Il miglior modo di donare detto ringraziamento (da G.K.Chesterton su san Francesco)
Da San Francesco d’Assisi, di G.K.Chesterton, Mursia, 2007, pp.157-159
[Francesco d’Assisi] fu soprattutto un grande donatore, che ideò il miglior modo di donare, detto ringraziamento. Se un altro grande uomo [il cardinale Newman] scrisse una grammatica del consenso, di Francesco si può dire che scrisse una grammatica della gratitudine, perché comprese, in tutta la sua profondità, la teoria del ringraziare; e quella profondità è un abisso senza fondo. Egli seppe che la gloria di Dio è posata sul suolo più forte quando appoggia sul nulla. E seppe anche che noi possiamo valutare meglio il grande miracolo della nostra semplice esistenza, se riusciamo a comprendere che è solo una straordinaria grazia, che ci ha fatto esistere. E qualche cosa di quella più grande verità è ripetuta, in forma più piccola, nei nostri rapporti [...]
E chiunque riconosca il valore della sua ispirazione e ricordi, della sua storia, anche solo qualche aneddoto incompleto, sentirà dentro di sé almeno un poco di quel senso di impotenza che costituì gran parte del suo potere; e capirà, almeno in parte, ciò che San Francesco capì di quel debito, grande e buono, che non può essere mai pagato. Avvertirà il desiderio di voler fare infinitamente di più e, al tempo stesso, il vuoto di non aver fatto nulla.
Saprà cosa significa essere inondati da un tale diluvio di meraviglie e non avere nulla con cui ricambiarlo; nulla da appendere alle immense volte di un tempio così ampio, che è stato eretto nel tempo e nell'eternità, tranne questa piccola candela consumata tanto rapidamente al suo altare.
[Francesco d’Assisi] fu soprattutto un grande donatore, che ideò il miglior modo di donare, detto ringraziamento. Se un altro grande uomo [il cardinale Newman] scrisse una grammatica del consenso, di Francesco si può dire che scrisse una grammatica della gratitudine, perché comprese, in tutta la sua profondità, la teoria del ringraziare; e quella profondità è un abisso senza fondo. Egli seppe che la gloria di Dio è posata sul suolo più forte quando appoggia sul nulla. E seppe anche che noi possiamo valutare meglio il grande miracolo della nostra semplice esistenza, se riusciamo a comprendere che è solo una straordinaria grazia, che ci ha fatto esistere. E qualche cosa di quella più grande verità è ripetuta, in forma più piccola, nei nostri rapporti [...]
E chiunque riconosca il valore della sua ispirazione e ricordi, della sua storia, anche solo qualche aneddoto incompleto, sentirà dentro di sé almeno un poco di quel senso di impotenza che costituì gran parte del suo potere; e capirà, almeno in parte, ciò che San Francesco capì di quel debito, grande e buono, che non può essere mai pagato. Avvertirà il desiderio di voler fare infinitamente di più e, al tempo stesso, il vuoto di non aver fatto nulla.
Saprà cosa significa essere inondati da un tale diluvio di meraviglie e non avere nulla con cui ricambiarlo; nulla da appendere alle immense volte di un tempio così ampio, che è stato eretto nel tempo e nell'eternità, tranne questa piccola candela consumata tanto rapidamente al suo altare.