Maometto guerriero: le prime campagne militari dell'Islam (da D.Cook)
da D. Cook, Storia del jihad, Einaudi, Torino, 2007, pp. 4-5
Più che una città, Medina era un agglomerato di piccoli villaggi e forti disseminati nell’oasi, politicamente divisi tra due tribù arabe politeiste (‘Aws e Khazraj) e tre tribù ebraiche più piccole: Banu Qaynuqa‘; Banu al-Nadir; Banu Qurayza. Muhammad e i mussulmani impiantarono la loro comunità all’interno di Medina e, nel giro di cinque anni, convertirono la popolazione tribale araba residente nel territorio.
Il jihad nacque in tale contesto, e le campagne per fare proseliti e assumere il dominio del territorio furono l’elemento centrale dell’attività della comunità negli ultimi nove anni di vita del Profeta. Muhammad avrebbe partecipato ad almeno ventisette campagne promuovendone altre cinquantanove: una media di non meno di nove campagne l’anno. Campagne che si possono suddividere in quattro gruppi:
1/ Le cinque battaglie dette «tematiche» di Badr (624), Uhud (625), del Fossato (627), Mecca (630), Hunayn (630) combattute per assicurarsi il dominio sulle tre principali aree d’insediamento del Higiaz: Mecca, Medina, al-Ta’if;
2/ Incursioni contro i beduini, per costringere le popolazioni tribali del luogo a sostenere, o perlomeno non attaccare i musulmani;
3/ Attacchi contro le tribù ebraiche per impadronirsi delle oasi in cui risiedevano;
4/ Due incursioni contro i bizantini a al-Mu‘ta (629) e a Tabuk (631) e la campagna guidata da Usama ibn Zayd (632) contro la Siria che, lungi dall’essere vittoriosa, indicò, tuttavia, la direzione delle conquiste musulmane negli anni successivi la morte del profeta (632).
Il quadro militare mostra in maniera inequivocabile l’importanza del jihad per la nascente comunità musulmana. Non a caso, molti tra i primi biografi del profeta Muhammad hanno denominato al-maghazi («le incursioni») i capitoli delle loro opere dedicati alla narrazione degli ultimi dieci anni della sua vita.