Maestri del sospetto (da Paul Ricoeur)
da Paul Ricoeur, Dell'interpretazione. Saggio su Freud, Il Saggiatore, Milano, 2002 (originale 1965), pp. 46-49
Più che la scuola della reminescenza, questo fatto è indubbiamente vero per la scuola del sospetto. La dominano tre maestri che in apparenza si escludono a vicenda, Marx, Nietzsche e Freud.
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Se risaliamo alla loro intenzione comune, troviamo in essa la decisione di considerare innanzitutto la coscienza nel suo insieme come coscienza «falsa». Con ciò essi riprendono, ognuno in un diverso registro, il problema del dubbio cartesiano, ma lo portano nel cuore stesso della fortezza cartesiana. Il filosofo educato alla scuola di Cartesio sa che le cose sono dubbie, che non sono come appaiono; ma non dubita che la coscienza non sia così come appare a se stessa; in essa, senso e coscienza del senso coincidono; di questo, dopo Marx, Nietzsche e Freud, noi dubitiamo. Dopo il dubbio sulla cosa, è la volta per noi del dubbio sulla coscienza.
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Ciò che distingue quindi Marx, Freud e Nietzsche è l’ipotesi generale riguardante insieme il processo della «falsa» coscienza e il metodo di decifrazione. Le due cose vanno insieme, in quanto l’uomo che sospetta compie in senso inverso il lavoro di falsificazione dell’uomo che giuoca d’astuzia. Freud è penetrato nel problema della falsa coscienza attraverso il doppio atrio del sogno e del sintomo nevrotico; la sua ipotesi di lavoro implica gli stessi limiti dell’angolatura di attacco: si tratterà [...] di una economica degli istinti. Marx affronta il problema delle ideologie nei limiti dell’alienazione economica, nel senso questa volta dell’economia politica. Nietzsche, il cui interesse è imperniato sul problema del «valore» - della valutazione e della transvalutazione -, cerca nell’aspetto della forza e della debolezza della Volontà di potenza la chiave delle menzogne e delle maschere.
In fondo, la Genealogia della morale nel senso di Nietzsche, la teoria delle ideologie nel senso marxiano, la teoria degli ideali e delle illusioni nel senso di Freud, rappresentano altrettante convergenti procedure della demistificazione.
Questo forse non è ancora la cosa più forte che hanno in comune; la loro parentela sotterranea procede più lontano; tutti e tre iniziano col sospetto sulle illusioni della coscienza e continuano con l’astuzia della decifrazione, e, infine, anziché essere dei detrattori della «coscienza», mirano a una sua estensione. Ciò che Marx vuole è liberare la praxis mediante la conoscenza della necessità; ma questa liberazione è inseparabile da una «presa di coscienza» che replichi vittoriosamente alle mistificazioni della falsa coscienza. Ciò che Nietzsche vuole è l’aumento della potenza dell’uomo, la restaurazione della sua forza; ma quel che vuol dire Volontà di potenza deve essere ricuperato dalla meditazione delle cifre del «superuomo», dell’«eterno ritorno» e di «Dioniso», senza di che quella potenza sarebbe solo la violenza del di qua. Ciò che Freud vuole e che l’analizzato, appropriandosi del senso che gli era estraneo, allarghi il proprio campo di coscienza, viva in migliori condizioni e sia infine un po’ più libero e, se possibile, un po’ più felice. Uno dei primi omaggi resi alla psicoanalisi parla di «guarigione ad opera della coscienza». L’espressione è esatta.