L’esperienza come ambiente, di Antonio Spadaro (dalla Rassegna del web)
Ripresentiamo on-line sul nostro sito l’editoriale scritto da Antonio Spadaro per il sito www.bombacarta.it del 3 Settembre 2007.
Oggi si parla molto di “esperienza”, di “fare esperienza”. Io sono appena tornato da un mese in California. Mi verrebbe da dire che ho vissuto una bella esperienza. Ed è così. Ma dicendo questo non voglio dire (soltanto) che mi sono divertito. Voglio dire altro. Il fatto è che, nonostante si parli molto di “esperienza”, questa dimensione dell’esistenza umana sembra in realtà decisamente in crisi.
Sembra che oggi non si senta alcun bisogno di fare esperienza: non soltanto essa è svalutata come fonte di autorità e saggezza, ma al suo posto sembra subentrare una condizione fantastica (o meglio l’illusione di una condizione fantastica), senza tempo e senza età, in cui possiamo in ogni momento scegliere ciò che ci pare e poi tornare indietro a piacimento. Io non posso tornare indietro da ciò che ho vissuto in California, se veramente ho fatto lì una “esperienza”.
Ogni cosa per molti oggi è a tempo determinato: dal lavoro agli affetti. Tutto si può (e anzi si deve) cambiare: una condizione in cui tutto ci appare controllabile e sostituibile. Fatta un’esperienza, oggi si crede che si possa tornare indietro sempre e comunque: essa si riduce a semplice “esperimento”. Nulla sembra lasciare tracce: la simulazione batte il reale per la sua più ampia potenzialità e il suo basso livello di rischio. Tuttavia ciò che il soggetto crede di padroneggiare viene neutralizzato, diventa qualcosa di inerte, di spento. E invece la California in me è “viva”.
E’ vero, la realtà è insicura: essa non garantisce il riparo dalle ferite e dai sentimenti negativi. E’ come conoscere una persona o, ancor di più, innamorarsene. Ma solamente se accettiamo il fatto che non si può padroneggiare la realtà, riusciamo ad afferrare qualcosa di questa realtà, della vita. E la vera esperienza non è mai quella che progettiamo di affrontare, secondo i nostri modi e i nostri tempi, ma è qualcosa che ci supera e ci sorprende. Qualcosa nella quale ci troviamo immersi, un vero e proprio “ambiente” di vita. L’esperienza però, bisogna aggiungere, non è l’accumulo di sensazioni provate legate all’oggetto o alla situazione o alla persona che abbiamo davanti: esse potrebbero essere finte, cioè indotte da simulazioni.
La vera esperienza invece implica l’intelligenza delle cose, la domanda sul senso di ciò che si vive, il giudizio. Questo vale anche per l’esperienza della letteratura e dell’espressione creativa.
La letteratura e l’espressione di cui si parla in BombaCarta dovrebbe essere qualcosa di irreversibile, capace di modificare realmente il modo in cui una persona vive la propria vita, la propria esperienza umana.
Oggi si parla molto di “esperienza”, di “fare esperienza”. Io sono appena tornato da un mese in California. Mi verrebbe da dire che ho vissuto una bella esperienza. Ed è così. Ma dicendo questo non voglio dire (soltanto) che mi sono divertito. Voglio dire altro. Il fatto è che, nonostante si parli molto di “esperienza”, questa dimensione dell’esistenza umana sembra in realtà decisamente in crisi.
Sembra che oggi non si senta alcun bisogno di fare esperienza: non soltanto essa è svalutata come fonte di autorità e saggezza, ma al suo posto sembra subentrare una condizione fantastica (o meglio l’illusione di una condizione fantastica), senza tempo e senza età, in cui possiamo in ogni momento scegliere ciò che ci pare e poi tornare indietro a piacimento. Io non posso tornare indietro da ciò che ho vissuto in California, se veramente ho fatto lì una “esperienza”.
Ogni cosa per molti oggi è a tempo determinato: dal lavoro agli affetti. Tutto si può (e anzi si deve) cambiare: una condizione in cui tutto ci appare controllabile e sostituibile. Fatta un’esperienza, oggi si crede che si possa tornare indietro sempre e comunque: essa si riduce a semplice “esperimento”. Nulla sembra lasciare tracce: la simulazione batte il reale per la sua più ampia potenzialità e il suo basso livello di rischio. Tuttavia ciò che il soggetto crede di padroneggiare viene neutralizzato, diventa qualcosa di inerte, di spento. E invece la California in me è “viva”.
E’ vero, la realtà è insicura: essa non garantisce il riparo dalle ferite e dai sentimenti negativi. E’ come conoscere una persona o, ancor di più, innamorarsene. Ma solamente se accettiamo il fatto che non si può padroneggiare la realtà, riusciamo ad afferrare qualcosa di questa realtà, della vita. E la vera esperienza non è mai quella che progettiamo di affrontare, secondo i nostri modi e i nostri tempi, ma è qualcosa che ci supera e ci sorprende. Qualcosa nella quale ci troviamo immersi, un vero e proprio “ambiente” di vita. L’esperienza però, bisogna aggiungere, non è l’accumulo di sensazioni provate legate all’oggetto o alla situazione o alla persona che abbiamo davanti: esse potrebbero essere finte, cioè indotte da simulazioni.
La vera esperienza invece implica l’intelligenza delle cose, la domanda sul senso di ciò che si vive, il giudizio. Questo vale anche per l’esperienza della letteratura e dell’espressione creativa.
La letteratura e l’espressione di cui si parla in BombaCarta dovrebbe essere qualcosa di irreversibile, capace di modificare realmente il modo in cui una persona vive la propria vita, la propria esperienza umana.