Presepe e Dio lontano
 di C. 
    S. Lewis
    (dalle Lettere di Berlicche) 
"Spero, 
    caro Farfarello, che tu non ti sia lasciato sfuggire l'occasione, durante 
    queste ultime feste natalizie, di ammirare qualcuno dei presepi che in molte 
    case ancora si usa allestire per la gioia dei bambini e dei vecchi. Ce n'è 
    di tutti i tipi, dal legno alla cartapesta, dal cristallo al bronzo, dalla 
    terracotta al plexiglas... 
    Io amo i presepi. Dirai che sono un vecchio sentimentale... Ebbene, di' pure, 
    se vuoi. Prima però, senti quello che ho da dirti in proposito. Da 
    secoli ormai un'idea mi frulla per il capo alla sola vista di un presepe, 
    e te la voglio confidare in segno di stima. Ebbene, io credo che la grande 
    quantità di energia che noi diavoli abbiamo sempre profuso per inventare 
    argomentazioni seducenti contro Dio sia, in gran parte fatica sprecata. Noi 
    non dobbiamo creare nuovi argomenti: possiamo usare pari pari i loro. E' il 
    cuore che decide, e spesso decide male. Pensa alle figuri minori del presepe: 
    c'è un solo Giuseppe, una sola Maria, un solo Gesù bambino. 
    Un solo bue, un solo asino. Gli altri sono tutte comparse, compresi i Magi. 
    Ogni uomo al mondo è una figura minore del presepe... Seguimi bene. 
    Dopo aver reso omaggio al Messia, che fanno tutte queste comparse? Se ne tornano, 
    semplicemente, al loro lavoro. Il carrettiere al suo carretto, il panettiere 
    al suo pane, e così via. C'è qualcosa, in tutto ciò, 
    che mi manda in confusione, che mi stordisce e mi umilia: ciascuno torna lieto 
    al suo mestiere, anzi: se prima il lavoro gli pesava, ora gli pesa molto meno, 
    perché ha visto il Messia. Che ira! Tutto diviene accettabile, amabile... 
    Ma poi, passata l'ira, ecco l'idea! La grande idea! Quella che è la 
    più grande dimostrazione dell'esistenza di Dio, la quotidianità, 
    eccola trasformata, senza che apparentemente nulla cambi, nella più 
    grande delle bestemmie! Che cos'è mai il tuo Dio? Un'emozione momentanea 
    prima di riprendere il solito tran tran. Un bambinello che ti salva finché 
    resti in estatica contemplazione, ma poi? Immaginiamo quei poveri pastori 
    al momento del congedo. Un inchino, un altro inchino, mettiamoci pure un terzo 
    inchino. Ma poi le spalle dovranno pur voltare, e tornarsene alle loro pecore, 
    non è vero? E allora noi diavoli pronti, in coro, a soffiar nelle loro 
    orecchie: dalle obiezioni più collaudate ("come può Dio, 
    nella sua bontà, permettere il dolore innocente?") alle migliori 
    invenzioni della modernità (l'uguaglianza di tutti gli uomini davanti 
    a Dio si trasforma nell'egalité giacobina, che è il suo opposto), 
    e via dicendo. Tutte le obiezioni contro Dio nascono dall'idea di un Dio lontano, 
    che non vuole salvare concretamente gli uomini. Ma questa idea nasce, a sua 
    volta, dalla comodità: un Dio lontano è sempre più comodo 
    di un Dio vicino. E' questa, Farfarello, la nostra carta vincente. Da sempre. 
    Un abbraccio dal tuo Malacoda".