Dopo la prima morte non ce n’è un’altra (da Dylan Thomas)
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Rifiuto di piangere la morte, in un incendio, di una bambina a Londra, di Dylan Thomas, in Deaths and Entrances, 1946
Mai finché il genere umano che fa
Uccello bestia e fiore
Che genera figli e tutta l’oscurità umiliante
Dirà col silenzio l’ultima luce che irrompe
E finché l’ora immobile
È giunta dal mare in tumulto imbrigliato
E mi tocca ancora entrare nella rotonda
Sion della spuma dell’acqua
E nella sinagoga della pannocchia di granturco
Devo permettere che si preghi l’ombra di un suono
O che si semini il mio granello di sale
Nella più piccola delle valli in tela di sacco per piangere
La maestà e l’ardere della morte della bambina?
Non ucciderò
L’umanità della sua dipartita con una verità mortalmente seria
Né bestemmierò per le stazioni del respiro
Con l’ennesima
Elegia di innocenza e gioventù.
Profonda giace con i primi morti la figlia di Londra,
avvolta negli amici di lunga data,
con i chicchi di grano oltre tempo, le vene scure di sua madre,
mistero dell’acqua non in lutto
del Tamigi scalpitante.
Dopo la prima morte non ce n’è un’altra.