Luoghi, non u-topia nel cristianesimo: la tomba di Pietro (da Marina Corradi)
Da Prima che venga notte, di Marina Corradi, Marietti, 2008, pp. 63-64
È dall’alto che si vede bene. Bisogna salire le scale della cupola fino all’anello interno e sovrastante la Basilica – quello che porta incisa la scritta “Tu es Petrus et super hanc petram aedificabo aecclesiam meam”. Da lì, dove si affacciano i turisti senza fiato su San Pietro sotto di loro spalancata, si vede con nettezza come la verticale del vertice della cupola precipiti con rigorosa geometria sull’altare centrale; questo a sua volta eretto esattamente sopra il luogo in cui furono sepolti i resti di Pietro. Come uno squarcio, un taglio, una ferita fra il cielo e la terra di Roma. Fra la gran cupola rosata dominante la distesa dei tetti, e il buio antico delle Grotte vaticane e del passato. Super hanc petram. Questa pietra, questa e non un’altra, qui e non altrove. Perché qui fu sepolto il primo apostolo, il prescelto, il fondatore. Super hanc petram aedificabo, promessa non metaforica, ma assolutamente materiale. Qui la tomba, qui la Chiesa è sorta. Esattamente in quel luogo, e nemmeno un poco più in là. Straordinaria carnalità della Chiesa, ansia di incarnarsi perché gli uomini possano vedere, e toccare. Basterebbe osservare la verticale su cui ruota l’asse della Basilica vaticana per capire quanto è lontana dal cristianesimo la parola utopia, tanto cara ai sognatori e agli sciocchi (ou tòpos, non luogo, senza luogo). La Chiesa che nasce ha fin da subito il suo luogo, edificata sopra quella pietra. Dopo duemila anni, è qui, ancora. Caduti tutti gli imperi, morti e dimenticati re e sovrani e tiranni, cancellati dal tempo i loro nomi sulle tombe orgogliose. San Pietro è qui, immensa e immobile in fondo alla piazza in un’alba di giugno. Larga, imponente in ogni colonna del colonnato, come piantata per restare per sempre. Ma è in alto che occorre andare, per vedere quell’invisibile verticale dalla cupola alla profondità della terra, quella vertigine che coniuga un sepolcro e il cielo. Il centro del mondo, l’alfa e l’omega, è una pietra nel buio qui sotto. Non è una metafora, è la parola data da un costruttore: Super hanc petram aedificabo. La promessa è lì, geometricamente, vertiginosamente innalzata.
Di Marina Corradi vedi su questo stesso sito la pagina Articoli di Marina Corradi.