Il Credo, il Padre nostro ed i due precetti della carità nelle prediche al popolo di San Tommaso d’Aquino
da Tommaso d’Aquino, Commento al Simbolo degli apostoli, ESD, Bologna, 2012, Introduzione di Giorgio Maria Carbone, pp. 8-10
Pietro il Cantore scriveva: «La pratica della Sacra Scrittura comporta tre compiti: il commento, la disputa, e la predicazione [ ... ]. Il commento è come le fondamenta [ ... ]. La disputa è come il muro […]. La predicazione, invece, cui i primi due compiti sono funzionali, è come il tetto che protegge i fedeli dall'ardore e dal turbine dei vizi» (Pietro il Cantore, Verbum abbreviatum, 1, PL 205, 25 A-B).
Tommaso commenta il Credo, non tanto per la popolazione universitaria, ma per i fedeli comuni presenti in una chiesa o in una piazza. Possiamo sostenere ciò con una certa verosimiglianza considerando il modo e il successo con cui i manoscritti del XIII e XIV secolo contenenti il Commento al Credo sono circolati.
Mentre i sermoni destinati agli universitari sono testimoniati da pochi manoscritti e sono circolati singolarmente, il Commento al Credo è testimoniato da quasi 150 manoscritti, si direbbe un vero bestseller del Medioevo, e spesso è circolato insieme al Commento al Padre Nostro e al Commento ai due precetti della carità, che sono la trascrizione delle sue prediche al popolo Napoli tenute nel corso della Quaresima del 1273. Non conosciamo né la data né la città in cui Tommaso commentò il Credo. Un tempo la maggior parte degli studiosi riteneva che la città fosse di Napoli e la data fossela Quaresima del 1273. Ma queste due ipotesi oggi sono ritenute fragili.
Un altro aspetto è più certo: la lingua nella quale predicò. Si tratta della lingua volgare dei suo ascoltatori. Se fosse stato un sermone destinato alla popolazione universitaria sarebbe stato in latino. Essendo piuttosto una predicazione rivolta a qualsiasi ascoltatore, Tommaso usò la lingua volgare. Inoltre, quanto alla trasmissione del commento, bisogna ricordare che uno o più dei presenti trascrissero rapidamente le parole di Tommaso, realizzarono cioè quello che all' epoca era detto reportatio.
Il testo tramandato dai manoscritti e giunto fino a noi appartiene a questo genere letterario della reportatio: si tratta cioè di annotazioni di uno o più ascoltatori. È molto verosimile che per la stesura definitiva l'ascoltatore e annotatore si sia servito anche degli appunti schematici del predicatore e, poi, abbia sottoposto il testo alle sue correzioni e integrazioni. Infine, per divulgalo maggiormente il testo è stato tradotto in latino.