Iniziazione cristiana: infatuazione per un termine (da P. Caspani)
da P. Caspani, La categoria di iniziazione cristiana nel dibattito della teologia sacramentale contemporanea, in Iniziazione cristiana: profili generali, Glossa, Milano, 2008, p. 11
Ci sono parole ed espressioni nei confronti delle quali si può parlare di una vera e propria «infatuazione»: la loro comparsa risulta difficile da ricostruire; inizialmente vengono utilizzate solo all’interno di cerchie abbastanza ristrette; poi grazie ad un libro, o un articolo, o un congresso… vengono alla ribalta, diventando quasi una sorta di «bandiera»; «la loro carica emozionale provoca una certa resistenza all’analisi critica»; di conseguenza, «ciò che era un’intuizione da concettualizzare si perverte in slogans e ricette pastorali».
Queste osservazioni di due studiosi del movimento catechetico francese (G. Adler – G. Vogeleisen, Un siècle de catéchèse en France, 1893-1980. Histoire – déplacement – enjeux, Paris 1981, 217, n. 89) non si riferiscono immediatamente alla parola «iniziazione»; e tuttavia fotografano bene la vicenda di questo termine nel periodo successivo al Vaticano II. In effetti, nel corso di questi ultimi quarant’anni, abbiamo assistito ad una vera e propria inflazione del linguaggio dell’iniziazione, utilizzato soprattutto in ambito pastorale e generalmente riferito all’itinerario complesso e disteso nel tempo, attraverso il quale si diventa cristiani.
Soprattutto a partire dall’inizio degli anni ’90, però, alcuni studi, provenienti in particolare dall’ambito liturgico, hanno evidenziato come quest’uso del linguaggio dell’iniziazione soffra di due limiti fondamentali: da un lato, non coincide col modo in cui la terminologia iniziatica era impiegata nella tradizione patristica; dall’altro, rischia di «offuscare» il ruolo dei sacramenti, nel quadro di un itinerario di maturazione della fede, il cui sviluppo sembra primariamente (se non esclusivamente) affidato al lavoro pedagogico.