pastori, i Catechisti, gli evangelizzatori, tutto il Popolo di Dio, da Maria fino all'ultimo dei battezzati.
2. Anche la Parola di Dio che apriamo testimonia una pluralità di persone; essa ci fa sempre ascoltare la voce di Dio e del Figlio suo Gesù Cristo mediata attraverso una serie di voci umane, ispirate dallo Spirito Santo. La Bibbia stessa testimonia, con i suoi tanti autori, scrittori, commentatori, quella realtà ampia ed estesa nei tempi che ha accolto e trasmesso la Parola di Dio. L'utilizzo poi di commenti e sussidi ci testimonia un "lavoro" che è iniziato prima di noi e che con noi prosegue. Da questo si vede come un vero atto di lettura della Parola di Dio non può non essere "ecclesiale". Ogni lettura della Bibbia al di fuori della Chiesa o in contrasto con essa snatura la stessa Parola del Signore. Questo comporta che prima di tutto il CdA deve tener conto della lettura della Parola. È importante allora un atteggiamento orante, aprendo l'incontro con una invocazione allo Spirito Santo, con anche qualche minuto di silenzio prima e dopo la lettura. Siamo tutti interpellati dalla medesima Parola.
Chi è coinvolto nel CdA
Proviamo così ad individuare i vari "attori" del CdA.
1. Il Responsabile o Animatore del CdA.
Si tratta normalmente della persona incaricata dal Parroco e dalla comunità ad invitare i partecipanti al CdA, e normalmente ad animare il CdA stesso. Qualche volta (e questo è bene) le due figure non sono la stessa persona, infatti in alcune Comunità si sono istituiti dei Messaggeri (di strada o di caseggiato) che portano l'invito. Questo eviterebbe l'idea (anche un po' ... antipatica) che le persone vengano invitate ad una "conferenza" della tale persona. Il Responsabile ha anche cura di mantenere i contatti con le persone dopo il CdA stesso, magari raccogliendo con pazienza critiche o suggerimenti che talvolta non vengono espressi nel Gruppo o per opportunità o per timidezza. Il Responsabile deve anche (con sobrietà e discrezione) tenere informato il Parroco di quanto accade nel CdA, del cammino svolto, delle difficoltà incontrate. È bene che l'invito sia rivolto a tutti, con discrezione (senza proselitismo o giudizi... impropri), con premura, ma anche senza insistenza o invadenza. Con persone "nuove" della via o del caseggiato sarebbe bene prima un contatto personale e semplice, e poi si può procedere alla proposta. Come Animatore del CdA egli è colui che "guida" l'incontro. Certamente non deve essere un teologo o un biblista e nemmeno una specie di "professorino" che impartisce la sua lezione. Certamente deve essere una persona che sta facendo un cammino di fede impegnato e disponibile all'approfondimento della Dottrina e della Scrittura. Ma la sua attenzione più grande deve essere rivolta a far "dialogare" i partecipanti a partire dal testo biblico e dalla scheda proposta. Questo comporta che egli è un Servitore della Parola. È bene che ci siano una o due persone che lo aiutino in questo compito, magari anche per delle momentanee supplenze, ed anche perché egli non si senta solo. Dà avvio alla preghiera, introduce il brano offrendo alcune chiavi di lettura e avvia il dialogo.
Deve essere disponibile a parlare di sé e a dare la sua Testimonianza di vita, anche delle sue difficoltà se necessario. Aiuta il gruppo a fare una sintesi finale del cammino fatto in ogni incontro. Deve intervenire in modo misurato e opportuno e richiama con delicatezza tutti a questo stile, non permette che si formulino giudizi sulle persone, particolarmente sugli assenti (il CdA non è un tribunale o un luogo di... chiacchiere). Espone il giudizio della Chiesa sui problemi etici, riservandosi con umiltà di rimandare all'incontro successivo qualora avesse il dubbio di non essere sufficientemente preparato e così invita a fare a tutti i partecipanti. Si tenga presente che il Catechismo della Chiesa Cattolica e il catechismo degli adulti della CEI (con i loro Indici) possono essere ottimi strumenti per conoscere la Dottrina della Chiesa e approfondirla. L'Animatore deve anche essere capace di accogliere le eventuali critiche non come rivolte a sé, ma deve saperle volgere per l'utilità comune, valorizzando ogni intervento nel CdA. Deve anche essere all'occorrenza autorevole, cercando di aiutare il... silenzio di chi interviene troppo spesso o fuori della tematica proposta dall'incontro. Certamente si deve preparare, con la preghiera, con lo studio, con la pazienza tipica dell'evangelizzatore. Sarebbe bene che nella Parrocchia ci fossero periodici incontri degli animatori con il Parroco per scambiarsi l'esperienza fatta e per preparasi agli incontri successivi.
2. La famiglia ospitante.
Non sempre e non per forza è la famiglia dell'Animatore. Non c'è bisogno che si disponga di ampi locali, anzi più l'ambiente è "famigliare" meglio è, in modo che nessuno si senta intimidito. L'esempio deve essere quello della Famiglia di Betania (Lazzaro, Marta e Maria), la Casa dell'amicizia dove Gesù si ritirava volentieri. L'accoglienza deve essere al primo posto. È bene che si preparino già i posti a sedere, possibilmente "in cerchio". Una immagine sacra con una candela ed una Bibbia aperta possono essere buona cosa, ma si eviti di addobbare "altarini" varii. Le usanze "romagnole" di offrire dolci e un bicchiere sono una cosa bella, ma sempre dopo (cioè mai prima o durante) il CdA, in un momento di scambio e amicizia finale, e magari è anche necessario che non si creino "obblighi" per cui tutti devono portare qualcosa. Nei tempi "forti" (Avvento e Quaresima) è poi bene rispettare lo stile del digiuno. È anche bene che sia presente possibilmente tutta la famiglia di quella casa, chiaramente tenuto conto della libertà di ciascuno e delle esigenze di piccoli e anziani.
3. I partecipanti
Sono tutti coloro che sono stati invitati. Senza distinzioni di censo, età, cultura. Coloro che sono più vicini al cammino della Parrocchia aiutino l'Animatore e la Famiglia ospitante. Chi ha un ministero ecclesiale (Catechista, Animatore, Operatore Pastorale, Accolito, Lettore,...) dia la sua testimonianza senza far pesare l'eventuale incarico. Ognuno ascolti il parere altrui e proponga il proprio. Siamo tutti in cammino verso la Verità che è Gesù ed il suo Vangelo. Non si interrompa mai chi parla; questo è bene che sia fatto dall'Animatore.
Se, giustamente e lodevolmente interviene qualche volta il Parroco è comunque bene che i ruoli siano rispettati e cioè che Animatore svolga ugualmente il suo compito, naturalmente valorizzando questa presenza così preziosa ed importante.
4. La lectio divina popolare
Nel documento della Pontificia Commissione Biblica dal titolo: "L'interpretazione della Bibbia nella vita della Chiesa" si legge al n° IV,C,3: “È motivo di gioia vedere la Bibbia presa in mano da gente umile e povera, che può fornire alla sua interpretazione e alla sua attualizzazione una luce più penetrante, dal punto di vista più spirituale ed esistenziale, di quella che viene da una scienza sicura di se stessa”. È ovvio comunque che per una lectio fruttuosa non si può "improvvisare": una buona Bibbia (come la Bibbia di Gerusalemme o la Bibbia TOB) con buone note possono aiutare.
Come si fa la lectio divina? La lettura della Parola di Dio in colloquio con Dio, si attua non solo perché i testi che leggiamo contengono ciò che Dio ci dice, ma anche perché é una lettura che si fa in due: chi legge e lo Spirito del Risorto. Lo Spirito ci fa scoprire nel testo della scrittura la persona viva di Gesù perché lo possiamo incontrare e sperimentare come persona viva nella nostra vita.
- La LETTURA del testo, mette l'accento sul testo, lo comprende e lo studia. Si legge e si rilegge il testo, "lavorandoci", vale a dire sottolineandolo, per far risaltare le cose importanti. Occorre far risaltare bene le azioni descritte, chi è il soggetto, come è l'ambiente, quali i personaggi, chi parla, chi tace... Questo ha il merito di farci scoprire elementi che ad una prima lettura non avevamo visto. Dopo di questo possiamo prolungare la lettura cercando di rammentare brani simili della Bibbia, aiutandoci magari con gli apparati di note della Bibbia.
- La MEDITAZIONE è la riflessione su ciò che il testo ci vuole dire, sui sentimenti e sui valori permanenti del testo. Quali proposte di valore sono implicite od esplicite nei testi?
Questo lo si trova ponendosi delle domande molto semplici sui comportamenti dei personaggi che interagiscono nel brano. Così cominciano ad emergere i sentimenti ed i valori perenni e centrali: la paura, la gioia, la speranza, la fiducia, il dubbio... Emergono anche gli atteggiamenti di Dio e di Gesù verso di noi: la bontà, il perdono, la misericordia... La riflessione sui sentimenti e sui valori diviene fonte di confronto con la situazione ed esperienza personale di chi legge: in quale personaggio mi ritrovo? Con quali sentimenti la mia vita si trova in consonanza? Ciò che Gesù dice, mi fa paura, mi scomoda? Questa è la meditazione. Ma essa non è fine a se stessa, il suo fine é di farmi entrare in dialogo con Gesù, per diventare preghiera.
- La PREGHIERA, è il rivelarsi graduale, dietro il testo, del Signore e della sua presenza. Quelle parole sono un invito personale fatto a me. Deve essere una esperienza che mi coinvolge e mi fa entrare nei sentimenti religiosi che il testo evoca e suscita: lode, ringraziamento, oppure compunzione, richiesta di perdono. Esprimo fede, speranza, amore; domando di poter essere trovato coerente con le azioni espresse da Gesù. La preghiera poi cresce e si estende, diventando preghiera per i propri amici, per la Chiesa, per tutta l'umanità. Ad un certo punto nella preghiera nasce la contemplazione.
- La CONTEMPLAZIONE, è qualcosa di molto semplice. Quando si prega e si ama molto, le parole vengono quasi a mancare e non si pensa più tanto ai singoli elementi del brano letto e a ciò che abbiamo compreso di noi. Si avverte il bisogno di guardare solamente a Gesù, di lasciarci raggiungere dal suo mistero, di riposare in Lui, di amarlo come il più grande amico del mondo, di accogliere il suo amore per noi. È una esperienza meravigliosa, ma che tutti possono fare perché fa parte della vita del battezzato, della vita di fede. È l'intuizione, profonda ed inspiegabile, che al di là delle parole, dei segni, del fatto raccontato, delle cose capitate, dei valori emersi, c'é qualcosa di più grande, c'è un orizzonte immenso.
È l'intuizione del Regno di Dio dentro di me, la certezza di avere toccato Gesù. Allora la lettura divina dei Vangeli, con i suoi quattro momenti, non é più solo scuola di preghiera, ma scuola di vita; perché l'aver sperimentato personalmente Gesù come il Salvatore e il liberatore cambia inevitabilmente la mia vita, i miei giudizi, i miei criteri, e diventa la confessione pratica, vissuta nelle mie scelte quotidiane, che lui è il Signore della mia storia e della storia di tutti gli uomini, che è il Signore del mondo.