Il piacere che non piace a Berlicche (da C.S. Lewis)
da C.S. Lewis, Lettere di Berlicche, Lettera XIII
N.B de Gli scritti. Chi scrive è un demone esperto, di nome Berlicche, che insegna a un demonio apprendista, di nome Malacoda, come deve tentare il suo "paziente", ovvero un uomo come noi. Il Nemico naturalmente è Dio. Il testo va quindi letto a rovescio!
Le più profonde simpatie e i più profondi impulsi di qualsiasi uomo sono la materia prima, il punto di partenza, del quale il Nemico lo ha fornito. Allontanarlo da essi è sempre un punto guadagnato; perfino in cose indifferenti è sempre desiderabile sostituire le misure del mondo, o della convenzione, o della moda, al posto di ciò che veramente piace o dispiace a un essere umano. Per conto mio andrei molto lontano su questa strada. Mi proporrei come regola di sradicare dal mio paziente qualsiasi forte gusto personale, che non sia un vero peccato, anche nel caso che fosse cosa trivialissima, come il tifo per il gioco del cricket della sua provincia, o per la collezione di francobolli, o per il cacao. Tali cose, te lo concedo, non hanno nulla della virtù; ma c'è in esse una specie di innocenza e di umiltà e di dimenticanza di sé della quale non mi fido. Colui che gode veramente e disinteressatamente di una qualsiasi cosa nel mondo, per se stessa, e senza che gliene importi un fico di ciò che ne dice la gente, è per ciò stesso armato contro alcuni dei nostri più sottili modi di attaccare. Dovresti sempre preoccuparti di far sì che il tuo paziente abbandoni le persone o il cibo o i libri che veramente gli piacciono in favore delle persone "migliori", del cibo "giusto", dei libri "importanti". Ho conosciuto un essere umano che ha trovato la difesa contro forti tentazioni di ambizione sociale in un gusto ancor più forte per la trippa e le cipolle.